Processo penale da remoto: parla Nicolas Balzano, presidente Camera Penale di Torre Annunzita

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La querelle della celebrazione del processo penale  da remoto- di Claudia Izzo

In questo periodo che stiamo vivendo a dettare i tempi e le modalità di vita è l’emergenza Covid-19 che sembra stia rivoluzionando anche la giustizia penale. Ci troviamo a vivere una nuova epoca in cui si può arrivare alla dematerializzazione e digitalizzazione della giustizia penale con l’udienza da remoto. Di risposta lo stato di agitazione dell’avvocatura penale, la quale andrebbe incontro a collegamenti da remoto per le udienze. In questo nuovo scenario il compimento degli atti anche nelle indagini preliminari verrebbe consentito da un collegamento direttamente dallo studio legale. Autorizzati dunque tutti gli uffici giudiziari a procedere con notificazioni e comunicazioni penali trasmesse via email; il fascicolo diviene digitale sovvertendo i principi basilari fondanti del processo stesso.

Ne parliamo con l’avvocato Domenico Nicolas Balzano, Presidente della Camera Penale di Torre Annunziata.

-L’udienza da remoto è un’occasione  per snellire la burocrazia o per rendere tutto più complesso?

“Se dovesse prevalere la decisione che si annuncia e cioè di celebrare da remoto il processo penale, sarebbe la negazione stessa del processo, necessariamente orale, perché solo l’oralità presuppone la partecipazione comune. Bisogna assicurare le regole di distanziamento sociale ma sembra che per assicurarle vogliano imporre la celebrazione del processo in video conferenza con collegamento da remoto. Ci troviamo così giudice, avvocato, postazioni telematiche senza la certezza che il testimone non legga tracce precostituite, diviene cioè un processo simulato che vanifica se stesso.

Se dunque questo processo fosse subordinato all’emergenza si potrebbe tollerare per un tempo circoscritto, se fosse la premessa di uno stravolgimento sarebbe una sciagura di indicibile portata.”

-Qual è l’importanza dell’oralità nel processo penale?

“L’oralità ha un significato anche per la possibilità di interpretazione di sguardi, gesti, mimica, criterio sommo per l’attendibilità della causa. Le difficoltà tecniche dei collegamenti si contrappongono dunque all’oralità che presuppone la fulmineità dell’interlocuzione, la correttezza e le pertinenza dell’opposizione. Con questa nuova proposta salta dunque la celebrazione del rito processuale e l’avvia verso altri destini”.

-Quale sarà il destino del processo penale? Assisteremo alla fine del processo e dell’avvocatura?

“Cosa ne sarà del processo mi atterrisce per le giovani generazioni. Appartengo alla generazione che si è battuta per la soluzione del processo accusatorio che è esclusivamente orale, con il contraddittorio orale tra le parti, presupponendo cioè la presenza delle parti e la possibilità di interazione. Con questa nuova modalità la fase della discussione verrà sacrificata pur di consentire la celerità. L’imputato partecipando da remoto deve egli stesso procurarsi la strumentazione che gli permetta di interloquire. Ex abrupto non si può passare da una modalità all’altra sacrificando il processo”.

-Come gestire allora questa emergenza Covid-19 nel processo penale?

“Da 40 anni l’AIDS ha provocato stragi imponendo alla comunità scientifica un vaccino che non è stato ancora trovato. Si dovrà convivere con questo virus e con la possibilità che si ripresenti, quindi, sono necessarie modifiche fino a quando non vi sia la certezza che la pandemia non possa più ritornare. Il problema è se sospendere l’attività giudiziaria o andare avanti con l’attività alternativa di celebrazione: io spero che si ergerà un argine contro il tentativo di istituzionalizzare questa modalità, si potrebbe anche accettare una modalità alternativa condizionatamente alla volontà dell’imputato, ma  la speranza è di tornare nelle aule di tribunale.”

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