Il FantaExpo che ha animato il Parco dell’Irno dal 5 all’8 settembre non è solo fantasy, cosplay, musica, games. E’ anche fumetto, con una ricca carrellata di autori che hanno contribuito a rendere vivace ed interessante la kermesse attraverso le conferenze al Teatro Ghirelli, momento di confronto e riflessione, ma anche l’incontro col pubblico. Particolarmente significativo è stato il dibattito dal titolo “Dopo Rat-Man: riflessioni sui formati e i generi del fumetto italiano contemporaneo” con Tommaso Vitiello e Ornella Savarese, moderato da Antonio Mirizzi.
Ne parliamo proprio con Tommaso Vitiello, autore, sceneggiatore, docente torrese, ma soprattutto grande conoscitore del fumetto e del suo linguaggio. Ha esordito con “La casa delle meraviglie”, finalista al Lucca Project Contest del 2008. Premio “Giancarlo Siani” per il graphic journalism l’anno successivo. Premio “Boscarato” per il Webcomic “I Gallagher” nel 2019. Con lui proviamo a capire dove stiamo andando e dove andremo a finire (fumettisticamente parlando).
– Tommaso, qual è stato il tema dell’incontro “Dopo Rat-Man: riflessioni sui formati e i generi del fumetto italiano contemporaneo” e quali le conclusioni.
La conferenza che doveva parlare della postserialità dopo Rat-Man ha avuto un una virata strana sulla serialità in generale – che poi in fondo era quello che volevamo dall’incontro – e su come viene gestita in Italia. Alla fine dell’incontro la cosa che ho trovato interessante è che forse è vero che il metodo di serialità italiano non è perfetto ma è quello che preserva di più gli autori perché poi parlando della serialità giapponese – e sappiamo tutti quello che succede per gli autori giapponesi o di quella americana dove il lavoro è meno di 30 tavole al mese – la possibilità di dare ai nostri autori, disegnatori e sceneggiatori, la possibilità di lavorare con più calma e di ottenere un prodotto molto spesso di un livello molto elevato dà la possibilità di lavorare bene. Il che preserva forse l’uomo mettendolo al centro della produzione invece del prodotto, che è una cosa strana pensarlo in Italia però forse è l’unico caso in cui succede.
– Spostando l’attenzione dagli autori al prodotto, dove sta andando il mercato?
Allora, ora dirò una cosa terribile: per quanto mi riguarda il mercato è fermo. Nel senso che non riusciamo a produrre in Italia, parlando soltanto ovviamente del mercato italiano, qualcosa di nuovo. Abbiamo Bonelli che ovviamente è il venditore principale, l’editore più importante italiano, principale forse no, ma quello più importante e più conosciuto a livello mondiale, che però difficilmente produce qualcosa di nuovo, è ancora fermo sulla sua serialità storica, che sono i vari Tex, Dylan Dog, Nathan Never, Dampyr etc. Quelle poche cose che escono però a volte sono veramente meravigliose come Dragonero (scritto da Luca Enoch e Stefano Vietti, disegnato da Giuseppe Matteoni, n.d.r.) che invece di utilizzare la serialità classica di Bonelli utilizza le saghe, quindi dodici numeri che hanno una storia complessa, continuativa.
Però poi in realtà noi abbiamo in Italia la fortuna di avere una serie di case editrici, della Panini alla Star Comics, che potrebbero sperimentare un po’ di più. La Panini per un periodo l’ha fatto, la Star Comics ci ha provato, però poi sono arenate. Perché il problema fondamentale è che in Italia abbiamo pochi lettori, inutile che ci giriamo intorno, il fumetto è una nicchia di una nicchia. Già in Italia si legge poco, e i lettori di fumetti sono meno di quelli che leggono i libri, quindi è tutto inutile. Se poi diciamo che c’è stata una crescita, e va bene, durante la pandemia, alla fine però gli introiti sono tutti molto relativi. Campano quelle tre o quattro case editrici grosse e poi ci sono una serie di case editrici piccole che magari vogliono anche sperimentare ma tecnicamente non hanno i soldi.
– Nella nicchia però c’è un settore manga che è letteralmente esploso in Italia…
Sì questo è vero, ma guardando i dati questa crescita notiamo che è avvenuta durante la pandemia. Perché? Io ho una teoria: essendo chiuso in casa il pubblico giovane poteva avere più facilmente accesso ai servizi in streaming laddove fra i servizi in streaming il prodotto più interessante è l’anime, che è pensato soprattutto per un pubblico giovane. E quindi ovviamente questi ragazzi, per dirla in maniera molto molto semplice, si sono “sfondati” di cartoni animati e dopo hanno voluto vedere il resto, passando ai fumetti. Il manga funziona perché è un prodotto crossmediale, è un po’ come quelli che adesso comprano i fumetti dei supereroi della Marvel perché li hanno visti al cinema. Molti dei lettori manga comprano manga perché hanno visto prima l’anime. Noi in Italia non abbiamo questa potenza, non abbiamo il prodotto crossmediale, non abbiamo la possibilità, per esempio, di fare il cartone animato di Dampyr. Hanno fatto il film, certo, ma sappiamo che non ha avuto tutto questo grande riscontro. Tornando al fumetto di Dragonero, almeno ci sta provando, perchè hanno fatto Dragonero Kids, che quindi è già un prodotto per pubblico più giovane, hanno fatto Dragonero il cartone animato, uscito per la RAI, che ha avuto pochi episodi ma almeno è stato un tentativo, e Dragonero il videogioco, quindi proprio come un prodotto crossmediale proveniente dall’Oriente, dal Giappone.
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