Quando “La parola canta”, il Verdi di Salerno sa ascoltare

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I fratelli Servillo reinterpretano Napoli- di Antonietta Doria-

Canzone appassiunata, Dove sta Zazà, Maruzzella, Sogno Biondo, Te voglio bene assaje, questi tra i celebri motivi che hanno accompagnato lo spettacolo dei fratelli Servillo al Massimo cittadino.

Con il Solis String Quartet, composto da Vincenzo Di Donna e Luigi De Maio al violino, Gerardo Morrone alla viola e Antonio Di Francia al violoncello, su un palco nudo che vive dei suoni di Massimo D’Avanzo, del disegno luci di Francesco Adinolfi e della direzione di scena di Daghi Rondanini, regina assoluta è la parola in tutte le sue sfumature napoletane, amata, odiata, assoggettata da dominazioni ed epoche, ma sempre spudoratamente vera.

I fratelli Servillo si alternano in un gioco di suoni e parole dove il parlato diviene musicalità pura ed il cantato diviene narrazione senza eguali. Toni Servillo mette a nudo la sua voce roca, ripercorrendo segni grafici volgari e intensi, Peppe Servillo disegna onde sonore già solo con la sua gestualità.

Un flusso continuo di parole, quello presentato ad un Teatro Verdi gremito, una lingua che dal letterario passa al dialettale e ritorno virando fino al popolare;  parole che lasciano il segno e rimandano a testi di Eduardo De Filippo, Mimmo Borrelli, Enzo Moscato, Raffaele Viviani.

“napolisenzafamiglia….condannata…senzaMadonna…addolorata…ruciuliata…scorticata … stuprata…Napoli Gomorra…Napoli che ce ne fotte,…Napoli dei vasci,…Napoli dei Fasci…Napoli r’ò sangue…colera…delle cozze…della pizza…degli scugnizzi…Napolidellemillechiese…di Ferdinando Russo…di Cimino Pomicino…”

Sembra che compaiano personaggi, profili, luoghi di un tempo che fu. Un girotondo di situazioni, pretesti, episodi scontati e colpi di scena perchè la scrittura che diviene parola è un susseguirsi di emozioni.

Quel che ne viene è la parola messa a nudo, bella in tutta la sua musicalità e profondità. Fino alla commozione. Ecco che la drammaturgia  ha raggiunto il suo obiettivo.

 

 

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