Ucciso con la musica nel cuore da un 16enne già condannato in passato per tentato omicidio

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di Claudia Izzo-

Trovarsi nel posto sbagliato, al momento sbagliato. Ma è così che dobbiamo ragionare? Non sarebbe il caso di poterci sentire sicuri ovunque? Queste sono le storie che non vorremmo mai sentire, di cui non vorremmo mai dover parlare, di cui non vorremmo dover scrivere per dovere di cronaca, perchè fanno troppo male.

In una Napoli stretta nel suo dolore, alle 16.21 il feretro di Giovanbattista Cutolo è uscito da una gremita Chiesa del Gesù Nuovo in una Piazza del Gesù affollatissima, 700 posti a sedere occupati,  mentre aleggiavano le note dell’ Inno alla Gioia, a ritmo di marcia funebre, intonate dai musicisti della Scarlatti.

Sull’obelisco della celebre piazza uno striscione recitava: “Nessuno muore finchè vive nel cuore di chi resta. Giustizia per Giovanni”. E poi il grido della piazza “Giovanni vive!” mentre un lunghissimo applauso accompagnava il corpo del ragazzo, in una bara bianca con sopra il fedele strumento musicale, nel suo ultimo viaggio.

Giovanbattista Cutolo, per tutti Giogio, viene ucciso sotto lo sguardo della fidanzata, all’alba del 31 agosto scorso  in Piazza Municipio, all’incrocio di via Cristoforo Colombo, in seguito ad una lite tra due gruppi per il parcheggio di uno scooter.

Giogio ha 24 anni, era un promettente musicista, studente presso il conservatorio di San Pietro a Majella, suonava il corno nell’Orchestra Scarlatti Camera Young. Figlio di Franco Cutolo, regista teatrale, fondatore della compagnia Li Febi Armonici, Giogio, era un ragazzo che nulla aveva a che vedere con la criminalità organizzata. Rappresentava la parte bella di Napoli, nel suo essere talentuoso e sereno.

A freddarlo con tre colpi, un ragazzo di 17 anni dei Quartieri Spagnoli che girava indisturbato per Napoli con un pistola nella cintura dei pantaloni, subito identificato dalla Squadra Mobile. Il ragazzo, dopo l’omicidio si sarebbe tranquillamente  recato a giocare a carte con gli amici, non essendosi accorto, secondo la sua versione, della morte di Giogio, di cui ne sarebbe venuto a conoscenza, dal padre, soltanto una volta tornato a casa. Reo confesso, condannato in passato per un tentato omicidio, ora si trova in un istituto penale minorile di Napoli e secondo il suo legale ” è pronto a chiedere scusa”.  Il ragazzo è accusato di accusato di omicidio volontario aggravato a cui si va ad aggiungere  la detenzione, porto abusivo e ricettazione dell’arma.

Giogio aveva diritto alla sua vita, ai suoi sogni, alla sua musica, al suo amore.

Ci si chiede, si può permettere ad un 17enne di circolare con una pistola nei pantaloni? Napoli non è un farwest. Napoli è bellezza struggente, cultura, poesia. Napoli è ingegno, creatività. ” Napoli sei tu non Mare Fuori o Gomorra”,  ha letto in chiesa la sorella di Giovanbattista.

Questo caso ce ne ricorda tanti altri, uniti da un unico minimo comune denominatore: morire a Napoli senza un perchè.

Francesco Pio Maimone, 18 anni, morì a Mergellina, ritrovo per ragazzi, soltanto qualche mese fa. Siamo infatti a marzo scorso, nella calca qualcuno pesta in modo involontario le scarpe ad un ragazzo che risulta essere un giovane ragazzo legato alla camorra di Barra che, per tutta risposta, estrae una semiautomatica e spara. Tre colpi feriscono Francesco Pio, di Pianura, che muore a Napoli, in un giorno di primavera, senza sapere neanche il perchè. Noi lo sapremo dopo: è morto per un paio di scarpe pestate da altri. Francesco Pio, figlio di un pregiudicato,  sognava di diventare pizzaiolo. Sul suo cellulare un messaggio in cui chiedeva lavoro come muratore per guadagnare qualcosa. Un giovane che voleva vivere con onestà.

Andando indietro; febbraio del 2014. Maurizio Lutricuso viene trucidato a 24 anni da sette colpi di pistola per una sigaretta negata nel parcheggio di una discoteca di Pozzuoli. Il Killer aveva 16 anni.

2006, Mondiali vinti in Germania. Un giovane, Michele Coscia, colpisce involontariamente con l’asta della bandiera la testa di un minorenne. Fu ucciso. Sparato al petto. Il ragazzino era infatti il fratello minore di due camorristi che non esitarono a chiamare i rinforzi; Michele Coscia, a sua volta, era il fratello di un camorrista loro rivale ucciso nel 2004.

Troppe le barbarie a cui Napoli ha fatto da scenario. Un urlo alle istituzioni, stanco e disperato si leva dalla città alle istituzioni ” non ce la facciamo più”, dice Maria, napoletana dei Quartieri Spagnoli, ” Napoli non deve essere un Far West”.

 

 

 

 

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