Presepe napoletano: il significato dei bambini, dell’uomo dei fichi e del mugnaio

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-di Giuseppe Esposito-

La ventottesima figura del presepe napoletano è quella di bambini, sebbene ormai non sia, oggi, più sempre presente. Anch’essi come le altre figure hanno, naturalmente, un significato diverso da quello immediato. I bambini piccoli che hanno da poco lasciato il limbo del grembo materno, sono considerati più vicini al mondo infero, ossia quello dei morti. Sono inoltre i più indifesi, incapaci di accedere a cibo e bevande e dunque accomunati, nella tradizione popolare, ai defunti. Allo stesso modo i bambini poveri ed orfani, essendo anch’essi nella  impossibilità di procacciarsi autonomamente da bere e da mangiare sono ancor essi identificati coi defunti. Essi ne sono i vicari in terra, al modo stesso dei mendicanti già visti in precedenza. Pertanto, fare, ad essi, elemosine o offerte di cibo e bevande, offerte ai poveri, assume il significato di offerte funerarie.

Stesso significato riveste l’offerta di doni e dolciumi ai bambini durante il periodo di Natale. Ciò pare sia collegato alla credenza popolare secondo la quale, nei giorni compresi  tra il 2 novembre ed il 7 gennaio, le anime dei defunti vagano per il mondo, per rientrare poi nel mondo dell’oltretomba. Una volta vi era infatti l’usanza di sostituire le figure della Natività, nella grotta, con figurine di anime purganti. Ed a Napoli questo legame tra i poveri, i più deboli e le anime purganti era reso evidente, anche se forse inconsapevolmente, dalle invocazioni con cui i mendicanti usavano sollecitare l’elemosina ai passanti:

Refrische all’aneme d’’o priatorio!  oppure Facite bene all’aneme d’ ’o priatorio!

Nella maggior parte dei casi, anticamente, tra il cibo offerto ai bambini nelle giornate intorno al Natale, vi erano semi o frutta secca, elementi alla base di quelli che, ancora oggi, sono definiti dolci dei morti. Tali sono infatti le siciliane ossa dei morti, o le dita di apostolo sempre di tradizione sicula. A Napoli, invece, col sarcasmo che caratterizza da sempre la cultura popolare partenopea, vi è un dolce chiamato ‘o murticiello, un torrone morbido a base di crema di nocciole ed offerto proprio in questo periodo. Ma ciò che, ancora qualche tempo fa, collegava la pasticceria napoletana alle offerte funerarie, era l’usanza di regalare, in occasione del 2 novembre, torrone e torroncini. Un dolce cioè fatto con gli stessi ingredienti di quelli sopra richiamati che evidenzia come nella cultura popolare napoletana il legame col mondo dell’oltretomba non viene mai meno, salvo l’affievolimento di questi ultimi decenni, legato ad una sorta di degrado culturale imposto dalla società dei consumi.

Altra figura che richiama il regno dei morti è quella dell’uomo che, montato su una scala, ci appare intento a raccogliere i fichi da un albero. Egli è raffigurato pallido e canuto e quel pallore allude infatti a quello dei morti. Esso rappresenta la ventinovesima figura del nostro presepe.

La trentesima figura è quella del mugnaio ed anche nel suo caso si tratta di un richiamo al mondo dei morti. Il collegamento è dato dal fatto che esso, a causa del suo lavoro, ci appare completamente imbiancato dalla farina e dunque, il richiamo al pallore della morte, è inevitabile.

 

 

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