Un’arte antica: rose e profumi

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“E quei campi della Campania, che nel frattempo hanno riposato, danno in primavera una rosa che ha più profumo di quelle coltivate. A tal punto la terra non cessa di generare, da dirsi che si produce più profumo in Campania che olio nelle altre regioni”. Così si esprime Plinio nelle pagine della sua opera Naturalis Historia (XVIII,111)

I giardini campani erano, nel III sec.a.C , una Mecca degli estratti …a Capua dai vastissimi campi coltivati a rose, si ricavavano le migliaia di petali necessari alla distillazione dell’essenza per il sublime “rodino italiano”, la più dolce fragranza per le matrone dell’epoca.

Pompei, prima che la lava la seppellisse, in quanto a profumi era la Parigi del tempo: la fragranza  di rose nelle antiche vie, la casa del profumiere con il proprio banco di vendita con in bella mostra le bottigliette di varie sfumature cromatiche, il “Rhodion”, lo Chanel dell’antichità, “un profumo leggero e soave” per Teofrasto, ”tra quelli meno intensi, adatto all’uomo più che alla donna”.

La rosa damascena bifera di Paestum, dal profumo intenso, rappresentava la materia prima e preziosa per i numerosi laboratori della città, come si evince dai ritrovamenti di antiche botteghe in cui si produceva  il famoso “Rodino italikon”, frutto  di trecento boccioli di rose con l’aggiunta di olio di olive;  oggi quello stesso profumo, a distanza di  tanti secoli rivive grazie ad Emilia e Martina Marino che, dopo anni di attività nel campo della profumeria, insieme allo psichiatra Mario Trevisan, hanno intrapreso  un percorso di ricerca incentrato sull’utilizzo delle rose pestane e sulla loro energia olistica. Una fragranza estremamente femminile fiorita per non dimenticare, con  Gaston Bachelard, che  “una traccia di profumo, un odore lontano, può determinare una vera e propria atmosfera all’interno del mondo immaginario”… quella  fragranza che ci ricorda la  rosa giunta dai lontani giardini di Damasco fin nella nostra terra per diventare “rodon”, la rosa di Paestum.

La Campania conserva anche nel Medio Evo  il primato nell’ arte del profumo: l’ acqua di rose di Amalfi era ritenuta di grande pregio tanto da  rappresentare un prodotto esportato in grande quantità non solo in Europa. Nei giardini della Costiera amalfitana, tra i terrazzamenti sul mare, negli orti  e, in particolare tra i pendii  di Agerola,  si  mescolavano  il profumo dei limoni e quello dei roseti, vari e unici nel loro genere per eccellenza di esemplari di  rosa gallica, canina e damascena.

Rose fresche e odorose, erano colte di buon mattino, ancora bagnate di rugiada e pregne  di tutto il loro profumo; ripulite dalle foglie e dallo stelo,  venivano pestate fino ad ottenerne  un succo lasciato poi a riposare per due giorni, chiuso in un recipiente ermetico per poi essere  distillato, a bagnomaria o a vapore.

Anche Trotula de Ruggiero, insigne medichessa della Scuola Medica Salernitana, apprezzò notevolmente i roseti del ducato amalfitano, non solo per il loro fulgore ma anche per le proprietà antibatteriche delle loro rose, da lei utilizzate per la preparazione della sua “acqua di rose” ottenuta dalla infusione di petali ed essenze.

Nel Rinascimento, grazie al fervore scientifico, l’arte della profumeria ebbe grandi estimatori e, tralasciando l’alchimia medievale, scopriva  la chimica per  migliorare la qualità delle essenze.

Firenze fu la capitale rinascimentale del profumo e nel percorso intrapreso fecero sicuramente scuola le indicazioni  di Caterina dei Medici, riportate nel suo manoscritto “Experimenti” del 1400, fonte indispensabile che molto  ha contribuito a formare i famosi Profumieri Fiorentini.  

Nel Cinquecento sarà infatti Caterina de’ Medici, giovane sposa del futuro re di Francia Enrico II, a introdurlo a corte e a influenzare la moda francese, elevando il profumo come espressione di stile e ricercatezza non solo nelle corti europee. Sovrana illuminata, per prima introdusse alla corte di Francia, nella prima metà del ‘500, il gesto di profumarsi, influenzando definitivamente usi e costumi dell’epoca e svelando ai più i segreti della pregevole arte della profumeria.

