Terzo Settore: grandi consensi e partecipazione per l’incontro presso la Casa del Volontario

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Quale ruolo per Terzo settore nelle Case della ComunitàLa riforma dell’assistenza territoriale e il ruolo del volontariato e del Terzo settore: le missioni 5 e 6 del PNRR e le Case della Comunità” è stato il titolo dell’incontro organizzato da Sodalis, tenutosi presso la Casa del Volontariato di Salerno il 6 e 7 dicembre per una due giorni di riflessione ed interventi.

Sono intervenuti: Agostino Braca – Presidente di Sodalis ETS – CSV Salerno; Domenico Credendino – Presidente della Fondazione Carisal e dell’OTC Campania Molise; Paola De Roberto – Assessore alle politiche sociali e giovanili del Comune di Salerno; Chiara Tommasini – Presidente di CSVnet. Si sono poi susseguiti tre tavoli di lavoro condotti da:   Porfidio Monda, Docente UNISOB, Ruolo dei CSV nelle Case di comunità: Alfredo Senatore, Direttore di Sodalis ETS – CSV Salerno; Giovanni d’Angelo Presidente dell’Ordine dei medici e degli Odontoiatri della Provincia di Salerno; Salvatore Gargiulio Docente UNISOB in Legislazione sociale,  Antonia Autuori, Presidente Fondazione della Comunità Salernitana; sacAntonio Romano, Vicario Episcopale per la Carità e la Giustizia, Giuseppe Bonino, Direttore Settore politiche sociali del Comune di Salerno; Michele Pepe Vicepresidente di Sodalis ETS – CSV Salerno, Andrea Marchesi – Università La Bicocca; Filippo Viganò – Presidente CSV Monza Lecco Sondrio; Cosimo Cicia – Vicepresidente nazionale dell’Ordine degli infermieri; dott.ssa Marianna Fiocco – Referente attuazione per l’attuazione del PNRR ASL Salerno; Ing. Sosto Gennaro – Direttore Generale ASL Salerno.

Nell’ambito degli  incontri si è sottolineato il concetto e l’importanza delle Case di Comunità, “luogo in cui il Sistema Sanitario si coordina e si integra con il sistema dei servizi sociali proponendo un raccordo intrasettoriale dei servizi in termini di percorsi e soluzioni, basati sulle integrazioni delle diverse dimensioni di intervento e di diversi ambiti di competenza con un approccio orizzontale e trasversale ai bisogni tenendo conto anche della dimensione personale dell’assistito. Si tratta di un progetto d’innovazione in cui la comunità degli assistiti non è solo destinataria dei servizi, ma è parte attiva della valorizzazione delle competenze presenti all’interno della comunità stessa, designando nuove soluzioni di servizio, contribuendo a costruire e organizzare le opportunità di cui ha bisogno al fine di migliorare la qualità della vita e del territorio rimettendo al centro dei propri valori le relazioni e la condivisione con la partecipazione della comunità, delle associazioni, dei cittadini, dei pazienti…”

“Oggi, se possiamo parlare di politiche sociali che in qualche modo hanno preso la strada giusta, ma di strada ce n’è ancora da fare insieme, credo che molto sia merito del Terzo settore, del volontariato presente in questa città” ha affermato Paola De Roberto Assessore alle politiche sociali e giovanili del Comune di Salerno.

“Ringrazio il CSV,” ha aggiunto, “perché oggi ci da un’opportunità di riflessione. Le missioni 5 e 6 del PNRR hanno propositi buoni che, di fatto, non si sono ancora bene integrati per diventare obiettivi e progettualità condivise che mettano la persona ed il concetto di cura della persona al centro di tutto ciò che andremo a fare insieme. Qualche passo avanti l’abbiamo fatto, in particolare con l’ASL, abbiamo incominciato sull’area del socio sanitario, il percorso è lungo e giornate queste sono importanti perchè fanno “fare comunità”, confronto continuo che credo sia ciò che oggi serva. Come settore Politiche Sociali stiamo promuovendo molto un’amministrazione partecipata, una partecipazione attiva che dal basso ci dia gli spunti nella lettura dei bisogni e nella soluzione. Con il dr Bonino, quinto direttore delle Politiche sociali in due anni e mezzo, oggi riconfermato, stiamo intraprendendo un percorso credo interessante di progettualità un po’ più ampia che vede il mondo del volontariato e quello del Terzo settore al centro della progettualità che stiamo portando avanti. Abbiamo tutti il dovere di lavorare ad una nuova visione culturale quando dobbiamo abbattere la vecchia concezione del sanitario e del sociale per vedere queste due aree integrarsi e trovare soluzioni e cammini comuni. Spero che da queste tavole, oltre che un momento di confronto, escano delle soluzioni pratiche da sperimentare. Nell’ultima concertazione fatta nell’ambito del PON Metro, abbiamo invitato 300 realtà del Terzo settore, liberi cittadini, presidenti di comitati di quartiere, realtà del privato e del mondo della cultura, perchè tutto questo è lo specchio della nostra comunità e oggi deve seguire un principio di corresponsabilità che è quello che ci invita ad essere tutti, in qualche modo, corresponsabili verso l’altro sulla cura e benessere generale.  

