La provocazione di Rolling Stone

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Interessante “provocazione” fotografica quella che il mensile Rolling Stone propone con il numero di Luglio in edicola. In copertina un ritratto di Lorenzo Richelmy, giovane attore italiano diventato famoso con la serie Marco Polo trasmessa su Netflix. L’autore delle scatto è il famoso fotografo Giovanni Gastel. Fin qui tutto normale per un mensile storico di musica e life-style che dell’immagine di qualità ha fatto il suo vessillo e battezzato tanti fotografi divenuti in seguito molto famosi. La sorpresa però viene quando si chiude la rivista e si dà uno sguardo, spesso un po’ distratto perché sicuramente si tratta di una pubblicità, alla quarta di copertina (cosi si definisce la pagina che guardiamo quando chiudiamo una pubblicazione). Si scopre infatti che la foto è stata realizzata con un iPhone 7 Plus e non con una sofisticata e costosa fotocamera professionale. Sì, proprio il famoso smartphone della Apple, che nella sua versione più grande dispone di un evoluto sistema di fotocamere (ce ne sono addirittura due oltre a quella frontale) e di una versione speciale del software di gestione che consente di scattare in modalità “ritratto”, una modalità che senza richiedere all’utente troppe conoscenze tecniche, effettua uno scatto di grande impatto visivo, valorizzando il soggetto in primo piano e sfocando tutto ciò che è sullo sfondo.

È immediatamente chiaro che si tratta di pubblicità. Nulla da eccepire. Del resto sono convinto che la pubblicità sia un fondamentale ingranaggio dell’economia, per cui tutto ciò non mi fa storcere il naso. Detto questo, però, è indubbio che la”trovata” creativa faccia riflettere. Rolling Stone è una storica rivista mensile diffusa in tutto il mondo. Alcune sue copertine sono diventate vere icone grazie alle foto utilizzate e divenute famosissime. Annie Leibovitz, per esempio,  ha iniziato il suo prestigioso percorso artistico proprio con Rolling Stone. È un giornale dove la fotografia diventa il fulcro di tutta la pubblicazione. Dunque una pubblicità del genere, progettata in questo modo, cosa ci sta dicendo? Chiunque può sentirsi legittimato a definirsi fotografo solo perché la tecnologia consente loro di scattare buone immagini? Basta questo per essere fotografi?

Fotografare, dal punto di vista pratico, effettivamente è facile oggi. Con gli smartphone poi, tutti sanno scattare. Ma è sufficiente? No! Non lo è.

Porto con me un insegnamento prezioso che ho ricevuto a scuola. Quando la mia insegnante di lettere spiegava cosa fare per scrivere un buon tema, ci diceva che l’unico modo per riuscirci è quello di leggere molto, così da acquisire le necessarie informazioni e creare un proprio stile formale e letterario. Insomma imparare dal lavoro degli altri, quelli più bravi di noi.

In fotografia, per me, vale lo stesso principio: guardare molte foto, anzi “leggere” molte foto, quelle di altri fotografi, dei grandi, e cercare di interpretare la loro idea di fotografia. La lettura fotografica aiuta a comprendere  perché Cartier Bresson, ancora oggi, è considerato il maestro. Analizzare le immagini contrastate di Giacomelli per capire come imprimere riflessioni intime su pellicola. Così come bisogna incuriosirsi di fronte al progetto di un giovane fotografo e capire cosa ci sta raccontando, in quali mondo vuole guidarci.

Questa è la mia idea di scuola di fotografia. L’interpretazione del lavoro altrui apre la mente e predispone il proprio “terzo occhio” (per chi lo possiede) ad una visione delle cose e in una prospettiva tale che probabilmente neanche si immagina di possedere. E tutto questo indipendentemente dallo strumento che si decide di utilizzare per lo scatto. Evidentemente la tecnologia serve, ma non basta per pubblicare su Rolling Stone. E perché dico questo? Perché se dietro ad un iPhone mettiamo un grande fotografo come Gastel lo scatto sarà ancora una volta una eccellente fotografia. In questo caso, infatti, il ritratto di Lorenzo Richelmy è chiaramente opera di Giovanni Gastel. Non può essere di nessun altro. Quel volto che guarda di sfuggita verso l’obiettivo, la semplicità e l’eleganza di una composizione apparentemente casuale, ma armonica ed efficace, sono la cifra stilistica di un fotografo che ha costruito una luminosa carriera, proprio sull’eleganza fatta di naturalezza. E tutto questo  semplicemente utilizzando uno smartphone, perché un grande fotografo, con qualsiasi strumento a disposizione, riesce sempre e comunque ad imprimere il proprio stile agli scatti che realizza.

Probabilmente, alla fine dei conti, questa operazione è solo pubblicità, ma evidentemente basata su una strategia vincente perché, e questo non so se è voluto, sono riusciti a provocare una serie di riflessioni che coinvolgono molti settori come l’editoria, il mercato delle fotocamere (amatoriali e  professionali) la stessa professione del fotografo viene, in qualche modo, chiamata in causa. Una cosa è certa, ancora una volta, riceviamo messaggi più o meno chiari e decifrabili che il mondo cambia rapidamente e in qualche modo dovremo adattarci.

Complimenti a chi ha pensato questa pubblicità, che ha raggiunto sicuramente gli obiettivi preposti e addirittura è andata molto oltre.

La foto che accompagna questo articolo è stata realizzata con un IPhone.

Umberto Mancini

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