-di Emanuele Petrarca
Uno dei personaggi più incredibili e controversi della storia dello sport, ma anche, a suo modo, tra i più amati. Citare il nome Marco Pantani o guardare in televisioni le immagini delle sue imprese suscita, a molti ancora, quella voglia di piangere e quella malinconia consona a chi è cosciente di aver perso un grande campione.
Marco Pantani è stato amato da tantissimi già dalle sue prime vittorie al Giro nel 1994, quando era sconosciuto gregario, perché la gente scoprì da quelle imprese un ragazzo romagnolo umile, timido e buono, che riusciva a sognare sulla bici, e costruiva con immensa passione il suo futuro di campione.
Fu amato da tutti quando nel 1998, ripresosi da spaventosi incidenti, rilanciò la sua carriera con le strepitose vittorie al Giro ed al Tour: restano incancellabili nei miti dello sport, i suoi arrivi solitari in maglia rosa ed in maglia gialla sulle vette delle Alpi italo-francesi.
Marco Pantani è amato ancor’oggi da tantissimi. Perché la storia di Marco è la perfetta metafora della crudeltà dei tempi moderni. Dalla polvere alle stelle, e di nuovo sulla polvere in poco tempo; troppo amato questo umile gregario che si era messo in testa di diventare campione, perciò molto invidiato.
Pantani faceva sempre notizia, e faceva “vendere” e dava notorietà a chi se ne occupava… la notizia dell’ematocrito troppo alto del Giro del 1999 era “troppo notizia” perché non si mettesse in moto un infernale “circo” mediatico e giudiziario: che a parere di molti, nel caso di Pantani ha visto un accanimento davvero speciale!
La depressione e lo sbandamento che ne seguirono precedettero il drammatico e triste epilogo della sua morte, in tragica solitudine, in un residence di Rimini nel giorno di San Valentino di qualche anno fa. Una morte avvolta nel mistero con l’ipotesi di omicidio che si sta facendo largo dopo l’apertua dell’inchiesta. Pantani vittima di una spirale micidiale tra droga, scommesse clandestine e camorra. Le prime passioni di Marco Pantani da bambino (nacque il 13 gennaio 1970 all’Ospedale Bufalini di Cesena) furono la caccia e la pesca, come da trazione agreste romagnola, indotta dal babbo e dal nonno Sotero.
Di lì partì il suo rapporto col ciclismo, ed il 22 aprile 1984, con la vittoria in solitudine a Case Castagnoli di Cesena, iniziò la sua carriera di ciclista. Con gli anni, quella immediata e strabiliante attitudine alle salite divenne più marcata, ed i suoi successi più prestigiosi. Passavano le categorie, gli avversari divenivano sempre più competitivi, ma la superiorità di Marco sulle pendenze aumentava. Fra i professionisti il suo talento -esploso nel Giro d’Italia del 1994- coinvolse l’intero immaginario collettivo. I suoi scatti, il suo essere solo sugli sfondi montani, lo innalzarono a monumento sportivo italiano ed internazionale. Intere genti riscoprirono il ciclismo grazie a lui e l’audience televisiva esplose.
Nel frattempo, seppe superare incidenti di una gravità tale da scoraggiare chiunque e, tutto questo, aumentò la sua già enorme popolarità. Le vittorie al Giro d’Italia e al Tour de France nel 1998, lo collocarono nel ristrettissimo novero dei Leggendari del pedale e lo posero in cima al gradino più alto del podio degli sportivi italiani contemporanei.
In un clima avverso e con un controllo che lascia tuttora aperti pesanti interrogativi sulla sua regolarità, la mattina del 5 giugno 1999, in Madonna di Campiglio, a due tappe dalla fine di un Giro d’Italia che stava dominando, fu riscontrato a Marco un tasso di ematocrito superiore al 50%: ciò significava uno stop di 15 giorni per tutelare la sua salute e l’addio alla corsa.
Per Pantani, fu l’inizio di una lunga odissea di torture. Venne posto alla gogna da fette consistenti di quei media che prima lo osannavano. Solo pochi giorni dopo, la stessa magistratura iniziò ad aprire su di lui fascicoli e ad indagarlo. Si aprirono così per Marco le porte dei Tribunali, anche in mancanza di reali presupposti di legge.
Ogni qualvolta provava a rialzarsi, parimenti un’altra Procura iniziava ad indagarlo: alla fine furono ben sette! Sapendosi vittima di voleri superiori si lasciò andare alla disperazione, ed incontrò la cocaina. In quel periodo, nonostante le traversie, le delusioni e l’alterazione che veniva dalla sostanza, incentivò altre voci del suo essere artista: la pittura innanzitutto.
Così come le sue ultime lettere, nonostante l’italiano stentato, seppero assumere sovente i connotati della medesima poesia che sapeva recitare in bicicletta. Marco Pantani, il ragazzo che veniva dal mare per incantare l’agreste delle asperità imprimendo passioni e trasporti in chi lo vedeva, che sapeva cantare e dipingeva come un pittore naif, che nascondeva la tanta beneficenza, perché pubblicizzandola la vedeva come anticamera del business, trovò la morte il 14 febbraio 2004 in un residence di Rimini.
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