
di Marianna Giugliano-
Il bikini è stato uno di quei capi che, tra scandali e rivoluzione, ha segnato la storia.
Prime tracce di costume da bagno femminile a due pezzi con pancia scoperta e ombelico in mostra, sono state ritrovate in alcuni mosaici di Piazza Armerina in Sicilia dove vengono ritratte donne con costumi a due pezzi intente attività sportive.
Nell’età Vittoriana, assistiamo alla creazione di costumi interi che coprendo le gambe arrivavano fin sotto il ginocchio; alle donne era concesso nuotare soltanto a patto che nessuno le vedesse mentre si spogliavano, passando dal vestito al costume. Per questo motivo il cambio avveniva in una cabina che veniva trasportata in acqua per evitare che venissero violate norme comportamentali e morali. Negli anni Trenta inizia ad esserci qualche cambiamento: era permesso prendere il sole indossando una tuta in misto lana ed elastica, super coprente uguale sia per gli uomini che per le donne.
La rivoluzione vera e propria, però, si ha il 5 luglio 1946 a Parigi durante un concorso di bellezza: un ex ingegnere. Fu Louis Réard ad ideare il costume più piccolo mai realizzato fino a quel momento, indossato per la prima volta da una modella di nudo Micheline Bernardini, poiché nessun’altra modella ebbe il coraggio di indossare un capo così scandaloso per l’epoca. Fu proprio Réard ad utilizzare il termine “bikini” ispirandosi ad una laguna situata nel Pacifico in cui, quasi ogni settimana, venivano fatti degli esperimenti, in quanto era convinto che anche la sua invenzione avrebbe avuto lo stesso impatto di una grande invenzione. Da qui inizia il successo. Réard guadagna milioni e il bikini diventa il simbolo di rivolta da parte delle donne alle regole e limitazioni imposte fino a quel momento.
Il bikini, quindi, viene osannato e condannato allo stesso tempo ma continua ad essere indossato sempre da più donne, dalle ragazze del jet-set in Costa Azzurra alle località turistiche più rinomate. Il bikini entra a far parte del panorama mondiale anche attraverso pubblicità e film, accompagnato questa volta anche dagli occhiali da sole: ricordiamo il capolavoro Girl in the Bikini di Kubrick che celebravano la donna come un’icona di stile e felicità rappresentata in riva al mare, sempre sorridente e con
costumi con a stampe floreali.Nel 1966 il film One million Years B.C. diviene famosissimo per la locandina con una foto di Raquel Welch in un provocante costume di pelliccia; ricordiamo anche Ursula Andress nel 1962 in 007 Licenza di Uccidere ripresa mentre esce dall’acqua indossando un costume total white (poi venduto nel 2001 all’asta e utilizzato in un altro film della saga).
Nel 1964 la rivoluzione continua: Rudi Gernreich disegna il monokini: costumi a vita alta con due lembi super sottili che lasciano il seno scoperto indossato per la prima volta da Peggy Moffit come icona di un cambiamento che avrebbe portato alla moda del topless.
Negli anni ’90 poi è Karl Lagerfeld a presentare dei costumi ancor più ridotti: disegnati per Chanel e indossati da Christy Turlington e Naomi Campbell, presenta dei modelli che coprono solo i capezzoli e lasciano scoperto il seno.
I cambiamenti e le rielaborazioni del bikini continuano tutt’oggi e nonostante siano passati ben settantaquattro anni dalla sua comparsa, continua a destare scalpore e dividere il mondo tra chi lo ama e chi invece lo contesta. Prodotto del cambiamento dei tempi, il bikini è riuscito a liberare le donne da pregiudizi e tabù, facendo risplendere ancora di più la loro bellezza.