
-di Giuseppe Esposito-Quando si giunse a settembre del 1943, Napoli era una città allo stremo, ferita e messa in ginocchio dai numerosi e pesanti bombardamenti subiti dall’aviazione alleata in quattro anni di guerra. I napoletani morti sotto quelle bombe ammontavano alla incredibile cifra di 25000 uomini. Anche i danni al patrimonio artistico erano stati ingenti. Si pensi alla basilica di Santa Chiara, rasa al suolo da un bombardamento il 4 dicembre 1942.
La popolazione era ormai ridotta alla fame e molti erano i senzatetto. Le reti idriche ed elettrica erano saltate e in città mancava l’acqua e la corrente. Il cibo era ormai scarso ed introvabile, perfino al mercato nero. I napoletani si aggiravano tra i cumuli di macerie disperati.
Infine l’8 settembre il Maresciallo Badoglio, posto a capo del governo il 25 luglio, dopo la caduta di Mussolini, annunciò per radio la firma dell’armistizio con gli alleati. In realtà quella firma era avvenuta il 3 settembre a Cassibile, presso Siracusa. Ed era già stata annunciata su radio Tunisi dal generale Eisenhower. Dopo quell’annuncio il paese cadde nel caos. Le forze armate furono lasciate allo sbando, prive di ordini degli alti comandi. I due generali responsabile delle forze armate in provincia di Napoli, Riccardo Pentimalli e Ettore Deltetto, si dettero alla fuga in abiti civili, consegnando di fatto la città ai tedeschi. La situazione era estremamente critica. I soldati italiani in città erano solo 5000 a fronte dei 20000 uomini della Wermacht.
Nella città stanca si erano già avuti diversi episodi di resistenza e di ribellione a quello che era improvvisamente diventato il nemico in varie zone, in via Foria, al Palazzo dei Telefoni, al Molosiglio, ed in piazza Plebiscito. Qui i tedeschi presero a sparare sulla folla che vi si era radunata facendo numerose vittime ed appiccando poi, per rappresaglia il fuoco alla Biblioteca Nazionale.
Numerose navi italiane in porto erano state affondate ed infine giunse, il 12 settembre l’editto in cui il colonnello Scholl dichiarava lo stato di assedio. Si imponeva il coprifuoco e si annunciava che per ogni soldato tedesco, ucciso dagli italiani, sarebbero stati fucilati 100 napoletani. Le case nei dintorni del luogo della uccisione sarebbero state rase al suolo. A parte questa ordinanza i soprusi tedeschi proseguivano senza sosta. In via Cesario Console furono fucilati 8 prigionieri, sulla scale dell’università fu fucilato il marinaio Andrea Mansi. Il 14 furono fucilati 14 carabinieri che avevano impedito ai guastatori tedeschi di sabotare il Palazzo dei Telefoni. Saccheggi e rastrellamenti acuivano sempre di più la rabbia dei napoletani.
Il 23 fu imposto lo sgombero della fascia costiera per una profondità di 300, mettendo sulla strade numerosissime famiglie. E giunse poi la goccia che fece traboccare il vaso. Quello stesso giorno con un’ordinanza affissa sui muri della città si ordinava a tutti i maschi di età compresa tra i 18 ed i 33 anni, di presentarsi per essere avviati al lavoro obbligatorio. Si trattava di deportazione in Germania della maggior parte dei napoletani maschi. All’ordine risposero solo in 150. Il resto della popolazione cominciò ad organizzarsi per una risposta armata ai soprusi dei tedeschi.
Si cominciò a fare incetta di armi, numerosi cittadini si raggrupparono in piccoli nuclei, che andarono poi, man mano, aumentando la loro consistenza ed iniziarono gli scontri coi tedeschi. Si combatteva in ogni zona della città, a Porta Capuana, al Maschio Angioino, al Vasto, al Vomero, a Chiaia, a Monteoliveto.
I tedeschi dopo vari rastrellamenti rinchiusero i prigionieri nello stadio del Vomero, allora ancora denominato Campo Sportivo del Littorio. Ma i rivoltosi, con a capo Enzo Stimolo, dettero l’assalto allo stadio riuscendo a liberare i prigionieri.
Molte furono le figure che si misero in evidenza a capo dei vari gruppi di rivoltosi. Ne ricordiamo qualcuno come Maddalena Cerasuolo alla Sanità, Antonio Tarsia in Curia al Vomero, il capitano Carmine Musella all’Avvocata, il tenente colonnello Ettore Bonanni a Materdei, il dottore Aurelio Spoto a Capodimonte, il capitano Stefano Fadda a Chiaia, l’impiegato Tito Murolo al Vasto.
Insomma, in breve la rivolta accese ogni zona della città, ad essa parteciparono uomini, donne e ragazzi. Persino la comunità dei “femminielli” di via Sangiovanniello, scese in campo. E la situazione divenne, per i tedeschi insostenibile. Troppi erano i fronti aperti ed il colonnello Walter Scholl, nella sede del Comando Generale Tedesco, al corso Vittorio Emanuele, si arrese a Enzo Stimolo. In cambio della liberazione di tutti i prigionieri gli fu concessa l’uscita libera dalla città.
Era accaduta una cosa eccezionale, senza precedenti in tutta Europa: l’esercito tedesco aveva trattato la resa di fronte a degli insorti, per la più parte dei civili.
Finalmente quando lo sgombero delle truppe tedesche era ormai avvenuto gli alleati fecero il loro ingresso in una città già liberata dalla rivolta del popolo napoletano.
Alla città, alla fine del conflitto, fu assegnata la medaglia d’oro al valor militare con la seguente motivazione:
Con superbo slancio patriottico sapeva ritrovare, in mezzo al lutto e alle rovine, la forza per cacciare dal suolo partenopeo le soldatesche germaniche, sfidandone la feroce, disumana rappresaglia. Impegnata in una impari lotta col scolare nemico, offriva alla Patria, nelle Quattro Giornate, di fine settembre 1943 numerosi figli. Col suo glorioso esempio additava a tutti gli italiani la via verso la libertà, la giustizia, la salvezza della Patria.
Medaglie d’oro al valor militare furono assegnate ai seguenti cittadini:
Gennaro Capuozzo (11 anni), Filippo Illuminato, Pasquale Formisano, Mario Minichini.
Medaglie d’argento al valor militare a:
Giuseppe Manzo, Giacomo Lettieri, Nunzio Castaldo, Stefano Fadda, Tito Murolo, Francesco Pintore, Salvatore Ponticelli, Amabile Rizzo, Giuseppe Sangez, Antonio Tarsia in Curia.
Medaglie di bronzo al valor militare a:
Carlo Abate, Maddalena Cerasuolo, Eugenio Frezzati, Carmine Muselli, Antonio Paolillo, Domenico Scognamiglio, Ciro Vasaturo.
Croci di gerra al valor militare a:
Lorenzo D’Alessandro, Francesco di Mastrorocco, Fortunato Licheri.
Come si vede, anche a posteriori fu riconosciuto come eroico il comportamento di praticamente tutto il popolo di Napoli. Ed oggi cade il 77° anniversario di quei lontani giorni di gloria e do orgoglio di un popolo umiliato dalla brutalità e dalla violenza cieca tipicamente teutonica.