Viaggio nel Presepe napoletano: il castello di Erode

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-di Giuseppe Esposito-

Qualunque sia l’allestimento del presepe napoletano esso deve articolarsi, sempre, su tre livelli. Quello più in alto si divide in tre picchi montani, mentre quello in basso presenta tre grotte, con al cento quella della Natività. Il numero Tre rappresenta infatti, in qualsiasi cultura esoterica la perfezione, la sintesi che riconcilia l’unità alla dualità.

Sul picco in alto a sinistra compare il quinto elemento fondamentale della rappresentazione: il Castello di Erode. Ora tutti sanno che Erode non possedeva un castello e meno che mai uno posto sulla sommità del picco di una montagna. Egli godeva delle comodità di una sontuosa reggia posta in città. Ma il castello del presepe napoletano col suo cupo aspetto medievale, arroccato sui dirupi ed in posizione dominante sulle casupole della povera gente, rende bene il senso dell’arroganza, della presunzione e della tracotanza che si trasforma in odio. È insomma il più alto livello di aberrazione che può raggiungere l’uomo che ignora Dio e presta orecchio alla perfidia delle tentazioni del demonio.

Da quel castello in alto non si può che percorrere il sentiero in discesa verso gli inferi. Insomma, quel castello è uno dei simboli del male presenti nel presepe, ricorda la perfidia del re che ordinò la strage degli innocenti. Infatti, nel loro viaggio verso Betlemme, i Magi si fermarono presso Erode da loro egli apprese della nascita del Re dei re e fu allora che Erode, nominato dai Romani Re dei Giudei, cominciò a preoccuparsi per il suo trono.

Chiese così subdolamente ai Magi che, quando avessero trovato quel re appena nato, passassero poi da lui a dargliene notizie, poiché, a suo dire,  anch’egli voleva recarsi a rendere omaggio. Ma un Angelo avvertì i tre delle cattive intenzioni di Erode ed essi al ritorno percorsero una via diversa, senza passare dalla sua reggia.

Allora Erode, vistosi giocato dai Magi,  ordinò ai suoi soldati di uccidere tutti i maschi di Betlemme di età compresa tra zero e due anni.

Nella Cantata dei pastori, in lingua napoletana, troviamo l’accenno a quei fatti, nella tarantella di Santa Lucia, eseguita con la ciaramella e le percussioni:

Nascette lu Messia Nascette lu Messia puveriello, nu voia e n’aseniello pe’ vrasera. Nu ninno a st’ manera nascette ‘e chistu juorno pe fa dispietto e scuorno a farfariello. Ca chillu mariunciello nc aveva già afferrate e si ‘nc’avea pigliate, nc’arrusteva. Si ‘ntiempo nin veneva da lu cielo lu guaglione ca ‘essere squarcione se priggiaie. Ce fa venì a mente la lummenosa stella la bella rutticella e li pasture. ‘Nanza a maria sgravata pasture e pecurelle, cu ciciole e nucelle s’addenucchiaieno. E pure li tre Magge dalla luntana terra cu cu’ traine e carriagge se ne partettero. C’appena ca vedettero lu cielo allumenato dicettero era nato lu Messia. Ma Erode re birbante trasette già ‘mpauraca chella criatura lo spriurava. E san Giuseppe avette da cielo lu cunziglio e ne fuì lu figlio tanno pe tanno. Na vecchia fattucchiara addetta a li fatture ce retteno ‘ncunzegna ‘a criatura. Stì cose già se sanno, ma proprio chistu juorno nce volano accà attuorno  la memoria. E mo’ nce resta voce pe ve cercà licenzia pe dà sta’ bona audienzia a Santa Notte.

Nel presepe scorgiamo i Magi che si allontanano dal castello di Erode diretti alla grotta della Natività. Essi sono le sole figure che ogni giorno si spostano ed il loro spostamento deve avvenire da destra verso sinistra, poiché il  loro cammino  rappresenta lo scorrere del sole da oriente verso occidente e dunque anche il trascorrere del tempo.

Essi si muovono attraverso i sentieri del monte, attraverso i sentieri su cui si aprono le botteghe dei venditori che sono anch’esse simboli temporali, ognuno di essi rappresenta, infatti, uno dei mesi dell’anno.

Erode insomma, così come il Faraone, rappresenta nel simbolismo del presepe l’autorità illegittima e malvagia. È quel princeps huius mundi che nella liturgia è definito il forte, colui che si oppone al percorso che porta a Cristo, ma Cristo, che è il più forte, trionferà su di lui e sul male da lui rappresentato.

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