Bersaglio mobile, il fallimento della democrazia

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di Antonino Papa-

 Ai tempi della Prima Repubblica (che molti italiani rimpiangono) la politica, o il sistema che comunemente definiamo tale, poteva vantare esponenti di elevato livello culturale e con una discreta dose di etica, nonostante la farsa di Tangentopoli; perché è di questo che si è trattato se si considerano i grandi proclami dell’epoca: “la fine della corruzione in Italia”.

In realtà ha pagato uno per tutti e la corruzione è dilagata ancor di più e ad ogni livello; un po’ come la sconfitta della povertà, ovvero un infimo strumento di campagna elettorale. La realtà di oggi è che di corruzione e povertà ne abbiamo in abbondanza e, soprattutto, in misura maggiore rispetto all’era dell’Italia 1.0.

A peggiorare, però, non è stata soltanto la classe politica bensì anche gran parte della popolazione, nello specifico i cittadini che si identificano attraverso l’appartenenza a schieramenti o il sostegno a leaders e ideologie; a tal punto da trasformare l’attività di “opinione politica” in paganesimo che, inevitabilmente, sfocia in scontri veri e propri con annessi insulti, e non solo. Di confronto ed opinioni non v’è traccia.

Infatti, si è passati dai dibattiti, abbastanza civili, della Prima Repubblica, al fango mediatico dell’era moderna, dal confronto, con argomenti a supporto, all’odio a prescindere per coloro che hanno visioni differenti; in parole semplici, dalla fine della Prima Repubblica ad oggi, la politica, e forse tutto il Paese, ha perso cultura, educazione e rispetto per le opinioni altrui, ovvero il concetto di democrazia è svanito nel nulla.

La differenza tra l’era politica analogica e quella digitale-social non si manifesta soltanto per la diversità degli strumenti utilizzati, si palesa soprattutto nel concetto di base che caratterizza l’approccio alle campagne elettorali o ai semplici confronti; ai tempi della Prima Repubblica, infatti, le priorità erano la preparazione e la capacità di convincere gli elettori secondo un filo logico, oggi, invece, le parole d’ordine sono delegittimazione e distruzione a prescindere dalla validità degli argomenti, o soluzioni, messe sul tavolo dagli avversari.

Questa non è politica ma guerra a prescindere.

Ed è stato proprio questo il motivo che ha consentito alle cosiddette “destre” di fare sempre più proseliti, anno dopo anno, fino a ribaltare ciò che io definisco paradigma, e, allo stesso tempo, paradosso democratico; in realtà è accaduto che i princìpi democratici sono stati sottratti a coloro che ritenevano (erroneamente) di esserne i “legittimi proprietari” e fatti propri da schieramenti che erano considerati “fascisti e forcaioli”.

La dinamica poc’anzi descritta ha fatto sì che la presunzione di detenere il verbo, la verità e la democrazia (da parte di coloro che si definivano sinistre democratiche) è sfociata in intolleranza per il diverso (che nel frattempo si evolveva culturalmente) a tal punto da voler imporre le proprie visioni con i metodi contestati a coloro che si sono sempre combattuti, ovvero con metodi “fascisti”.

Questo processo, di appropriazione indebita del principio di democrazia da parte delle destre, non è passato inosservato ed ha colpito nel segno maggiormente gli appartenenti alle classi più deboli (totalmente abbandonate dai “legittimi protettori”) che hanno iniziato a guardare con occhi diversi i “fascisti” e ad interrogarsi su chi fosse, nella realtà dei fatti, più attento alle loro necessità.

La diaspora dei sindacalisti che sono passati alla politica senza pensar minimamente a tutelare i diritti dei lavoratori, i partiti della sinistra democratica che hanno fatto “cartello” con il capitalismo e le banche, il disinteresse per le politiche di sicurezza, l’aumento della criminalità, il dilagare di povertà e disoccupazione sono tutti fenomeni passati al setaccio dagli ex elettori democratici che hanno preso coscienza e pensato che “in fin dei conti a destra non sono poi così fascisti come ci hanno raccontato finora”.

Ecco quindi, i capovolgimenti di fronte in tutto il Paese, sia a livello nazionale che regionale e l’ascesa degli “ex fascisti che alla fine fascisti non sono mai stati” con conseguente rabbia e stizza di coloro che pensavano di essere i depositari della verità.

Il più grave errore delle sinistre è stato il tentativo di difendere il potere e non la democrazia, il capitalismo e non i diritti dei più deboli; ed a tal fine hanno usato ogni mezzo pur di sporcare la faccia degli avversari per apparire puliti, persino una parte della magistratura; nonostante ciò, sono stati pesantemente sconfitti nella loro essenza, ovvero nei princìpi sui quali avevano fondato la loro azione politica.

Questa rivoluzione contraria ha indotto un secondo errore che ancora persiste e si identifica come il nuovo modo di far politica citato all’inizio di questo excursus, ovvero il disconoscimento della sconfitta ad opera di “un manipolo di fascisti ignoranti” e la reazione rabbiosa che ha scatenato odio e delegittimazione degli avversari senza proporre alternative.

Ciò cui assistiamo oggi è caccia all’uomo e non confronto, tentativi continui di aizzare le folle attraverso sterili argomentazioni il cui unico comun denominatore è l’odio per il diverso e la critica a prescindere ad ogni azione di Governo.

Si spara su tutto e tutti nel disperato tentativo di recuperare la fiducia degli elettori, si calpesta la democrazia tentando di imporre per discendenza divina il proprio credo e le proprie idee, si agisce per rabbia e senza cervello.

Gli elettori andati non torneranno più in quanto il cambiamento in loro è maturato negli anni e non da un giorno all’altro; ormai le destre viaggiano a vele spiegate verso l’approdo europeo in cui venti di totalitarismo scuotono i palazzi del potere.

I popoli sono stanchi di permissivismo, soprusi, disoccupazione, criminalità ed abbandono dei più deboli e, pur di avere sicurezza e stabilità economica, sono disposti a “rinunciare ad un po’ di libertà e democrazia”.

La presunzione di superiorità non ha pagato, la democrazia come concetto di base è stata sconfitta e ciò non è altro se non la dimostrazione pratica dei teoremi politici dell’Antica Grecia secondo i quali la democrazia non è la miglior forma di governo.

 

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