Cos’è mai felicità-
Giorni strani questi, giorni disperati, giorni inquieti. Dopo una troppo lunga reclusione, non osiamo sperare nel ritorno ad una qualche parvenza di normalità. Ancora troppo lunga ci pare la via ed il timore di una nuova ondata rimane in fondo a noi stessi, presenza silenziosa eppure ingombrante, nonostante sia in corso la campagna di vaccinazione, che ci fa intravedere finalmente la possibilità di uscire da questo lungo tunnel di paura.
Ma gli spettacoli che i media ci mostrano di altri paesi ancora privi delle dosi di vaccino sufficienti e l’ingordigia dei fabbricanti di quei vaccini ci fanno sempre temere il peggio. Non possiamo pensare di vaccinare solo i paesi occidentali, perché in quelli più poveri il virus prosegue inesorabile la sua corsa e muta, pericolosamente. Ed il virus mutato appare desolatamente inattaccabile dai vaccini oggi disponibili. Il mondo sembra impazzito, incapace di trarre la dovuta lezione da questa catastrofe immane che ci è caduta addosso e questo disgraziato liberismo, ancora, antepone il profitto ad ogni etica e ad ogni idea di solidarietà.
Il messaggio circa la necessità di cambiare, rimane, anche stavolta, inascoltato. Questa società delle diseguaglianze rimena pervicacemente attaccata ai suoi disvalori. E noi, davanti allo schermo dei nostri pc sembriamo gli avatar di noi stessi, catapultati in questa strana realtà virtuale cui non eravamo preparati.
Il pensiero si rifugia di continuo nel passato. Volti e voci scomparsi ci tornano in mente e si accavallano. Questo tempo senza una prospettiva sul futuro ci atterrisce. Torniamo al tempo dei sogni e delle speranze. E una domanda batte nelle nostre menti: siamo mai stati felici? E la felicità esiste?
Vorremmo ancora sognare che essa sia possibile, ma nelle condizioni dell’oggi, la parola stessa appare un’utopia, più di quanto non lo sia mai stata in passato. In fondo la felicità, sta, dice il saggio, nel desiderare ciò che abbiamo. Ma è questa una visione appunto assai poco romantica. Una visione che esclude il sogno ed esso è sempre stato per noi la molla che ci ha spinto ad agire. La vita è stata una continua rincorsa dei sogni, una ricerca di una felicità creduta possibile e di cui oggi ci sentiamo privati.
Ma a ben pensare anche nel passato la felicità è sempre stata una chimera. Ci accorgevamo d’essere stati felici quando quel particolare stato, quella particolare condizione dell’animo era già stata perduta. Possiamo dire, infatti di aver mai conosciuto la felicità? Raramente o forse mai. Talvolta è accaduto che, pensando al passato, qualcuno abbia potuto credere di averla provata la felicità. .
A riprova di tutto ciò, mi capita, qualche giorno fa, sotto gli occhi una breve poesia di una artista che tutti noi rimpiangiamo e che forse, grazie alla sua arte, ha dispensato a molti qualche breve attimo se non di felicità, almeno di spensieratezza. Mi riferisco ad Antonio De Curtis, in arte Totò, autore anche di canzoni e di versi, universalmente noti, quali ad esempio quelli di “A livella” o quelli della canzone “Malaffemena”. Ma i versi che ho scovato stavolta, non li avevo mai letti. La poesia si intitola, appunto “Felicità” e la riporto per intero, poiché è invero assai breve:
Vurria sapé ched’è chesta parola,
Vurria sapé che vo’ significà.
Sarrà ‘gnuranza ‘a mia, mancanza ‘e scola,
ma chi ll’ha ‘ntiso maje ‘e nummenà!
Come al solito i versi condensano in un breve lampo i concetti che altrimenti sarebbe troppo lungo esplicitare. E questa volta Totò, in luogo dei lazzi propri della sua maschera, ci regala un una piccola preziosa malinconia, una riflessione sulla vita e sulla eterna ricerca della felicità, che affligge tutti noi uomini. Ed anch’egli si pone la domanda sulla possibilità per noi uomini di essere felici. Domanda a cui stentiamo a dare una risposta. Forse la felicità sta proprio nel desiderarla.