Presunzione di colpevolezza. Intervista a Ismete Selmanaj Leba

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Presunzione di colpevolezza è il nuovo libro di Ismete Selmanaj Leba, edito da Prospero Editore, con  prefazione di Rosetta Vitanza.-di Denata Ndreca-

Ambientato in Florida. Allison, una studentessa di infermeria, viene trovata con il collo spezzato nella stanza di Miky, un suo compagno di corso e tutti i sospetti cadono su di lui. Tutte le prove sembrano dimostrarne la colpevolezza e né gli investigatori, né gli inquirenti hanno dubbi che sia lui l’autore del delitto. Ma Miky si dichiara innocente e non potrà evitare la pena di morte. Ventiquattro anni dopo, un nuovo indizio fa riaprire le indagini e la verità sull’omicidio si dimostrerà molto più complessa di quanto si credeva. Una storia che fa riflettere su quanto sia fallibile la formula “oltre ogni ragionevole dubbio” e sulle tragiche conseguenze di un errore giudiziario.

Ne parliamo con l’autrice.

Come è nato questo libro?

Sono cresciuta in un Paese dove la pena di morte è stata in vigore fino al 10 dicembre 1999, data in cui è stata abolita inizialmente per il reato di omicidio e per motivi politici, mentre è rimasta in vigore nei codici militari per poi essere stata abrogata del tutto nel 2007. Attualmente in Albania la pena di morte non è prevista in alcun caso di reato. L’ultima esecuzione nel Paese delle Aquile risale nel 1992: nella piazza principale di Fier furono impiccati due fratelli, i quali durante una rapina in una abitazione a Libofshë avevano ucciso i suoi cinque membri… la vittima più piccola aveva solo 8 mesi. I corpi dei due ragazzi furono lasciati esposti per due giorni in uno spettacolo macabro visto da tutti, anche da bambini e ragazzini. Tutto, secondo gli schemi della dittatura di Hoxha che come quella bestia ferita a morte sferrava i suoi ultimi colpi di coda. 

Il Codice Penale del regime enverista prevedeva tra i reati punibili della pena di morte, 11 prettamente politici. Cosi, il regime eliminò tutti gli avversari politici facendo dell’Albania un Paese monista dove il culto dell’individuo aveva raggiunto livelli assurdi. Sono sempre stata convinta che la pena di morte sia una barbarie autorizzata dalla legge. Questo non vuol dire essere clementi con gli assassini. In Albania abbiamo un detto: “La morte è un coperchio d’oro”. Gli assassini non meritano questo coperchio, devono soffrire ogni giorno della loro vita per i crimini commessi.

L’idea di scrivere questo libro è nata pensando alle vittime innocenti della dittatura di Hoxha, della mia ferma consapevolezza che non si può dire “giustizia è fatta” quando è lo Stato a compiere lo stesso crimine per il quale condanna i criminali, e quanto sia fallibile la formula “oltre ogni ragionevole dubbio. 

Da storie ambientate in un piccolo paese come l’Albania, in realtà che si spostano nel grande continente democratico: l’America. Espansione o uguaglianza e rivincita?

Qualche anno fa ho letto un articolo riguardante la storia della pena di morte negli U.S.A e degli errori giudiziari legati alle esecuzioni capitali. Mi sono incuriosita e ho approfondito, trovandomi di fronte a uno studio di quattro ricercatori – due avvocati e due esperti di biostatistica – intitolato “Il tasso di condanna errata di imputati criminali condannati a morte” e pubblicato sulla rivista americana “Atti della National Academy of Sciences”, secondo il quale il 4% dei condannati a morte può essere innocente, ma la verità non verrà mai alla luce. Un altro studio ha concluso che negli U.S.A, dal 1983, sono state giustiziate almeno 23 persone innocenti: questi sono casi ufficialmente riconosciuti come errori giudiziari. Sono numeri spaventosi che gravano alla più grande democrazia del mondo.

Lei mi chiede se la mia idea di spostare l’ambientazione delle mie storie dall’Albania in America sia espansione o uguaglianza e rivincita. In un certo senso è una rivincita: la mia piccola Albania che ha vissuto per quasi mezzo secolo uno dei regimi più sanguinari al mondo, ha abolito la pena di morte, un orrore che non si addice a nessuna democrazia. La Nuova Costituzione del 1998 stabilisce il principio che “in Albania la vita umana è protetta dalla legge”. Anche se l’Albania sta vivendo in una fragile democrazia e ha le sue crepe, l’abolizione della pena capitale è un grande passo avanti verso la sua consolidazione.

Se l’errore è umano, il pregiudizio che cosa è? Quanto ha inciso nella sua vita la parola e il concetto di pregiudizio?

Il pregiudizio, secondo me, è un’opinione preconcetta che genera giudizi errati e molto spesso è conseguenza del non sapere, del non essere abbastanza informati. Nel mio caso, ma credo anche nel caso di tanti stranieri che vivono in Italia, è proprio questo rifiuto a priori di qualcuno nel conoscere le diversità tra culture che conduce ad avere paura dell’altro, che altro non è che il vuoto delle loro conoscenze.  La diversità tra culture non deve essere un impedimento ma qualcosa da valorizzare.

Ho subito tanti casi di pregiudizio ma non mi sono mai fatta intimidire. Nel mio piccolo, ho cercato di raccontare ai miei amici che ho trovato in Italia e anche tramite la mia scrittura, che le culture umane offrono un’incredibile varietà di usi, costumi e tradizioni che possono sembrare talvolta incompresi se osservati dall’esterno, ma se cerchiamo di conoscerli vedremo che sono affascinanti e molte volte pittoreschi ed esotici. In fondo, tutto il mondo è paese.

Il messaggio di questo libro?

Ci sono diverse vittime nella storia di questo libro: vittime innocenti uccise da assassini e vittime innocenti uccise dallo Stato. Non possono e non devono esistere omicidi di “diversi” tipi quando si tratta di porre fine alla vita di un essere umano. Un omicidio non può essere punito commettendo un altro omicidio e chiamandolo lecito. Non uccidere, mai!

Ismete Selmanaj Leba, laureata in ingegneria edile a Tirana nel 1991, vive in Italia dal 1992. Autrice di diversi romanzi pubblicati in Albania e in Italia, giornalista, interprete, traduttrice. In Italia ha pubblicato il romanzo “Verginità Rapite” e il thriller “I bambini non hanno mai colpe”, entrambi adottati come testo di studio all’Università di Palermo. Per il concorso letterario Lingua Madre ha scritto i racconti “L’amore dentro i bunker” e “Tutto, tranne il piacere”. L’ultimo romanzo “Due volte stranieri” (2019) è stato il Primo Classificato al Premio Internazionale Books For Peace.

 

 

 

 

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