Immigrazione, balneari e Mes: il governo fatica ad individuare delle priorità

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-di Pierre De Filippo

34.715.

Tanti sono i migranti arrivati dall’inizio dell’anno nel nostro Paese. 34.715 contro gli 8.669 dell’anno scorso: oltre quattro volte di più. Che dimostra ogni volta di più quanto poco conti, rispetto ad un fenomeno epocale come questo, il volere (o il non volere) di un governo. Fosse stata all’opposizione, Giorgia Meloni avrebbe gridato all’invasione: ora che è al governo, siamo certi, stia acquisendo consapevolezza circa la complessità della materia.

Ha nominato un commissario straordinario e sta discutendo, inopinatamente, la cancellazione della protezione speciale. Ripeto: inopinatamente. Sarebbe l’errore strategico più grave che il governo potrebbe commettere, lasciando migliaia di persone in un limbo dal quale si accede, per direttissima, al degrado e alla delinquenza.

L’obiettivo è evitare ciò che il ministro Lollobrigida ha definito “sostituzione etnica”. Un’espressione tanto semplice quanto infelice per descrivere due fenomeni: l’importante afflusso di migranti e la nostra ormai endemica fragilità demografica. Giorgetti, a questo proposito, ha proposto zero tasse per chi fa figli. Ma mettere al mondo un bambino non dipende solo dal dimagrimento della propria dichiarazione dei redditi. Dov’è il welfare familiare? Dove sono gli asili nido? Perché non parificare i congedi di paternità con quelli di maternità, abbattendo, in questo modo, un’altra delle motivazioni che spingono i datori a preferire gli uomini alle donne?

Manca solidarietà europea, si è detto. Come se questo fosse una novità: sono dieci anni che tutti, a cominciare dai Paesi di Visegrad, ai quali il nostro governo è molto vicino, ci lasciano soli ad occuparci della rotta mediterranea.

Sarebbe stato, forse, più saggio non aprire troppe questioni con l’Europa e concentrarci sull’immigrazione, chiedendo con forza la modifica del regolamento di Dublino, per noi essenziale.

E invece abbiamo voluto strafare e quindi no al Mes, un braccio di ferro ormai stucchevole. Due parole sul tema: si sta discutendo l’approvazione della riforma di questo strumento – siamo l’unico Paese che ancora non l’ha fatto e, in questo modo, impediamo a chiunque di poterlo utilizzare. Giorgetti, in audizione, ha spiegato le motivazioni di questo niet: “è uno strumento che ha cattiva fama…”. Oltretutto, la riforma sarebbe migliorativa e andrebbe, sotto certi punti di vista, nella direzione auspicata dall’Italia ma, si sa, l’ideologia prevale sulla realtà.

C’è poi l’annosa questione dei balneari: la direttiva Bolkestein, datata ormai 2006, prevederebbe la messa a gara delle concessioni balneari ma noi abbiamo sempre prediletto lo strumento delle proroghe sine die. Risultato: lo Stato italiano incassa pochissimo poiché i canoni sono ormai fuori dal tempo.

Col Milleproroghe, il governo ha prorogato l’attuale regime concessorio fino al 31 dicembre 2024 ma il Consiglio di Stato si è già espresso, imponendo una modifica. È attesa ad ore la sentenza della Corte di Giustizia europea che, molto probabilmente, ci imporrà di affrettare i tempi.

Non sarebbe stato molto più saggio – per un governo che è da sempre stato dalla parte degli interessi particolari dei balneari – affrontare la questione in maniera più propositiva? D’altronde, è meglio che la nuova disciplina sia il frutto di una mediazione politica con la Commissione che non quello di una sentenza giudiziaria che non lascerebbe alcun margine di manovra discrezionale.

 

E poi, giusto per concludere, le auto green, le case green, il Patto di stabilità, il Pnrr, gli aiuti di Stato. Abbiamo messo decisamente troppa carne al fuoco.

Ma è sempre questione di visione. E la visione o ce l’hai o non ce l’hai. Torno sul tema delle migrazioni, per concludere: il decreto flussi – che, annualmente, si preoccupa di stabilire il numero di migranti economici che possono arrivare legalmente in Italia – ha previsto circa 82mila arrivi per il 2023; se ne sono prenotati in 250mila. Il DEF – Documento di Economia e Finanze – varato dal governo i primi di aprile lo dice chiaramente: il nostro debito calerà solo in presenza di una corposa, oltre che ordinata, migrazione in ingresso.

L’eliminazione della protezione speciale comporterebbe l’interruzione, tra le altre cose, anche di quei percorsi virtuosi di chi, pur essendo entrato come irregolare, ha trovato lavoro e si sta integrando.

Perché? Retoricamente, perché?

E qui torna, come sempre, il monito di Pannella: a volte bisogna essere impopolari per non essere, nei fatti, antipopolari.

Il governo si preoccupi più di non essere antipopolare e meno di essere impopolare, solo così troverà la sua credibilità.

 

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