“I suoi raffinati pomander, preziose sfere ornamentali, indossate come ciondoli al collo, contenevano unguenti e pout-pourri di erbe e fiori composti dal suo profumiere personale Renato Bianco, divenuto nel tempo arcinoto col nome di Renee Le Florentin”. 

La tradizione “di profumi“ fu continuata a Firenze  dall’Officina Profumo Farmaceutica di Santa Maria Novella, una delle più antiche officine farmaceutiche del mondo, creata dai frati domenicani che preparavano essenze, unguenti e rimedi naturali creati con le erbe medicinali del loro chiostro sin dal  1221. Il laboratorio, per la preparazione e vendita di rimedi medici naturali e profumi, fu aperto al pubblico nel 1612. L’Acqua di Santa Maria Novella è la fragranza più antica dell’Officina Profumo Farmaceutica di Santa Maria Novella. Si tratta infatti del Profumo che Caterina de’ Medici commissionò ai frati domenicani nel 1533 e fu portato da lei in Francia in occasione delle sue nozze con Enrico di Valois.

Una tradizione profumiera portata avanti nei secoli …negli  anni ’80 del secolo scorso Giovanni Di Massimo, un  farmacista appassionato di erboristeria, creò nel cuore di Firenze “Spezierie Palazzo Vecchio”, dove venivano realizzati   profumi di nicchia .

Tra le essenze di altissimo pregio vale la pena ricordare “Rosa di Damasco”, una creazione “profumata “ di vera eccellenza, realizzata con la  rosa damascena, straordinaria  per le sue proprietà curative, per la bellezza della sua corolla, per la sua particolare fragranza.

In tal modo Shakespeare scriveva: “Cosa c’è in un nome? Quel che chiamiamo rosa anche se lo chiamassimo con un altro nome, serberebbe sempre lo stesso dolce profumo.”

E così  la passione per le essenze  e la predilezione per il profumo alla rosa  si diffuse in tutta  Europa…

A Grasse, una  cittadina della Provenza  a due passi dalla Costa Azzurra, ritenuta la capitale mondiale del profumo, l’arte profumiera ebbe un grande impulso  dalla moda lanciata da Caterina De’ Medici di indossare guanti profumati .

Il diffondersi di tale consuetudine trovò sostegno in due condizioni locali favorevoli, due ricchezze del territorio: la fiorente industria della conceria e la intensiva coltivazione di fiori, eccellenza  della economia del luogo. Quel territorio è rinomato per la grande abbondanza di Rose Centifolie, dette anche “rose di maggio di Grasse”. 

Nel 1987 la Maison Chanel intraprese la collaborazione con la famiglia Mul, produttrice di fiori della zona, creando una condizione di grande integrazione tra  l’arte autoctona di trasformare i fiori in profumo e l’ amore per la bellezza nutrito dalla  Maison Chanel, rimasto intatto nel tempo. Si creò così una autentica storia di fiducia e amicizia, tra due realtà storiche.

“La rosa di maggio comincia a schiudersi durante la notte, sviluppa sentori dolci, mielati e leggermente speziati”. Queste le parole con cui Olivier Polge, Profumiere Creatore di Chanel, ci racconta un fiore straordinario: la Rosa di maggio che prende il nome dal periodo in cui fiorisce ed è il fiore che con la sua fragranza  rientra nella formula del famosissimo profumo Chanel N°5 nel cui flacone di 30 ml contiene dodici rose di maggio e mille fiori di gelsomino.

Parliamo della Rosa Centifolia, originaria di Grasse, l’unico luogo al mondo in cui viene coltivato sin dall’inizio del XX secolo questo fiore incantevole, dal potere olfattivo intenso, che fiorisce solo una volta all’anno” ma che nella sua magia dura da secoli.

“Provence rose, Cabbage rose, rose of one hundred petals. Rosa centifolia. Choix des plus belles fleurs -et des plus beaux fruits par P.J. Redouté. (1833)” by Swallowtail Garden Seeds is marked with CC PDM 1.0

“rosa di paestum” by Radio Alfa is licensed under CC BY-NC-SA 2.0

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