Dal Vietriraito alla Juventus con passione- di Claudia Izzo-
Classe ’63, ex calciatore professionista, ha militato giovanissimo nella Juventus, in seguito nel Verona, Milan, Lazio, Padova, chiudendo la sua carriera negli USA con il New England Revolution e con il Tampe Bay Mutiny. Incontro Giuseppe Galderisi, ribattezzato “Nanu” dai tifosi juventini; siamo nella sua Salerno, la città di cui non ha mai indossato la maglietta color granata della sua squadra, ma che continua ad amare alla follia.
Agile e rapido, tenace e generoso, Galderisi ha regalato azioni e goal indimenticabili alle pagine del calcio italiano; capace di calciare indifferentemente di destro e di sinistro, quasi 200 i goal realizzati indossando magliette diverse, molti dei quali di testa, dimostrando scelta di tempo e capacità di elevazione.
Galderisi mi conduce tra i suoi ricordi, dalla sua origine salernitana, padre di Calvanico, madre di Baronissi, al suo periodo in provincia di Parma con ritorno a Salerno. Qui incontra il dirigente calcistico Vincenzo Campione, l’uomo schivo e di poche parole che, grazie al suo impareggiabile intuito, gli ha cambiato la vita. Fu lui, infatti, a sceglierlo vedendolo giocare nei vicoli di Fratte per portarlo ad allenarsi sul campetto di terra battuta a Marina di Vietri: una storia di pallone e di mare, di faticosi allenamenti e di infinita voglia di farcela.
Poi il sogno si realizza e, a 14 anni e mezzo, Peppe, come lo chiamano qui, viene acquistato dalla Juventus entrando nel vivaio torinese e nel collegio bianconero. Il ragazzo ha stoffa da vendere e lo dimostra sin da subito. Dieci presenze in Nazionale, con cui partecipa ai Mondiali del 1986 in Messico. Ed anche quando lo spazio per lui nella Juve diventa stretto, per l’arrivo di Paolo Rossi e Michel Platinì, Galderisi resta protagonista vincendo lo storico scudetto con l’ Hellas Verona.
Nel 2001 fonda la Galderisi Soccer Team, scuola calcistica che mira alla crescita di giovani calciatori fino alla categoria Giovanissimi. Commentatore televisivo per Mediaset, Sky e RAI, Galderisi, simpatico e sorridente, è padre di Andrea Massimo, che dopo una breve parentesi calcistica è ora un promettente musicista e attore.
-Nanu, qual è stato il tuo goal più bello?
“Sicuramente il primo goal di serie A; è il 3 gennaio 1982 ed è ricordato come “il goal della vittoria”.
La Juventus batte l’Udinese 1-0 grazie ad uno splendido colpo di testa di Nanu; Trapattoni vince la sua scommessa, il ragazzino di Salerno scende in campo e segna.
“Penso poi ai due goal di Belgrado; in particolare a quello a pallonetto.”
Nell’edizione 1983/1984 della Coppa UEFA, il Verona di Osvaldo Bagnoli espugna il difficile campo di Belgrado, battendo la Stella Rossa. Indimenticabile lo slalom di Galderisi con pallonetto finale per il goal della vittoria.
“Mi viene in mente ancora la tripletta con il Milan…”
Correva il 14 febbraio 1982, il Comunale di Torino festeggia il suo San Valentino con la tripletta dello sconosciuto attaccante diciannovenne salernitano. Il Milan di Baresi, Collovati e Jordan s’inchina innanzi alla statura del futuro campione.
-Cosa ti riporta a Salerno?
“Non ho mai dimenticato le mie radici. Quando torno a Salerno sono molto orgoglioso, mi assale una gioia vera e propria. Arrivo “grigio” e me ne vado col sole. L’adoro, ce l’ho dentro. L’idea che mi ha sempre entusiasmato è aver fatto parte del vivaio calcistico del Vietriraito e con i ragazzi non esserci mai persi.”
-Cosa pensi del Museo Teatro dello Sport, sorto a Salerno, ideato da Sergio Mari e Andrea Mitri, di cui tu stesso hai fatto parte premiando il boxer Patrizio Oliva e di cui hai parlato anche a RAI SPORT?
“L’idea dei colleghi Sergio Mari e Andrea Mitri di raccontare lo sport attraverso il teatro è semplicemente meravigliosa! Credo che sia un modo per iniziare, per costruire qualcosa di importante che sono sicuro crescerà nel tempo”.
-Tu eri un ragazzino con dei sogni, talento e grande volontà. Cosa pensi dei giovani di oggi?
“Credo che la generazione prima della nostra ci abbia insegnato molto. Il tempo sta cambiando, è cambiato il mondo; i social hanno preso tra i ragazzi il posto del pallone… Anche come allenatore noto che tra allora ed oggi ci sia una bella differenza. Negli occhi dei ragazzi che sognano di diventare calciatore leggo molta “dispersione”. Con i social di adesso tutto diviene amplificato, se non si ha un obiettivo, dei valori forti, la voglia di stare insieme agli amici, di “viverli”, ci si perde facilmente”.
-A quale giocatore ti sei ispirato durante la tua carriera?
“Quando stavo nel Vietriraito mi ispiravo a Franco Della Monica; nella Juve a Maradona. Entrambi mi facevano entusiasmare”.
-Guardando indietro, tra i tanti incontri importanti, chi è stato fondamentale per te, come campione e come ragazzo che stava diventando un uomo?
“A Vincenzo Campione che mi ha portato nel VietriRaito, a Dino Zoff, Bettega, Scirea che mi hanno insegnato a stare al mondo. Avevo 16 anni e mezzi e conoscerli è stata per me una scuola di vita. Sono state delle persone fondamentali nel percorso di una carriera, qualcosa che non ho mai dimenticato. La generazione precedente alla nostra è stata più brava a consegnarci sogni e valori”.