Riceve il Giffoni Award e si emoziona, Tommaso Ragno, dopo il workshop con i giffoner +18. “Grazie. E in questo grazie c’è tutto quello che c’è voluto per costruire un posto così. Sono molto onorato di aver potuto passare del tempo con voi”. Il poliedrico attore pugliese – volto di teatro, cinema e televisione nonché voce narrante a Radio Tre nel programma radiofonico Ad alta voce – risponde alle domande dei ragazzi mettendo loro a disposizione la sua esperienza di lavoro e di vita.
“Sono cresciuto in un’epoca in cui non c’era internet. Dovevamo metterci la faccia, anche solo per conquistare una ragazza. Ero 17enne e non c’erano una serie di cose tecnologiche che determinavano il mondo come oggi”, racconta. Quanto ai suoi esordi, “ho iniziato in una città di provincia al penultimo anno di liceo classico. Invitato da un amico in una compagnia amatoriale – ricorda – quel mondo mi era sembrato meraviglioso”. A colpirlo, l’intravedere “tra le persone sul palco la possibilità di stare nel mondo con un equilibrio molto particolare”: la possibilità, cioè, di essere altro da sé attraverso il personaggio interpretato.
“In una maniera molto simile a un giovane mago – continua – mi sentivo di aver in mano una sorta di super potere, cioè che una parte di me potesse ogni giorno cambiare identità. Non avevo un avatar, ci mettevo faccia e corpo”. Poi, gradualmente, “fare l’attore è diventato il mio lavoro” perché, spiega, “quella dimensione mi faceva stare a mio agio. Se nella vita ero e sono rimasto goffo, sul palco potevo essere delle cose bellissime o bruttissime, che sentivo come un aumento esponenziale del mio stare al mondo”. Insomma, “conduco una vita parallela, come i supereroi dei fumetti: di giorno sono io e di notte posso essere qualcun altro”. E poi, aggiunge Ragno, “sono stato fortunato perché ho incontrato persone che mi hanno incoraggiato”.
Tante le curiosità dei giffoner e i consigli richiesti. A iniziare dagli errori da evitare. Ma Ragno capovolge la questione: “Penso che gli errori siano dei portali di scoperta – dice – Quello che è augurabile nel fare errori è che siano in una qualità diversa ogni volta. E in ogni caso non bisogna rimpiangere niente”. Curiosità anche su come gestire i momenti di stop tra un lavoro e l’altro: “Cambia a seconda dell’età. Io non sono un attore che sta a casa ad aspettare la chiamata”. E racconta di quanto sia stato importante l’aver fatto tanto teatro all’inizio della carriera, perché “il teatro per me era un luogo dove avevo delle grosse sfide. E quando non lavoravo avevo il problema dell’horror vacui, mi annoiavo, mi chiedevo cosa fare. Però per fare l’attore sono richiesta tante cose, non solo sul set”. Di conseguenza, un attore “è meglio che si dia molto da fare perché c’è una variante che non si può calcolare, la fortuna, ma se non arriva quel colpo di fortuna…”. In sostanza, aggiunge, “appartengo a quelle persone che crede nel lavoro, nello studiare. Ci sono dei saperi che io mi sono procurato e che stanno in soffitta ma che quando sarà necessario li avrò”.
Tommaso Ragno racconta della capacità, acquisita con il tempo e l’esperienza, di passare da un personaggio all’altro in poco tempo, della paura ancora presente nel momento dei provini, della complessità della lettura quando deve essere fatta per altri, del potere e della forza della voce: “La voce ha qualcosa di misterioso, sempre. Ha un profondo potere erotico, nel senso migliore, mitologico, e penso al dio Eros”. L’attore fa anche cenno all’importanza della “presunzione”, intesa come la consapevolezza delle capacità acquisite con lo studio, l’esperienza, il tempo: “Non ho mai pensato di essere interessante in quanto Tommaso, ma per le cose che so fare, che ho sviluppato attraverso il teatro, negli anni, vedendo altri più bravi di me”. Sono due, in particolare i “geni” a cui fa riferimento: Luca Ronconi e Giorgio Strehler