LA TRIONFERA’: LETTERATURA E FOTOGRAFIA

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Il romanzo LA TRIONFERÀ di Massimo Zamboni (edizioni Einaudi) è una fotografia. Anzi, per essere più precisi, è un rullino di immagini in sequenza cronologica che viste e lette di seguito raccontano di un paese, Cavriago in Emilia Romagna, e del suo sogno: il socialismo. Il paesino emiliano diventa una sorta di Macondo in miniatura dove tutti i personaggi sono legati al desiderio e alla voglia di sentirsi uniti attraverso progetto comune di società e civiltà in grado di trasformarsi in qualcosa di reale e concreto. Zamboni racconta dei cittadini di Cavriago e delle loro vite. Racconta che nel 1919 spedirono una lettera appassionata e corale a Lenin per mostrare la loro solidarietà alla Russia rivoluzionaria dell’epoca, e lo stesso Lenin per ringraziarli li cita in un suo discorso per lodarne il coraggio e la forza: non immaginava che il suo messaggio potesse arrivare in un piccolo comune dell’Italia. È realtà, ma potrebbe essere fantasia, e a noi lettori non importa: veniamo trasportati in quel mondo e vogliamo conoscere il finale, poco importa se non arrivi un epilogo che meriti di essere ricordato: l’importante è esserci. Il racconto corale di questo minuscolo comune e dell’Emilia attraverso le parole dell’autore diventa attuale e contemporaneo, ricordandoci i corsi e ricorsi storici del nostro Gianbattista Vico. Sognatori e realisti sono gli abitanti di Cavriago, testardi ed uniti da un fortissimo senso di unione e fratellanza, uniti da un sogno utopico che a tratti fa tenerezza ma colpisce per la sanguigna determinazione con cui cercano di affermare le proprie idee. Il libro scorre per istantanee, sono fotografie perfettamente descritte dall’autore che solo verso la parte finale del testo ci racconta quanto quelle immagini e quella realtà facciano parte della propria vita. E Cavriago sembra diventare, per magia, una parte di noi. Non deve sembrarvi strano se in una rubrica dedicata alla fotografia, scelgo di parlarvi di questo libro e del suo incedere attraverso delle Polaroid che in molti punti ricordano il percorso artistico di Luigi Ghirri. Il racconto parte da lontano per arrivare ai giorni nostri ed è incredibile quanto i nostri giorni siano vicini all’inizio del secolo, momento da cui parte questo album di ricordi.  Un testo che diventa una splendida lezione su come usare le immagini della nostra vita, ma che spiega meglio di tanti manuali il significato profondo delle immagini. Zamboni è un musicista e si legge chiaramente tra le righe del suo testo quanto la musica lo abbia aiutato nella stesura: la struttura del racconto rimanda più volte ad uno spartito musicale dove ogni nota ed ogni pausa hanno una loro profonda ragione di esistere proprio li nel punto in cui sono state posizionate. Un testo politico che ricorda un tempo troppo lontano che non andrebbe dimenticato mai, e poi i corsi e ricorsi storici sono dietro l’angolo: non dimentichiamolo.

Umberto Mancini

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