Di grande interesse anche le considerazioni espresse dal Prof. Porfidio Monda, Docente UNISOB, che ha affermato: “Il PNRR ha previsto le Case della comunità ma queste non sono nate e non nascono con il PNRR che è uno strumento che ci è stato dato. Abbiamo un percorso, una progettualità abbiamo maturato delle risorse, la mia prima preoccupazione è come si fa per far funzionare il tutto che sta già ingolfando gli uffici. In tutto il centro nord ci sono 476 case della salute, 178 solo in Emilia Romagna, in Campania zero. Perchè sono state fatte? Perchè hanno scoperto che tra l’ospedale e le abitazioni delle persone c’era il vuoto. Forse l’abbiamo scoperto noi con la pandemia ma la norma che istituisce le Case della Salute, gli Ospedali di Comunità, in Italia è del 2007. Perchè non ce ne siamo accorti? Perchè abbiamo pensato che la sanità fossero solo gli ospedali, non abbiamo colto che la Sanità non è più quella del secolo scorso quando avevamo un alto tasso di natalità, un basso tasso di vecchiaia e famiglie che erano ancora composte da più di quattro componenti e questo consentiva di ammortizzare il peso che era sicuramente minore dei carichi assistenziali.

Questa cosa iniziata più nel Centro Nord adesso al Sud sta assumendo proporzioni, direi quasi catastrofiche per certi versi, pensando alle aree interne. Solo gli ospedali non bastano ma se la salute diventa un problema legato alla cronicità, l’ospedale non basta più, probabilmente non serve nemmeno, c’è bisogno di costruire un sistema di servizi che risponda ad una priorità che è dentro l’idea di cronicità. Il problema del vuoto tra ospedali e abitazioni è esploso nel periodo della pandemia, intasando i pronto soccorso e gli ospedali, se ci fosse stato un filtro territoriale, probabilmente questo vuoto non ci sarebbe stato. Li dove al Nord, le Case della Salute c’erano ma il caso è esploso ugualmente, ovviamente con caratteristiche diverse.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza stanzia risorse per la Salute, il Piano tende a costruire la Sanità Territoriale, dove la promozione della Salute si integra con il tema della Promozione Sociale. Stiamo cercando di capire come fare assistenza domiciliare integrata con l’ASL, il PNRR  su 3 miliardi e mezzo di euro, alla Campania ha dato 490 milioni di euro, alla Provincia di Salerno 98 da spendere entro il 2026 per coprire almeno il 10% della popolazione anziana. Come si arriverà al 10% visto che siamo sotto il 2% è una partita ancora da giocare. Un’ulteriore considerazione: il tema della cronicità è importante perchè la cronicità non significa guarire una persona per rimetterla nel contesto sociale, costruire cioè l’inclusione di una persona un minuto dopo averla guarita, perchè la cronicità non guarisce, esattamente come la disabilità, quindi dobbiamo trovare un modo di costruire un sistema territoriale che sia in grado di includere, a prescindere dalla condizione di salute e dalla disabilità. Questa è la ragione per cui diviene centrale l’integrazione del Sociale e della Sanità perchè l’inclusione sociale divenga parte della cura. Diceva un grande poeta inglese: insegnaci ad avere cura e non a curare. Questo è il tema della prevenzione. Parte della cura è l’inclusione, pensate ad un tema che stiamo affrontando in questi giorni sempre con l’ASL, progetti terapeutici riabilitativi individuali per persone con malattia psichiatrica dove il tema dell’inclusione sociale diviene parte della cura, c’era arrivato Basaglia nel ’78, noi ci abbiamo messo 50 anni. In realtà diceva le stesse cose, prendere un disabile e metterlo dentro un contesto di disabili significa creare una condizione per cui questa persona non emancipa, cronicizza. Dobbiamo immaginare un sistema delle cure completamente diverso. Il PNRR prevede la riforma del sistema territoriale delle cure, la medicina di base, diagnostica di base, in tutto ciò è importante il passaggio dalla Casa della Salute alla Casa della Comunità, quest’ultima gioca la sua partita sulla capacità di fare comunità e di costruire la Salute che è qualche cosa che comporta una corresponsabilità. La mia preoccupazione è che noi spenderemo soldi utilizzando un paradigma culturale che non porterà all’efficacia perché stiamo ragionando con la testa rivolta ad un mondo che non c’è più, pensando di costruire un mondo che non c’è ancora.

