“Il Duetto Soprano – Tenore” nella produzione verdiana è il titolo del libro scritto da Rita Cammarano, edito da Et Cetera nel 2020.
Nel volume l’autrice affronta – in corpore vili [cit.] – la vasta letteratura sull’argomento, con la solidità della sua esperienza di Soprano ed interprete del repertorio non solo verdiano. Anche per questo è riuscita a penetrare le emozioni canore delle partiture ed a restituirci una “lezione” interessante ed una riflessione significativa sul ruolo delle voci protagoniste della fabula melodrammatica: il Soprano ed il Tenore (a cui si aggiunge spesso, ed in contrasto, il Baritono).
Ma tutto si esaurirebbe in una tassonomia vocale se la drammaturgia, soprattutto romantica, non avesse dato a queste “voci-figure” un “ruolo”, dal quale il formalismo tradizionale e tipico di questa forma spettacolare non ammette digressioni e dove, inoltre, le tensioni create dalla “costellazione dei personaggi” (cit. Giorgio Pagannone) costituiscono l’argomento agito-narrato/cantato. Il Soprano, infine, è la personificazione della donna amata/amante; il Tenore invece quella del giovane innamorato osteggiato; il Baritono quella del villain: una triade “elementare” che, salvo eccezioni, contorni e complessità di trama, affonda le radici nel mondo della commedia plautina, a cui tanto deve l’Opera Buffa e, di conseguenza, il melodramma romantico soprattutto.
Rita Cammarano compie un excursus piacevole ed esemplare, riuscendo così a proporre la sua opera come strumento di studio per studenti, di approfondimento per studiosi ed appassionati. Centocinquanta pagine tessute con perizia e conoscenza, dove i versi risuonano anche nella proposizione di spartiti e tavole musicali.
Senza dubbio il protagonista di questa indagine è Giuseppe Verdi (“il terzo Giuseppe” dell’Ottocento italiano come dice Paolo Gallarati) e la sua opera, dai primordi all’acme di La Traviata: un arco cronologico che indaga la produzione operistica del grande Maestro nel decennio 1843-1853, fecondato anche dalle novità d’oltralpe del “Verdi parigino” (cit. Paolo Isotta). Bene scrive l’autrice: «forma ben distinta [il duetto] strumento di grande efficacia nel valorizzare la tensione interna ed il pathos nei momenti culminanti dei maggiori capolavori».
Rita Cammarano segue l’onda del Verdi-Rainassance di lunga memoria, sottolineando come l’intensa teatralità dell’opera verdiana scaturì dalla conoscenza profonda del teatro musicale e cantato, nel quale la solita forma fu adottata da Verdi quale struttura comunicativa “privilegiata” e che trovò nel Duetto anche la sua più vistosa sperimentazione drammaturgica. Tutto nel cuore del melodramma italiano dell’Ottocento.