Giovanni Allevi dà un senso all’intero Festival di Sanremo

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 di Claudia Izzo-

I suoi inconfondibili ricci fuoriescono dal cappello toccato più volte per l’emozione tremendamente palpabile. Poi il cappello viene tolto, i ricci sono grigi, la malattia è inesorabile ma in questa seconda serata del Festival di Sanremo, il maestro, compositore e direttore d’orchestra Giovanni Allevi, che lotta da qualche anno con il mieloma multiplo,  simboleggia coraggio e passione.

«All’improvviso mi è crollato tutto. Non suono più il pianoforte davanti a un pubblico da quasi 2 anni. Nel mio ultimo concerto, a Vienna, il dolore alla schiena era talmente forte che sull’applauso finale non riuscivo ad alzarmi dallo sgabello e non sapevo ancora di essere malato. Poi è arrivata la diagnosi, pesantissima, ho guardato il soffitto con la sensazione di avere la febbre a 39 per un anno consecutivo. Ho perso molto, il mio lavoro, ho perso i miei capelli, le mie certezze, ma non la speranza e la voglia di immaginare.

Era come se il dolore mi porgesse anche degli inaspettati doni, quali? Vi faccio un esempio: non molto tempo fa, prima che accadesse tutto questo, durante un concerto, in un teatro pieno, ho notato una poltrona vuota. Mi sono sentito mancare. Eppure quando ero agli inizi ho fatto concerti davanti a 15-20 persone ed ero felicissimo. Oggi, dopo la malattia, non so cosa darei per suonare davanti a 15 persone. I numeri non contano. Sembra paradossale detto da qui perché ogni individuo è unico, irripetibile e a suo modo infinito.

Un altro dono: la gratitudine nei confronti della bellezza del creato. Non si contano le albe e i tramonti che ho ammirato da quelle stanza di ospedali, il rosso dell’alba è diverso dal rosso del tramonto e con le nuvolette è ancora più bello.

Un altro dono: la gratitudine e la riconoscenza per il talento dei medici, degli infermieri, di tutto il personale ospedaliero. La riconoscenza per la ricerca scientifica, senza la quale non sarei qui a parlare. La riconoscenza per il sostegno della mia famiglia. La riconoscenza per la forza, l’affetto e l’esempio che ricevo dagli altri pazienti. I guerrieri, così li chiamano, magari cerchiamo un altro termine, ma non mi viene in mente niente. Ma lo sono anche gli ausiliari e lo sono anche i genitori – piange -. I genitori dei piccoli guerrieri. Ora, come promesso, vi ho portato tutti qui con me sul palco, anime splendenti, esempio di vita autentica. Prima di andare all’ultimo dono, facciamo loro un applauso.

Ho ancora un dono. Ma quanti sono? Quando tutto crolla e resta in piedi solo l’essenziale, il giudizio che riceviamo dall’esterno non conta più. Io sono quel che sono, noi siamo quel che siamo. Eppure sento che in me c’è qualcosa che permane ed è ragionevole pensare che permarrà in eterno. Io sono quel che sono, voglio andare fino infondo a questo pensiero. Se le cose stanno così, cosa mai sarà il giudizio dell’esterno.

Voglio accettare il nuovo Giovanni. Vado? (Si toglie il berretto). Com’è liberatorio essere se stessi. Per onorare la vostra attenzione, per dare forza e speranza alle tante persone che come me stanno ancora lottando, suonerò di nuovo il pianoforte davanti al pubblico. Attenzione però, ho due vertebre fratturate. E tremore e formicolio alle dita, nome tecnico: neuropatia. Però, però, non potendo più contare sul mio corpo, suonerò con tutta l’anima».

Il Maestro Allevi suona dopo due anni innanzi ad un pubblico. Le sue mani, così sicure appena qualche anno fa, tremano. Allevi, 54 anni, genitori musicisti, moglie musicista e sorella musicista, quella stessa suicidatasi ad Ascoli Piceno lo scorso luglio, parla ancora una volta attraverso la sua musica, ma questa volta crea pura poesia con la sua “Tomorrow”.

Allevi conosce il dolore e lo riaffronta, questa volta sulla sua pelle. L’annuncio della tragedia che l’aveva scaraventato all’inferno l’aveva dato lui stesso, su Instagram, a giugno 2022. «Non ci girerò intorno, ho scoperto di avere una neoplasia dal suono dolce: mieloma, ma non per questo meno insidiosa».

Al Festival Allevi, stasera, ci mostra la sua vulnerabilità e quella di ciascuno di noi.

La sua è, e sarà, una lotta per la vita stessa. Il mieloma non si sconfigge ma la battaglia va affrontata. Sarà la sonata più difficile della sua esistenza.

Il maestro con tutta la sua delicatezza ci rinsegna a vivere il presente. Intensamente.

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