-di Denata Ndreca
“Chi l’ha detto che a vendere porta a porta, dormire in un vagone merci, mangiare nelle Caritas, non si è felici”?
Dopo C’era una volta un clandestino, arriva al lettore il nuovo libro Che fine ha fatto quel clandestino? (edito da Pub Me – Collana Policromia 2021), di Eltjon Bida, nato a Bashkim, un piccolo paese di circa 600 abitanti in Albania.
Chi è Eltjon? Chi c’è dietro questi due titoli? Chi è questo ragazzo che ha fatto parlare di sé tanti giornali?
Quanto peso ha la parola clandestino per un giovane scrittore che ha lasciato la sua terra nel febbraio del 1995, all’età di soli diciassette anni, per raggiungere Italia-a bordo di un gommone? E soprattutto, cosa rimane di quella attraversata?
“Ero insieme a 25 altri disperati come me”, ci racconta Eltjon durante la nostra intervista. “Ricordo ancora quel terrore, ricordo ancora l’improvvisa voglia di abbracciare le persone a cui volevo bene. Volevo abbracciare la mia sorellina e la mamma. Quando vedi solo acqua, pensi alla morte e preghi Dio di continuo. Mentre attraversavo il mare mi veniva in mente la scomparsa di due miei cugini che come noi erano partiti con gommone qualche giorno prima di me. Di loro, non si è mai saputo la fine che hanno fatto. Ricordo le onde che ci venivano addosso, le facce terrorizzate dei compagni di viaggio, le mani ghiacciate; ricordo quando gli scafisti, a circa cento metri dalla riva, ci dissero di buttarci nell’acqua con tutti i vestiti e le borse, perché non potevano avvicinarsi di più. Siamo sbarcati tra Otranto e Lecce. Era buio. Era da poco passata la mezzanotte. Tutti erano bagnati e il freddo era tagliente come una lama di ghiaccio.
Ho sempre avuto una grande passione per la letteratura. Forse è questo che in un certo modo mi ha salvato e mi ha portato al mio primo libro: C’era una volta un clandestino (2018),un romanzo autobiografico. Ma dentro quelle pagine, non poteva stare del tutto la mia storia e quella degli altri quattro miei connazionali con i quali ho vissuto in un vagone merci. Tanti gli incontri, i scontri, gli amori e le passioni vissuti. Eravamo ragazzi come tutti, alla disperata ricerca del giusto posto nel mondo. Così, ho fatto nascere Che fine ha fatto quel clandestino, un libro che racconta di un periodo in cui si parla solo male degli albanesi (1997), e mi ritrova a dover ricominciare di nuovo da zero, confrontandomi con mio fratello ed i miei connazionali che rubano dalla disperazione e vogliono lasciare l’Italia per provare la fortuna altrove.
Malgrado tutto, sono tempi che l’amore sa rendere felici, sono tempi di scelte tra due ragazze. Sono tempi che mi insegnano che si può essere felici anche quando fai il venditore porta a porta, anche quando dormi in un vagone merci o mangi nelle mense della Caritas.
I miei, sono libri che nascono per far capire che forse uno straniero in un paese nuovo, all’inizio, può trovarsi un po’ spaesato e magari dalla disperazione, dalla fame, combina degli episodi poco piacevoli, ma poi piano piano, dandogli un’opportunità, diventa di casa, lavora sodo, rispetta le regole e paga le tasse.
C’è lo schiaffo e la rivincita dentro queste pagine?
“Con questa domanda mi fai svelare il finale del prossimo libro, che se nulla cambia, si intitolerà: Non più clandestino. Sì, ci sarà la rivincita, ci sarà il lieto fine, e ci sarà ciò che io voglio dimostrare, che noi “stranieri di una volta” possiamo integrarci ed essere parte di questo paese”.
Un finale che in tanti cercano di guadagnare giorno dopo giorno, anno dopo anno, sacrifici dopo sacrifici.