Il carciofo, il guerriero spinoso dal cuore tenero amato da Caterina de’ Medici

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Il carciofo(Cynara cardunculus L .var.scolymus)

“ Il carciofo mammarella, per sapore e per grossezza la madre di tutti i carciofi, era il protagonista del simposio. Se  ne preparavano centinaia. Se ne buttavano le foglie  nere carbonizzate e di quelle rimaste tenere e pallide si succhiavano i lembi cerulei. Non procurerebbe una giovane ragazza malandrina la stessa estasi. Il sapore della mammarella raccoglie insieme il sapore del bosco fitto e dei funghi mescolati a terreno umido appena scavato.” (D.Rea, Ninfa plebea)

Questa pianta oggi occupa un posto molto importante sia in cucina sia in fitoterapia; in realtà è una varietà del cardo mariano coltivato nella regione mediterranea.

Apprezzata dai consumatori per la carnosità delle sue foglie, deve la sua fama terapeutica alle proprietà digestive delle foglie stesse, larghe e molto dentellate, collegate al suo gambo. L’interesse della foglia del carciofo per curare le affezioni epatobiliari è stato dimostrato grazie agli studi compiuti da molti medici francesi durante la prima metà del XX secolo.

L’azione di aumentare la secrezione biliare del carciofo è attribuita ad una sostanza amara e aromatica: la cinarina. Particolarmente utile è nei casi di congestione o insufficienza epatica, quando ci si trova dinanzi a un fegato pigro, in casi di itterizia, quando si soffre di cattiva digestione.

Stimolando la secrezione biliare, il carciofo agisce anche sugli stati di stitichezza; in effetti la bile permette di attivare i movimenti intestinali.

La foglia del carciofo contiene anche steroli, magnesio, potassio…composti che agiscono in sinergia con la cinarina.

Il carciofo sembra stimolare la rigenerazione delle cellule del fegato quando queste ultime sono attaccate da sostanze tossiche. Se questo effetto  dovesse essere confermato da studi clinici controllati, la pianta potrebbe essere utilizzata come epatoprotettore per gli ammalati di cirrosi. Come per tutte le piante che stimolano la  cistifellea, il carciofo non deve essere utilizzato in caso di ostruzione delle vie biliari.

La storia del carciofo ha una derivazione mitologica.

Un mito narra della bellissima ninfa Cynara, chiamata così a causa dei suoi capelli color cenere. Era una  giovane molto avvenente ma orgogliosa e volubile; Zeus se ne innamorò perdutamente ma, poiché non corrisposto, sconsolato in un momento d’ira, trasformò Cynara in un carciofo spinoso così come era il carattere di lei. Va però detto che al pungente ortaggio restarono il color verde e  violetto degli occhi della bella giovanetta e il cuore tenero, come sa esserlo quello di una fanciulla.

Il legame con la mitologia non è casuale poiché la pianta è originaria del bacino del Mediterraneo orientale comprese le isole Egee, Cipro, l’Africa settentrionale e l’Etiopia dove tuttora si trovano  varie qualità di carciofi.

Il carciofo, il cui nome in latino è Cynara, era apprezzato dagli antichi romani e dai greci.

I nostri avi lo mangiavano ma di esso conoscevano una specie selvatica piuttosto dura, piccola  e spinosa, i cui fiorellini azzurri servivano per cagliare il latte nella produzione di formaggio .

Del carciofo troviamo traccia nell’opera di Plinio il Vecchio” Naturalis Historia” dove sono  messe in risalto le sue proprietà come depuratore tonificante, come afrodisiaco e come rimedio efficace contro la calvizie . Le proprietà del carciofo sono, inoltre, citate da Teofrasto nella sua” Storia delle piante”  e da Esiodo in “Le opere e i giorni “.

Nel ”De Rustica”  di Decio Bruto Columella leggiamo che veniva coltivato sia per scopi alimentari sia come pianta medicinale.

Il re egizio Tolomeo Evergete ( sec.III a.C.)  faceva mangiare grandi quantità di carciofi ai suoi sudditi, famosi per forza e ardimento, perché si credeva che dessero tali virtù.

Il carciofo è sempre stato associato, vista la sua forma, alle persone scontrose, “spinose”, tuttavia dal cuore tenero. Difatti il fiore del carciofo aveva ispirato anche ad Orazio il nome di una giovane amante, forse per il suo aspetto polposo e saporito ma forse anche per le spine delle brattee.

Nel Medio Evo non si conosceva il carciofo “moderno;” con molta probabilità gli orticoltori di quel periodo ripresero  o continuarono  la selezione iniziata probabilmente dagli etruschi, selezionando le piante e  cercando di trasformare il carciofo selvatico- o il cardo- in carciofo moderno.

Per secoli ignorato dalla massa tornerà alla ribalta alla fine del Medio Evo in seguito alle massicce importazioni dall’Africa e precisamente dall’Etiopia.

La tradizione vuole che sei stata Caterina dei Medici, in occasione del matrimonio con Enrico II di Francia,  a diffondere l’uso del carciofo in cucina; si dice che anche Luigi XIV, detto Re Sole, avesse consumato carciofi e si sa che nella seconda metà del 1400 l’uso di questa pianta venne introdotta a Napoli e  a Firenze. Secondo Pietro Andrea Mattioli, studioso senese, medico, botanico, traduttore, commentatore di testi  di farmacologia antica ,uno dei primi scienziati naturali dell’Europa sorta dal Medio Evo, nel 1500 il carciofo è diffuso in tutta la Toscana. I cuochi, al  seguito di Caterina dei Medici, ebbero anche il merito di far conoscere ai  francesi  i carciofi. Sappiamo che Caterina era ghiotta di carciofi e un cronista dell’epoca, Pierre de  L’Estoile,  riportava una  singolare notizia  nel suo “Journal” del 1576 “la regina madre mangiò tanto da scoppiare e si  sentì male come mai era accaduto prima.” Si diceva che ciò fosse dipeso dall’aver mangiato troppi cuori di carciofi di cui era molto ghiotta.

 

 

 

 

 

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