di Maria Beatrice Russo-
Un altare, una vittima che si immola su un tavolo vuoto davanti agli occhi di chi l’ha trasformata in quello che lei crede di essere, perché quello che è davvero ancora non ha avuto la libertà di scoprirlo.
Così compare Annamaria Troisi, nell’abside di Santa Apollonia (nell’ambito del Teatro dei Barbuti), e sulla scena non le serve altro che quel tavolo, basta a sé stessa per dar vita a un via vai di personaggi, di occhi giudicanti che condizionano un’esistenza intera.
Si esibisce in un monologo doloroso, che ferisce e lascia piccole schegge negli spettatori. Con questi il rapporto è vivo, pulsante e precisamente ricercato dall’autrice e interprete del testo. Troisi lo descrive come «stupendo» e fondante della sua ricerca drammaturgica. Già un’altra esperienza salernitana le aveva permesso di ritagliarsi questo legame privilegiato, con “Chiamami” addirittura diventa un rapporto a due dove l’attrice può essere telefonata dai passanti che trovano sulla vetrina di un negozio il suo numero di telefono.
Anche qui è presente la volontà di partire da uno dei testi sacri della letteratura, in questo caso “La voce umana” di Cocteau, non un adattamento ma un coraggioso trampolino di lancio per generare una creatività personale e intima.
L’operazione, totalmente differente, ritorna in “Ridicola”, produzione A.M.A. Factory, in cui il processo creativo nasce da “Il sogno di un uomo ridicolo” di Dostoevskij. Il ridicolo qui diventa una ridicola che si assurge a simbolo di un dolore comune. Da Dostoevskij riprende la bambina, qui una bambina in potenza, ancora del grembo di una madre che è destinata a non poterla crescere, destinata da una società che l’ha rigettata come un corpo malato ed estraneo ai valori del perbenismo borghese.
La protagonista è una prostituta rimasta incinta di un uomo che ama ma che, come tutti, la giudica solo per il suo lavoro e per il conseguente ruolo che la società le ha ricamato addosso. È sconfitta dalla vita, è messa all’angolo, si uccide … o forse no, non ci è dato saperlo, anzi avere questa risposta toglierebbe potenza al viaggio onirico che ne deriva. Un folle volo che la porta al suo funerale, a fronteggiare chi ha avuto una famiglia davvero presente, chi ha vissuto tutte le possibilità che lei non è riuscita neanche a immaginare. Arriva fino al Paradiso, o almeno a qualcosa che lo ricorda molto, tra tutta gente “che l’amore lo fa eccome” ma che lo vive in maniera bella e pura e lì ha la sensazione di aver “pervertito tutti”.
Gli episodi scanditi dall’autore russo permangono ma sono resi vibranti dall’attrice, feriscono toccando tanti temi di una dolorosa attualità in cui le donne sono molto lontane dall’essere libere di scegliere cosa fare del proprio corpo. Troisi è in grado di interpolare il testo con dei momenti lirici e al contempo graffianti come quando una canzone simbolo del pop come “All you need is love” diventa un grido di aiuto, di disperazione. E dalla canzone si sfocia nella poesia, che l’autrice descrive come una sua firma, una costante nelle sue opere. La necessità per lei è chiara, « la poesia nasce per tutti e possiamo appropriarcene, peccato sia reputata così lontana » e questo inserire brani poeti, ricorrere alle grandi poete come Alda Merini è un modo per far vivere al suo pubblico un’arte reputata irraggiungibile ma che è in realtà tangibile.
Il testo di “Ridicola” è stato per la sua autrice una gestazione travagliata e complessa, inizia durante il primo lockdown ma poi ha difficoltà a svilupparlo. Per lei è la prima esperienza da scrittrice e dopo alcuni mesi riesce a trovare la voce che stava cercando, e questa voce parla il dialetto napoletano. Il dialetto le permette di colorare i suoni, è una scelta naturale per l’autrice. Questa ricerca drammaturgica è per Troisi « uno stimolo in più al mio percorso » che già sta arricchendo il suo presente e il suo futuro professionale in cui si affaccia un primo lavoro che supera la forma monologante per dar vita a uno spettacolo più ampio, “Clic” in cui collabora con altri tre attori. Costante nei suoi progetti è sicuramente un desiderio, quella che reputa la più grande vittoria « arrivare a tutti ».