di Giuseppe Esposito-
Basile è un cognome piuttosto comune nel napoletano, e non si conoscono personaggi eminenti che abbiano portato questo cognome. Nel XVII secolo vi fu però una notevole eccezione, Basile divenne sinonimo di eccellenza in campo artistico. Tre fratelli dettero lustro alla cultura di Napoli agli inizi del secolo. Il primogenito era quel Giambattista Basile che si può, a ragion veduta, considerare il padre della letteratura napoletana. Il secondo Lelio Basile fu compositore e poeta di fama nazionale e la terza Adriana fu una delle prime e più famose donne musiciste. Ella per la sua bellezza e per l’incanto della sua voce fu definita “la sirena di Posillipo”. Raggiunse come cantante una fama che valicò anche i confini d’Italia e fu richiestissima in tutte le corti.
Non pochi furono i letterati che le dedicarono i propri versi. Tra i più noti possiamo ricordare Francesco Rasi che le rese omaggio nel suo “La cetra di sette corde” del 1619 ed il grande Giovambattista Marino, anch’egli napoletano che la omaggiò nel suo “Adone” e nelle “Rime”.
Le prime notizie di Adriana cantante di talento risalgono al 1610.
Quell’anno si trasferì a Mantova, alla corte del duca Vincenzo I Gonzaga, insieme col marito, Muzio Buriani, nobile al servizio dei Carafa. Sembra che il duca di Mantova abbia intrattenuto con Adriana una fittissima corrispondenza epistolare, nel tentativo di convincerla a recarsi presso di lui. Addirittura si racconta che in una stessa giornata Vincenzo Gonzaga le inviasse ben sette lettere per vincere le sue resistenze e trasferirsi alla sua corte.
Durante il viaggi verso Mantova, Adriana fece tappa a Roma, dove cantò per il cardinale Ferdinando Gonzaga, figlio del duca e questi dopo averla ascoltata, scrisse al padre:
“Ha lasciato, qui, fama immortale et ha fatto stupir questa città sendo veramente la prima donna al mondo, sì nel canto come nella modestia et honestà.”
Si fermò poi a Firenze dove ad ascoltarla, in casa di Giulio Caccini, vi fu, tra gli altri, il conte Giovanni Bardi che confermò il giudizio espresso dal cardinale affermando essere la Basile la migliore cantante al mondo. Persino il granduca Cosimo de’ Medici volle ascoltarla e ne restò affascinato, tanto da donarle gioielli per un valore di trecento scudi d’oro.
Quando infine raggiunse Mantova, esordì nel magnifico salone degli specchi del palazzo ducale ed il duca Vincenzo ne fu così contento da intestarle la baronia di Piancerreto del Monferrato. La condusse con sé a Milano ed a Venezia dove i concerti di Adriana furono dei grandi successi. Oltre che cantare Adriana suonava l’arpa e la chitarra spagnola. L’appellativo di Sirena di Posillipo era ritenuto perfetto per quella donna così bella e così dotata. Uno di coloro che ebbero il piacere di ascoltarla scrisse:
“… la voce che comandava, la più nobile, la più soave, la più stimata che mai si udisse legava, anzi uccideva i sensi e l’anima di chi sentiva … i soavi sospiri, gli accenti discreti, il gorgheggiar moderato, le portate felici, le ardite cadute, gli interrotti cammini, lo sospingere, il morir di una voce … erano appunto meraviglie celesti.”
Purtroppo di quelle meraviglie non ci restano che le descrizioni di quanti ebbero modo di ascoltarla, null’altro di quella così sublime arte, della cantante napoletana. Durante il soggiorno a Mantova il principe di Polonia Ladislao l’implorò di recarsi presso di lui, ma la cantante rifiutò.
Anche le figlie Caterina ed Eleonora furono musiciste e cantanti e la seconda raggiunse una fama pari a quella della madre. Nell’ottobre del 1639 Adriana e le figlie furono ascoltate a Roma da André Maugars: tutte e tre cantavano, Adriana si accompagnava con la lira, Leonora con la tiorba e Caterina con l’arpa.
Nonostante i successi il richiamo della sua città natale non si era, in lei, mai placato e così nel 1640, fece ritorno a Napoli, dove poco dopo, intorno al 1642 morì.