di Graziella Di Grezia-
Cristina Campo è stata una poetessa, scrittrice e traduttrice (1923-1977); in realtà il suo nome era Vittoria Maria Angelica Marcella Cristina Guerrini; nei suoi scritti sceglie di firmarsi con diversi nomi, Puccio Quaratesi, Bernardo Trevisano, Benedetto P. D’Angelo, Giusto Cabianca, la Pisana, la Pisana Correr, ma è passata alla storia con lo pseudonimo scelto a trent’anni di Cristina Campo.
Il suo “artiglio sinistro”, ossia una malformazione cardiaca congenita, segna tutta la sua esistenza, determinando una formazione quasi totalmente da autodidatta e in solitaria.
Il suo talento è stato già in giovane età scoperto e rivelato da suo padre, a cui scriveva:
“Papà non dubitare: scriverò, scriverò bene”
Ed è quello che Cristina Campo ha compiuto in tutta la sua vita, sia in ambito poetico che di traduzione, con una forza d’ animo inversamente proporzionale a quella fisica.
Libera nella sua mente cosi come nella sua vita, non si sposa mai, ma ama profondamente
“Che io non voglia mai chiederti amore”
dovrebbe essere il voto reciproco degli amanti,
la formula sacramentale delle nozze”.
Ma nella sua realtà si delinea in solitudine e in piena libertà:
“tutta la mia forza è la mia solitudine,
il mio andarmene sola per questi luoghi,
la libertà come un coltello tra i denti”.
Nella sua vita ha scritto poco, letto tanto.
Ha scritto bene e con una lucidità rara e una consapevolezza ancor meno diffusa tra scrittori e in particolare tra poeti:
“Bisogna vivere tutto fino in fondo.
Ogni volta che si torna indietro è
per tracciare un nuovo cerchio,
ancora e ancora finché non sia perfetto.
Vivere tutto con rispetto di sé […]
Il cerchio si traccia con la volontà di capire”
Oggi leggiamo Il maestro d’arco, versi brevi e profondi, che necessitano di una rilettura, una lettura ad alta voce, una rilettura ulteriore.
Proviamoci, il risultato è strabiliante.
Nel leggere più volte i versi vedremo comparire davanti ai nostri occhi l’arco e il suo Maestro.
E ognuno di noi potrà rinominare l’ Assente, che ha potuto incontrare o che incontrerà. E allora ci si potrà ricordare del Maestro d’arco.
Il Maestro d’arco
di Cristina Campo, 1954
Tu, Assente che bisogna amare…
termine che ci sfuggi e che ci insegui
come ombra d’uccello sul sentiero:
io non ti voglio più cercare.
Vibrerò senza quasi mirare la mia freccia,
se la corda del cuore non sia tesa:
il maestro d’arco zen così m’insegna
che da tremila anni Ti vede.
Giardino Bonaccossi, ottobre ’54, a B.B.