di Emanuele Petrarca-
Un ragazzone alto e sorridente, implacabile sotto porta sia di testa, che di piede, ma, soprattutto, il vero e unico “Numero 1”.
Questo è Luca Toni e per chi non ha capito la ormai celeberrima citazione, è meglio fare un ripasso della carriera di un ragazzo italiano amato sia in Italia che in Germania.
Il primo giocatore italiano in assoluto a conquistare “La scarpa d’oro” è stato proprio Luca Toni, che nel 2005/06 ha totalizzato 31 gol e quindi, ai fini della classifica per la Scarpa d’oro, 62 punti. Un’annata incredibile per l’allora centravanti della Fiorentina, probabilmente la migliore della sua carriera, che gli ha consentito di uscire dalla dimensione del bomber di provincia e consacrarsi a 29 anni come un profilo di caratura internazionale.
Ciò che adesso ci sembra naturale alla luce della sua carriera successiva, allora era in realtà impronosticabile: Toni stava sì attraversando una fase ascendente della sua carriera, ma era difficile aspettarsi un salto in alto così repentino a quell’età.
Nell’estate del 2005 Luca Toni ha infatti già 28 anni e viene da 50 gol in due campionati con il Palermo, 30 in B, poi 20 in A. L’anno precedente ha esordito in Nazionale, trovando la rete alla sua seconda presenza, dopo appena 11 minuti dal suo ingresso in campo. Un gol fondamentale per battere la Norvegia per 2-1 in una partita valida per le qualificazioni ai Mondiali del 2006.
Luca ha grande prestanza fisica e sa difendere molto bene la palla, ma serve anche per costruire il gioco. La furbizia nell’utilizzo del corpo da parte di Toni era tale che in realtà il confine tra i falli fatti e quelli subiti era praticamente inesistente.
Quando prende posizione sulle palle alte o decide di attaccare un determinato spazio è quasi impossibile contrastarlo, un po’ come Gulliver in mezzo a tanti lillipuziani che provano a contendergli palla. Toni sembra sproporzionato rispetto agli avversari, ma anche rispetto a un campo da calcio: l’area sembra uno spazio troppo angusto per lui e si muove nello stretto spostando i difensori come una persona che si fa largo tra la folla per non perdere un autobus che sta per partire.
Ogni gesto era costruito, frutto di un processo di apprendimento costante. Un po’ come i personaggi dei videogame acquisiscono abilità ed esperienza livello dopo livello, la sua carriera ha rappresentato una tensione continua al miglioramento, al punto che negli ultimi anni i suoi gesti sembravano più puliti e lineari.
Nel corso degli anni il suo repertorio è cresciuto in termini qualitativi ma anche quantitativi: davanti al portiere ha acquisito sempre più confidenza con l’esterno destro per incrociare il tiro sul secondo palo, mentre con il sinistro preferiva l’interno piede.
Intanto, ai Mondiali del 2006, Luca partecipa e vince da protagonista perché Lippi preferiva privarsi di chiunque, ma non del suo cannoniere che diverrà decisivo nel match contro l’Ucraina.
Per tali motivi, arriva la chiamata dalla Germania, precisamente il Bayern Monaco, ovvero una delle squadre più importanti al Mondo. Troppo forte il richiamo per rifiutare e al primo tentativo vince la classifica dei capocannonieri mentre gli viene tributata, proprio in terra tedesca, una canzone dedicata a lui di nome “Numero 1”.
Dopo la sua carriera bavarese, Luca sembra non dover dire più nulla al calcio con tanti alti e bassi, fino al triennio al Verona (2013-2016) dove conquista nuovamente la classifica marcatori tra lo stupore di tutti coloro che lo davano già per finito.
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