Il mondo è cambiato perché è cambiata la transazione demografica, digitale, tutti ragionano in termini di famiglia che non c’è più perché l’ha cancellata il comportamento, la statistica. In Italia il 50% delle famiglie è costituita da due persone, l’86% da tre persone, la media della classe di ampiezza delle famiglie, a Salerno, è poco sopra il due. Quindi non ce la fai a prenderti cura delle persone che avranno bisogno di essere prese in carico, quindi dobbiamo pensare ad un sistema di servizi che sia in grado di sorreggere tutto questo altrimenti avere il tasso di anzianità tra i più alti del mondo con il Giappone e l’Olanda diventerà una enorme disgrazia.

Rispetto a questo tema ha un ruolo il mondo di mezzo? Il mondo di mezzo è tutto quello che non è profitto che non è Stato, la cosa paradossale è che le leggi ci sono, pensate alla legge n. 180, è di 50 anni fa, i servizi non sono stati fatti, abbiamo chiuso i manicomi e non abbiamo creato i servizi alternativi. E’ un problema culturale, dobbiamo pensare alla Salute come a qualcosa di diverso dalla Sanità e pensare alla Sanità come una componente della Salute, poi esiste il Sociale, la capacità di un sistema di servizi di accogliere, di un territorio di farsi prossimo…tutto questo è parte della cura, è medicina.

Siamo passati così alle Case della Comunità, pensate che abbiamo un ruolo? Io dico di sì e se non si terrà conto di questo ruolo, noi non avremo cambiato niente perchè continueremo a ragionare in un’ottica prestazionale mentre il mondo che sta cambiando ci chiede un’ottica relazionale. Genovesi diceva che il mercato non è il luogo in cui si confrontano i reciproci egoismi, noi dobbiamo pensare alla consapevolezza della reciproca vulnerabilità per poter costruire Sistemi Sociali perchè è la cooperazione, non la competizione, a vincere. Per quasi 30 anni il terzo Settore è stato abituato a competere e questo si vede nel Codice degli Appalti, l’amministrazione condivisa è costruire qualcosa che metta insieme mondi e la Salute si costruisce anche in questo modo. 

Le Case della Salute sono prevalentemente  strutture in cui la medicina la fa da padrona, ha commentato Alfredo Senatore, Direttore di Sodalis ETS – CSV Salerno.” Le Case della Comunità cercano di concepire la salute come qualcosa che coinvolge la comunità che responsabilizza a partire dall’utente. Le Case della Salute sono esclusivamente sanitarie, le Case della Comunità prevedono anche i servizi sociali, oltre a questi ultimi vi è la porta unitaria di accesso finanziata dai fondi nazionali per la non autosufficienza e prevede la presenza di organismi di Terzo Settore dentro la struttura, cosa prima non prevista. Genas, agenzia Nazionale della Sanità, ha dato vita ad un protocollo nazionale, accordo stato-regioni che ha stabilito quali saranno i servizi, un infermiere di comunità ogni 3000 abitanti, un assistente sociale ogni 5000 abitanti, servizi che prevedono la continuità assistenziale, gli standard sono già definiti, la finanziaria 2023 ha stanziato un miliardo di euro per iniziare a prendere infermieri. Per quanto riguarda le Case di Comunità hub sono sostanzialmente dove c’è una maggiore quantità di servizi, di diagnostica, mentre quelle pop sono costruite dove c’è minore densità sono costruite con minore servizi.”

 

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