Memoria esterna di cose vere – Poesie di Evaristo Seghetta Andreoli

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di Denata Ndreca

Poesie scelte dalla raccolta In tono minore di Evaristo Seghetta Andreoli ( Passigli Poesia 2020).

Si fanno – voce – i versi del poeta Evaristo Seghetta Andreoli, preghiere disperse tra i calcinacci della speranza e spiraglio di vita. Si fanno – odore di terra e di campagna, corsa libera di un pallone che corre ancora nei ricordi insieme al tempo che passa sulla stessa aia. Si fanno silenzio – per il rumore del ramo di un albero vecchio che sta per cadere, sorso di-vino di un brindisi dal bicchiere della propria vita che ognuno deve bere. Si alzano per farsi – poesia – memoria esterna – di cose vere.

Il vecchio ciliegio

Sto aspettando il taglialegna: tra poco verrà,

per abbattere il vecchio ciliegio

– l’eutanasia per un albero malato –.

I rami rinsecchiti, il tronco ferito

meritano comunque una libagione

per l’ospitalità offerta agli storni.

Ma il tempo è poco, occorre fare in fretta,

e verso un po’ di vino nel fusto cavo.

Ecco l’accetta lucente che brilla

già in fondo alla strada.

Ho scelto febbraio per l’addio,

prima che le gemme illudano la primavera.

E quando a sera, la luna

non troverà più i rami da penetrare,

la sua luce glaciale striscerà

sui vetri del mio rimorso.

 

La chiglia

 La tua presenza, la mia memoria esterna,

il mio coraggio finito in esilio.

Ci sarà sempre un foro nella stiva,

un occhio di luce, uno spiraglio di vita.

Ci sarà, anche quando la chiglia incagliata

mi ricorderà che tutto diviene

e fermarsi è illusione.

 

Il «numero 7»

Quando muore un amico, perdi una mano, un braccio,

ti manca metà cuore.

Ne ho persi molti, di amici, lungo questa inutile via,

che percorriamo digrignando i denti, nella marcia

verso la direzione comune.

Oggi se n’è andato il «numero 7».

Era veloce, giocava sulla fascia.

Non avevamo un campo di calcio:

ci ospitava l’aia, tra penne di galline e paglia.

Non parlava il «numero 7». Sorrideva soltanto

se la palla finiva nel maggese.

E la vita aveva l’odore dei campi arati.

 

La chiglia

La tua presenza, la mia memoria esterna,

il mio coraggio finito in esilio.

Ci sarà sempre un foro nella stiva,

un occhio di luce, uno spiraglio di vita.

Ci sarà, anche quando la chiglia incagliata

mi ricorderà che tutto diviene

e fermarsi è illusione.

 

 

C’è

 C’è una bombola di gas arrugginita

nella capanna dell’orto, per scaldare

piantine gracili, ma ben radicate.

C’è una pozza limacciosa,

sufficiente alla metamorfosi dei girini.

C’è l’orma del mio passo

che pesta l’erba medica e solleva

profumo di malva e lavanda.

C’è vita sfumata di verde, di turchino,

sopra la collina, dove oziano i cinghiali.

Ci sono i ruderi della chiesa del Carmine:

qui, lucertole e ragni accompagnano

le mie preghiere, disperse tra i calcinacci

della speranza.

 

Evaristo Seghetta Andreoli (1953 a Montegabbione Terni). Poeta, autore delle raccolte: I semi del poeta; Morfologia del dolore; Inquietudine da imperfezione ; Paradigma di esse; In tono minore. È membro dell’Associazione Pianeta Poesia di Firenze, dell’Associazione Tagete di Arezzo e dell’Officina delle scritture e dei linguaggi di Perugia. Collabora con le riviste letterarie Testimonianze, Euterpe e L’area di Broca ed ospite di varie rassegne letterarie tra cui “Modena Poesia Festival”. Suoi scritti compaiono su varie antologie e “blog” letterari. Molte le recensioni sulle sue opere tra cui più volte su “La lettura del Corriere della Sera”.

Tra i premi e i riconoscimenti ricevuti, anche Premio Firenze Europa Fiorino d’oro e Premio Mario Luzi.

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