Il viaggio nelle foto e nella visione di Ferdinando Geremicca

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Alla perenne ricerca di cose interessanti di cui scrivere, nel mare magnum del web, ho intercettato qualcosa di interessante, molto interessante: le immagini di Ferdinando Geremicca –  fotografo calabrese, romano di adozione, ma con pezzi di cuore a Salerno dove ha studiato – e la sua “visione” attraverso il viaggio, inteso come strumento di ricerca e di conoscenza.

Ho visto le sue foto in alcuni articoli a supporto della giornata mondiale dei diritti dei bambini dello scorso 20 novembre e l’ho cercato attraverso la rete e i social network per chiedergli di farsi conoscere meglio e raccontare ai nostri lettori la sua “visione delle cose”.

foto di Ferninando Geremicca

Fotografia e viaggio: guardando il tuo sito sembra che questo connubio sia impossibile da scindere. È  così, o la foto è solo un pretesto per viaggiare? Mi spiego meglio: l’approccio al viaggio che si evidenzia nei tuoi scatti parte da un esigenza intima e personale o più semplicemente lavorativa?

Non saprei dirti quale delle due cose sia un pretesto per l’altra, ma vero è che si alimentano a vicenda e che il lavoro almeno finora c’entra poco. Prima di diventare un viaggiatore fotografavo ma non troppo, e prima che iniziassi a fotografare con più coscienza viaggiavo ma non troppo. Insieme le due cose sono esplose, e sono diventate entrambe un’esigenza interiore che richiede a gran voce di essere soddisfatta. La fotografia è il modo in cui riesco meglio ad esprimere me stesso, e il viaggio è la dimensione in cui riesco più facilmente ad essere me stesso. Cerco di fotografare in qualsiasi circostanza: dentro casa, ai compleanni dei miei amici, e mi diverto anche, ma è indubbio che i risultati migliori, almeno migliori secondo me, li ottengo quando sono lontano da casa. Forse perché il viaggio mi permette di entrare in un mood più ricettivo sia nei confronti di quello che sta davanti a me che di quello che sta dentro di me.

Quando ti viene commissionato un lavoro ti vengono fatte richieste particolari o riesci ad esprimerti liberamente?

Fortunatamente chi mi commissiona un lavoro sa bene quale sia la mia fotografia. Le richieste sono naturalmente puntuali e precise, ma allo stesso tempo finora mi è stato sempre chiesto di dare al “servizio” uno stampo di tipo reportagistico, sia fosse un evento che un’attività commerciale, quindi tutto sommato mi è concessa abbastanza libertà di espressione. Purtroppo però finora nessuno mi ha ancora commissionato un bel reportage in mondi lontani!! …quelli me li commissiono da solo.

foto di Ferninando Geremicca

L’africa e i mondi lontani sono i protagonisti della tua ricerca. Mal d’Africa o sono altre le motivazioni che ti spingono verso quelle terre?

Il mal d’Africa esiste, è reale e ne soffro cronicamente, ma probabilmente se dovessi provare a capire da dove arriva la spinta che mi muove, credo che la troverei nella stessa natura della mia ricerca, evidente anche nel nickname che mi sono scelto: inseguire l’infinita e variegata bellezza che risiede nella diversità, in una normalità diversa che magari risponde a regole del tutto differenti dalle nostre.  Una delle cose che più viaggio più mi appaiono evidenti, è il fatto che ci sono popoli che secondo i nostri canoni non avrebbero niente da ridere, eppure sono felici, inclusivi e condividono con gioia il poco che hanno anche con uno sconosciuto. Probabilmente loro hanno capito qualcosa che a noi ancora sfugge, e vorrei capirlo anche io. E, forse un po’ troppo ambiziosamente, magari riuscire a mostrarlo a tutti.

Quale è stata la principale soddisfazione che hai ricevuto grazie ai tuoi scatti?

