Carlo e Camilla: una storia (anche) di politica

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di Pierre De Filippo-

Photo by Isaac Mayne / DCMS
Department for Culture, Media and Sport
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È finalmente arrivata, dopo tanto attendere, l’ufficialità: Carlo di Windsor è diventato re, Re Carlo III, subentrando a sua madre Elisabetta II dopo un regno durato settant’anni. Non mi accodo alle ironie di chi ha detto che, anche nel Regno Unito, per ottenere il proverbiale posto fisso, quella a tempo indeterminato, serva tanta pazienza e tanto coraggio perché sarei ridondante.

La cerimonia di sabato 6 maggio è stata, sotto molti punti di vista, un enorme salto nel passato o, almeno, in ciò che si ritiene sia passato, preistorico, sorpassato: la monarchia, con tutto il suo cerimoniale fatto di riti, simboli e usanze, e la religione, che nell’incoronazione di Carlo ha avuto un ruolo centrale. Corsi e ricorsi storici, verrebbe da dire, o, più precisamente, la dimostrazione di quanto la tradizione sia forte e connaturata negli uomini perché ci consente di procedere col pilota automatico, di non dover stare sul chi va là, sull’attenti.

Storia, tradizione, ideale monarchico e religione. Sembra un film d’altri tempi. Tutto materiale per un potente romanzo, che si rafforza con la storia d’amore – l’unica, verrebbe da dire – tra Carlo e Camilla. Una storia d’amore dalle inevitabili conseguenze politiche.

Quella Camilla che, per anni, è stata considerata l’usurpatrice del trono di Lady Diana e che, invece, ha dimostrato, con grande intelligenza e scaltrezza, di esserne l’unica legittimata.

Camilla, infatti, non è – per espresso volere di Carlo – “regina consorte” ma regina nella pienezza delle sue funzioni e, come tale, è stata incoronata.

Filippo di Edimburgo, ad esempio, era principe consorte e la corona sulla sua testa non l’aveva mai vista. Certo, William è adulto, maggiorenne e vaccinato e sarà lui, quando Dio disporrà, a sostituire suo padre. Ma nel mondo del simbolismo, al quale facevo riferimento prima, questa, che non è una sottigliezza, non può passare inosservata.

La politica, sempre la politica, che è dappertutto.

Le aspettative su Carlo III, diciamocelo, non sono elevatissime, perché vissuto sempre sotto la maniacale e rigida interpretazione del ruolo di sua madre, che regina era nata. E poi anche perché, in maniera abbastanza maschilista, si è sempre sospettato che se i suoi gusti politici fossero stati equivalenti a quelli in termini di donne… c’era ben poco da aspettarsi.

Ed invece, Carlo può essere una sorpresa: un monarca più moderno del previsto, vicino ai temi ambientali e a quelli dei diritti civili, meno imbalsamato nel suo ruolo, più al passo coi tempi.

Dovrà sfatare una tradizione, quella legata al nome, che non gli è certo favorevole: Carlo I, come è noto, venne ghigliottinato mentre Carlo II, è noto anche questo, portò il Paese verso la Gloriosa rivoluzione del 1689, dopo la quale è nata l’Inghilterra moderna.

Proverà a ricucire con Henry, suo figlio? Chissà. La visita toccata e fuga per l’incoronazione non lascia ben sperare. Ma non c’è nulla di cui sorprendersi: tutto il mondo è paese e ogni famiglia vive, chi più chi meno, queste dinamiche.

Sull’altro tema molto scottante, quello relativo alla gestione del regno post-Brexit, è già venuto in soccorso del Primo ministro Sunak, battezzando il Trattato di Windsor, col quale si è tentato di tranquillizzare i nordirlandesi unionisti, sempre sul piede di guerra perché temono di essere bistrattati da Westminster.

Piccoli passi, qualche impaccio, qualche gaffe. Ma Carlo dovrà stare tranquillo perché, per dure che potranno essere le sue giornate, avrà sempre vicino Camilla, la Regina Camilla.

Perché de gustibus non est disputandum.

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