di Pierre De Filippo-
La Presidente Von der Leyen era stata chiara: “la Russia deve fallire e fallirà”. Sicuramente una minaccia bellica ma anche e forse soprattutto economica. Dopo le sanzioni – Kiev ha storto il naso, le ha trovate troppo morbide ma forse l’Europa non poteva fare, ad ora, diversamente – che hanno intaccato la finanza, l’export tecnologica ed anche, in parte, quello energetico, sono stati presi di mira i beni in Europa di Putin, Lavrov e molti dei famosi oligarchi russi.
“Questo test conferma a tutti che la nostra Europa non è un’Unione di consumatori ma un progetto politico di cittadini basato su valori e principi comuni” dice Emmanuel Macron, che aggiunge “l’Unione europea deve diventare pienamente una potenza più sovrana in materia di energia, tecnologia e questioni militari”.
Ce lo auguriamo tutti perché solo così potremo fare una politica estera davvero libera.
Ma Putin non sente ragioni e rincara la dose chiedendo ai militari ucraini di prendere il potere e destituire le autorità che sono una “banda di drogati e nazisti”. Ma, per il momento, il nazionalismo ucraino regge e Zelensky è pienamente legittimato dai suoi. Soprattutto chiarisce che i negoziati a Minsk – la Bielorussia sta chiaramente dalla parte russa – “non cancellerebbero comunque l’operazione militare”. Dunque, si prosegue con le bombe e con i carrarmati.
Kiev protesta, vorrebbe che la solidarietà si trasformasse in azioni più decise, che finalmente Mosca venisse estromessa dal sistema Swift di cui si parlava già ieri e il tono di biasimo verso i Paesi recalcitranti verso questa possibilità – Italia e Germania in testa – si fa più duro.
L’incidente diplomatico di oggi con Draghi certamente non aiuta ma, va detto, è stato davvero un fraintendimento tra un uomo commosso ed uno disperato. C’è da capire la tensione.
Alla fine, l’Italia si allinea con l’Europa è conferma che se tra le sanzioni si prevederà l’uscita dal sistema, il nostro Paese lo appoggerà.
In pomeriggio, il Consiglio d’Europa – organo nato nel 1949 con lo scopo di tutelare i diritti umani e non facente parte del perimento dell’UE – estromette la Russia. Era già successo nel 2014 dopo i fatti in Crimea ma, nel 2019, Mosca era rientrata riprendendo pieni diritti.
Dal vertice Nato l’orientamento è chiaro: “Putin pagherà l’errore commesso”, mentre il segretario Stoltenberg ha invitato anche Svezia e Finlandia, entrambe non facenti parte l’organizzazione per espresso volere di Mosca. Come a dire: o ti dai una regolata o naufragano anche gli accordi pregressi.
A sera, Zelensky – che aveva definito quello di oggi “il giorno più duro” – sente Biden e ne esce rinfrancato. Il sostegno “è forte”. E lo stesso vale per l’Italia, che stanzia qualche centinaio di milioni di euro e, soprattutto, un contingente Nato nella zona est del Paese.
Il secondo giorno di guerra si chiude così, con un sostanziale pareggio. L’Ucraina ha retto l’onda d’urto del dramma interno. Ci sono già centinaia di migliaia di profughi alle frontiere e l’economia è al collasso.
Ma la civiltà è ancora viva.