Il Venerdì Ri…leggiamo Poesia “or che son fuggita, ch’io muoia del suo male!”

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di Graziella Di Grezia

A ridosso della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne che ricorre Lunedi 25 novembre, rileggiamo una lirica della nota e anticonformista Sibilla Aleramo, pseudonimo di Rita Marta Felicina Faccio (Fossombrone 1876 – Roma 1960).

Donna dalle tre vite, che potremmo sintetizzare così: la prima, quella del matrimonio riparatore, del tentato suicidio della madre e del tentativo personale di compiere lo stesso gesto, finché decide di abbandonare marito e figlio e di trasferirsi nella capitale per una vera opportunità di rinascita.

La seconda, che coincide con la nascita di “Sibilla”, pseudonimo suggerito dal poeta Giovanni Cena con cui si unisce in relazione. Scrive, pubblica con gran successo di pubblico e si occupa sempre di più dell’ ambito sociale fino a pubblicare il primo manifesto letterario femminista.

La terza, il suo periodo parigino, in cui incontra poeti di grande fama (D’ Annunzio, Apollinaire) fino a Quasimodo e Boccioni; stringe una relazione con il poeta Dino Campana, tanto intensa, quanto tormentata. E’ questo lo scenario in cui nascono alcune liriche, tra cui quella che leggiamo oggi.

Entrambi artisti ribelli, alla ricerca di nuove forme di espressione e di un senso di libertà.

Sibilla si sente attratta dal genio di Campana, ma anche dalla sua natura tormentata, che porta a una serie di alti e bassi nella loro relazione.

I chiari problemi psichiatrici di Campana la inducono progressivamente ad allontanarsene, pur continuando a nutrire un affetto nei suoi confronti.

La loro storia è diventata un simbolo di amore romantico e artistico, ma anche un esempio delle sfide che possono affrontare gli artisti in relazioni tra loro. Sibilla Aleramo e Dino Campana rimangono figure affascinanti nel panorama letterario, il cui amore ha avuto un impatto durevole nella loro opera e nella cultura italiana.

Rileggiamo la lirica di questo amore tormentato, o meglio, di una relazione non sana, da cui ognuno di noi dovrebbe allontanarsi in modo lucido.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

8 dicembre 1916

di Sibilla Aleramo

 

Rose calpestava nel suo delirio

E il corpo bianco che amava.

Ad ogni lividura più mi prostravo,

oh singhiozzo, invano, oh creatura!

 

Rose calpestava, s’abbatteva il pugno,

e folle lo sputo su la fronte che adorava.

Feroce il suo male più di tutto il mio martirio,

ma, or che son fuggita, ch’io muoia del suo male!

 

 

 

Foto di pubblico dominio

( https://www.storicang.it/a/sibilla-aleramo-donna-e-scandalosa-voglia-di-vivere_15738

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