Grecia: La sosta poetica blu. La freschezza della poesia di Filomena Shedir di Paola

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-di Denata Ndreca-

La sosta del viaggio poetico lungo i Balcani, oggi è di colore blu. Blu come i versi del grande poeta Ghianni Ritsos, blu come la Grecia della poetessa di origine italiana Filomena Shedir di Paola, terra dove ha scelto di vivere e scrivere.

La Grecia

è una casa

di pietra

abbandonata

sotto il sole.

 

Essere una tamerice

che brilla nella luce.

Con l’occhio che schiude

sulle isole, il saluto

alle timide vele, la lingua

di vento che l’attraversa

e poi trapassa l’oleandro,

la palma, l’eucalipto.

 

Essere il suo dialogo

assorto col mare

Intenta a sentire

come la radice s’imbeve

di sale, come s’aggroviglia

alla terra rossa e brulla

come libera accoglie

le creature dell’aria

e il fiato delle stagioni

e la salmastra gioia.

 

 

Nata in questo corpo

gravido di pensiero

fedele al suo occhio

 

─al papavero che pulsa

e accende il petto ─

 

la mia vita non può essere

un’estranea che maledico.

 

La mia vita è una compagna

devota e cruda,

una domanda necessaria.

 

 

Il cipresso è morto 

e se ne sta in piedi,

in croce, dritto.

 

Avvizzite, sghembe

le braccia senza forza,

quasi una scultura goffa

non attira occhio che passa.

 

Che lutto nei rami storti,

che amaro nella corteccia!

 

Lo sguardo punta al cielo, l’aria

lo attraversa, il vento

lo trapassa, il sole lo indora

 

qualche uccello si addentra

nello sterile corpo e ci fa il nido.

 

Le radici intrecciate nel profondo

al compagno pioppo

che gli respira accanto.

 

Forse che tutto questo

potrebbe rinverdirlo?

Ma il cipresso è morto.

 

 

 

 

La mia bocca stanotte

è una nave

verso isole luminose

e i tuoi occhi

sono porti in festa.

 

Respira il mare

nella stanza.

Ubriacami

di risa e di vento!

 

Dammi ghirlande

di spuma marina

e un boccale

di fiori da bere!

 

Il sole entra, s’appoggia

sulla lingua

e si mette a cantare.

 

 

Nel prezzo del caffè

e del croissant di questo luogo

non è compreso nulla

di quel che l’ora

candida mi porge

sul suo palmo.

 

Non è compreso

il bagno di luce

a cui mi arrendo

 

il rinnovato dialogo

con l’eucalipto,

l’occhio giovane dell’olivo

le neonate margherite,

la tranquillità solare

di un giorno senza pretese.

 

Non è compresa

questa festa del sangue

che si distende a fiume

nelle vene

e mi sostiene

con la leggerezza di un aliante.

 

Tutto ciò che vale

è incalcolabile.

 

 

 

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