In un periodo storico in cui misuriamo la nostra soddisfazione in base ai like e ai followers, la soddisfazione più grande che ho ricevuto è stata invece vedere qualcuno con gli occhi umidi ringraziarmi dopo aver visto qualche mia foto. Non capita spesso ma capita, ed ogni volta è per me un’emozione enorme.

foto di Ferninando Geremicca

Domanda che faccio a tutti ma mi interessa capire in che direzione si muove la fotografia e tutti quelli che sono dietro questo indotto: molti fotografi si stanno specializzando nella realizzazione di video o comunque provano ad entrare in questo settore. Ti attrae l’idea o non ti interessa?

Mai dire mai, ma al momento non mi interessa, e anzi, trovo che sarebbe solo una distrazione da quello che mi interessa davvero. E poi a dire il vero credo anche di non essere particolarmente portato: secondo me la videografia ha una semantica e un’estetica del tutto diverse dalla fotografia, e ne sono completamente a digiuno.

Instagram mi sembra di capire che sia fondamentale per far conoscere il tuo lavoro. È  così o sono altre le motivazioni che ti spingono a condividere le tue visioni?

Sono approdato relativamente da poco su Instagram, neanche un anno fa a dire il vero, e trovo che sia uno strumento formidabile. Lo storytelling è la cosa che sento più mia, il mio intento principale è raccontare storie, ma molte fotografie le ritengo valide anche se non fanno parte di nessuna storia, quindi rimarrebbero fuori dal percorso che ho tracciato: Instagram mi permette al contrario di metterle in vetrina ugualmente, e di mostrare foto che altrimenti rimarrebbero in un cassetto. Quindi si, da questo punto di vista è sicuramente fondamentale.

Editoria: realizzare un libro col proprio lavoro, è un ‘idea che ti attira? Se si su quale progetto lavoreresti?

Anche se fotograficamente sono nato nell’era del digitale, sono fermamente convinto che una fotografia inizi ad esistere davvero solo nel momento in cui diventa carta, quindi trovo che l’editoria sia un veicolo imprescindibile. Realizzare un libro mi piacerebbe molto, a dire il vero è una cosa a cui penso frequentemente, e le idee, le storie, sono tantissime. A quale progetto lavorerei? Al prossimo, naturalmente (ride n.d.r.)

foto di Ferninando Geremicca

Autodidatta o hai seguito qualche corso particolare?

Autodidatta. Ho studiato su tutti i libri possibili e osservato attentamente le foto di tutti i grandi della storia, e ancora continuo a farlo.  Il primo corso che ho fatto in vita mia l’ho fatto quest’anno ed è stato un corso di fotogiornalismo National Geographic: credo che sia stato quest’ultimo a dare l’impronta definitiva al mio stile. A chi inizia dico che purtroppo o per fortuna non ci sono scorciatoie, e che acquistare un libro è più importante che comprare il miglior obiettivo in commercio. E di insistere: come diceva il sommo Henri Cartier-Besson, “Le tue prime 10.000 fotografie sono le peggiori.”

Che apparecchiatura usi?

Ho sempre usato il sistema Canon, con il quale mi trovo benissimo: due DSLR e lenti per coprire ogni esigenza. Ma credo sia poco importante scegliere una famiglia o l’altra, gli strumenti più importanti di un fotografo sono la testa e gli occhi: sono convinto che Ferdinando Scianna con uno smartphone farebbe comunque foto migliori di me con una costosissima Hasselblad. J

Quali sono i tuoi fotografi di riferimento?

Imprescindibili nella mia formazione sono stati Ansel Adams, Sebastiao Salgado, Ferdinando Scianna, Kazuyoshi Nomachi, e in misura diversa tutti gli altri fotografi dell’agenzia Magnum, ma il fotografo che attualmente vorrei essere è senza dubbio Alex Webb.

Dove ti porterà la fotografia nei prossimo futuro?

Mi auguro ovunque! Scherzi a parte, spero che mi porti a raccontare storie sempre più emozionanti e a conoscere persone e popoli sempre più belli. E poi con alcuni amici fotografi abbiamo in mente un progetto di un collettivo fotografico, ma è ancora troppo presto per parlarne. Il nome è U.nfold, ma per ora non posso aggiungere altro.

Umberto Mancini

 

 

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