Clelia Pistillo-
Giugno è considerato in molte parti del mondo il mese in cui si celebra il pride, precedentemente denominato gay pride, e ricorda la nascita del movimento LGBTQ legata ai moti di Stonewall, ma non tutti ne conoscono la storia.
Negli anni 60, nello stato di New York, così come in molti altri stati americani, l’omosessualità era punita dalla legge, il pregiudizio regnava sovrano e l’autorità statale dei liquori (State Liquor Authority) considerava i bar in cui veniva servito l’alcool ai gay luoghi dediti a pratiche illecite, giustificando così il rifiutò nel concedere le licenze per il consumo di alcoolici.
Dinanzi ad una situazione simile, i gestori si trovavano costretti a lavorare senza i permessi necessari, il che però li esponeva alle continue e frequenti retate della polizia, a cui seguivano multe salatissime. Non tutti i locali erano in condizioni economiche tali da poter far fonte a questa situazione, ad eccezione di quelli gestiti dalla mafia, che aveva i mezzi per corrompere gli agenti. Tra malavita e polizia si raggiungeva un accordo per cui i raids venivano annunciati dando così l’opportunità ai gestori di prepararsi alle retate, di evitare l’apposizione dei sigilli ai locali, e di riaprire in tutta tranquillità la notte stessa.
Lo Stonewall Inn, gestito da fat Tony pseudonimo di Tony Lauria del clan Genovese, non faceva eccezione e la connivenza tra mafia italiana e polizia, basata soprattutto su uno scambio di mazzette, assicurava una relativa serenità a tutti. Gli agenti si sarebbero annunciati prima di ogni incursione, i gestori del locale avrebbero avuto il tempo di prepararsi al blitz e la comunità omosessuale avrebbe continuato ad avere il suo punto di ritrovo. Una tranquillità relativa se si considera che questo sistema tornava utile soprattutto alla polizia ed alla mafia che ne traevano un evidente vantaggio economico a discapito della comunità omosessuale che doveva subire e tollerare vessazioni ingiustificate ed era costretta a frequentare, non avendo nessuna alternativa, i suddetti locali dove peraltro le condizioni igienico sanitarie lasciavano molto a desiderare.
Tutto procedeva secondo questo canovaccio fino alla notte tra il 27 e il 28 giugno del 1969 quando qualcosa non andò secondo i patti. Gli agenti si presentarono senza preavviso in un giorno diverso da quello pattuito, peraltro dopo una recente retata. Evidentemente la volontà era quella di colpire il locale soprattutto perché era in corso la campagna elettorale per l’elezione del nuovo sindaco ed operazioni di questo genere erano fondamentali per chi voleva garantirsi una poltrona col favore dell’ elettorato più conservatore.
Ciò che la polizia non si sarebbe aspettata fu una reazione da parte dei clienti i quali, anzichè fuggire, si accalcarono nel parco di fronte al locale, e a questa folla si unirono anche passanti e avventori dei bar limitrofi.
La polizia chiese ai clienti di dividersi in tre gruppi, gay, lesbiche, transgender. Molti si rifiutarono di sottoporsi ai controlli. Le leggi dell’epoca prevedevano che gli omosessuali fossero condotti in bagno per la verifica del sesso, inoltre avrebbero dovuto indossare almeno tre capi d’abbigliamento considerati adatti e conformi al proprio genere sessuale, le donne lesbiche in abiti maschili erano sottoposte a vessazioni ed umilianti abusi fisici. Quella notte il rifiuto da parte della comunità gay creò tensioni che presto si tramutarono in percosse e colluttazioni da parte degli agenti. La resistenza però fu compatta e non mancarono lanci di monetine, bottiglie, e imprecazioni che presto furono scontri fisici, con tanto di automobili rovesciate, parcometri sradicati e lanci di molotov.
La polizia non era affatto pronta a tutto questo, dando per scontato che la comunità omosessuale non avrebbe reagito e per questo motivo gli agenti impauriti finirono, paradossalmente, per barricarsi all’interno dello stesso bar, e in loro soccorso furono chiamate le squadre antisommossa già addestrate contro le manifestazioni contrarie alla guerra del Vietnam. Un dettaglio divertente fu che queste squadre speciali furono ridicolizzate da alcune drag queens che cominciarono a cantare e a ballare canzoni ostentando movenze femminili tanto condannate dal perbenismo imperante all’epoca.
Fu una sorta di liberazione per quelle persone che per moltissimo tempo erano state costrette a vivere nell’ ombra, nell’emarginazione e nella discriminazione. Per questo chi critica l’eccentricità della parata, così come oggi la si intende dimostra di non conoscerne la storia in quanto il senso della vistosità di tale manifestazione è da ricercare nella voglia di poter vivere alla luce del sole la propria identità senza doversi nascondere, come è purtroppo avvenuto per tantissimo tempo. Non è ostentazione, ma rivendicazione del proprio diritto a vivere senza essere schiavi di qualsiasi tipo di pregiudizio.
Significative le parole della nota attivista Sylvia Rivera, presente alle manifestazioni di Stonewall, divenuta simbolo del movimento LGBT: ”Accadde che eravamo stufe e pensavamo che era giunto il momento di fare qualcosa per liberarci”.
Le contestazioni durarono per tutta la notte per dissiparsi solo alle prime luci dell’alba, e nei giorni a seguire.
Alla fine lo Stonewall Inn ne uscì distrutto, molti manifestanti finirono in ospedale, molti altri furono ammanettati.
Sempre Sylvia Rivera, in una celebre intervista raccontava che la cosa bella di quella sera fu vedere la rabbia sulle facce delle persone picchiate, che avevano il sangue sulla faccia e sul corpo ma non scappavano, tornavano indietro, perché non gli importava di morire, volevano lottare per ciò in cui credevano. Quella era la loro notte.
I moti di Stonewall, nell’ opinione di molti, rappresentano l’inizio del movimento LGBT, ma forse è più giusto considerarlo un punto di arrivo, di maturazione di una presa di coscienza da parte della comunità omosessuale già in corso da tempo. Negli anni precedenti, infatti, si era assistito ad altre manifestazioni simili, a Philadelfia nel 1965, a San Francisco nel 1966 a Los Angeles nel 1967 ma Stonewall rappresentò un punto di svolta.
Nacque di lì a poco il GLF ( Gay Liberation Front), un movimento organizzato ispirato alle dottrine marxiste e socialiste, che prendeva le distanze dal precedente movimento omofilo.
Poco importa chi lanciò la prima monetina contro la polizia, chi c’era quando la protesta ebbe inizio e chi si recò allo Stonewall a protesta già iniziata. Ciò che davvero importa è che quella notte ci fu una ribellione collettiva che coinvolse tutti. Ed è proprio questo sentire comune che dovrebbe essere, anche oggi, alla base delle battaglie che ancora attendono di essere combattute.