Una rosa, tra sacro e profano

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-di Clotilde Baccari-

Una rosa è bellezza nei colori, nelle corolle, nello stelo e anche nelle spine; una donna è bellezza nell’aspetto, nell’anima, nella mente, nella passione e pure nel dolore. La bellezza diventa, così, denominatore comune tra due espressioni di compiutezza della natura: la rosa e la donna.

L’universo femminile trova una rappresentazione assai variegata che spazia dal sacro al profano, dalla passione al senso del tragico, dalla sensualità al gusto della trasgressione, in un filo conduttore che lega tutte le esperienze umane al meraviglioso mondo vegetale dei rosaisti che nei nomi delle loro rose  ricordano, non solo creature capaci di nutrire e suscitare emozioni ma anche figure femminili con ruoli primari, personalità di spessore nel mondo della cultura, della politica, della botanica.

Nella nozione di femminilità, intesa nella sua connotazione di bellezza,  il mondo delle rose diventa una chiave di lettura delle migliori pagine di storia dal momento che la regina dei fiori nella sua naturale versatilità è indissolubilmente legata a quella di tanti amanti del bello, collezionisti, produttori, vivaisti ed ibridatori soprattutto francesi che sin dal XIX sec, coinvolti dall’esotismo del tempo e invogliati dallo spirito empirico dell’epoca, produssero riusciti connubi botanici  dai nomi più vari legati al mondo per lo più femminile.

È questo il caso di Antoine Jacques, giardiniere di Luigi Filippo di Borbone, re di Francia e duca D’Orleans, il quale nella prima metà dell’800, presso il Castello di Nelly, realizzò delle rose ibride di Sempervirens, una specie di rosa sarmentosa, dai fiori piccoli e bianchi. Il rosaista realizzò due ibridi   di cui uno ebbe il nome di due martiri cristiane Felicita e Perpetua, nomi con cui furono battezzate anche le sue nipotine gemelle e un altro  venne catalogato con il nome di Luisa Maria Adelaide di Borbone, duchessa d’Orleans.

Il primo esemplare è una rosa molto bella, ricadente a ciuffi dai fiori bianchi con sfumature di color rosa cipria, contrastanti con il verde scuro e lucido delle foglie. L’attribuzione del nome delle due martiri cristiane al primo ibrido di Jacques richiama una tematica fortemente dibattuta dagli studiosi del Cristianesimo antico cioè la partecipazione femminile alla diffusione della nuova religione.

Perpetua e Felicita furono due tra le più illustri vittime delle persecuzioni contro i cristiani messe in atto dall’imperatore Settimio Severo nel 203 d.C. a Cartagine; l’una, donna patrizia, l’altra, sua schiava; la prima madre di un bimbo ancora neonato, l’altra in attesa di una bambina, partorita poco prima del martirio. Il grande coraggio nell’affrontare la morte delle due donne africane martirizzate si evince da Gli Atti di Perpetua e Felicita, un testo scritto in latino, forse, da Tertulliano in cui c’è un frequente riferimento al latte che acquisisce un valore metaforico come preannuncio all’entrata nella terra promessa, come ricompensa all’esperienza maritale, come rimando al concetto di fecondità e rinascita. Potrebbe essere stato proprio il color latteo della rosa, risultata dall’ibridazione, ad indurre il rosaista, suo creatore, a catalogarla con il nome delle due sante e a dare quello stesso nome alle neonate gemelle, sue nipotine, forse ripensando ai due orfani, ancora lattanti, di donne così coraggiose. Questa rosa rimane nella storia come ricordo di una tappa del lungo percorso della emancipazione femminile: l’adesione al cristianesimo come affermazione femminile che prescindeva non solo dalla condizione sociale ma anche dal ruolo di madre, di moglie, di figlia.

Antoine Jacques dedicò il secondo ibrido a Luisa Maria Adelaide di Borbone, duchessa di Orleans, figlia di Luigi Giovanni Maria di Borbone e di Maria Teresa D’Este, principessa di Modena e Reggio; fu la più ricca ereditiera di Francia prima della Rivoluzione francese. Sposò Luigi Filippo II, duca d’Orleans e fu  madre di Luigi Filippo, re dei francesi.

La rosa catalogata con il nome della duchessa d’Orleans è una varietà particolarmente adatta a ricoprire archi e a riempire con i suoi fiori i pergolati; si presenta in piccoli ciuffi di fiori rosa pallido  tendente al bianco. Ha un portamento flessuoso ed elegante che ricorda il regale incedere di  raffinate dame e le onde flessuose dei preziosi tessuti dei loro abiti…

Due rose, due storie, donne diverse una allegoria che celebra la vita, il giusto equilibrio tra gli opposti che si conciliano in  un solo fiore : quella  stessa rosa che compare nel dipinto di Tiziano, noto come “Amor sacro e Amor profano” in cui tra la Venere vestita e quella nuda  c’è la rosa che fa da trade union tra  passione e spiritualità, conciliando il sacro e il profano.

 

 

 

 

 

A. Barra, CC BY-SA 3.0 <http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/>, via Wikimedia Commons

A. Barra, CC BY-SA 3.0 <http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/>, via Wikimedia Commons

Amor sacro e amor profano ( Tiziano Vecellio, 1515- Roma Galleria Borghese) Sailko, CC BY 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/3.0>, via Wikimedia Commons

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