La Giustizia esiste per Marina Vannini, una madre che ha lottato per cinque anni affinchè giustizia fosse fatta per la morte di suo figlio. Una madre che sopravvive ad un figlio è già una tragedia, ma sopravvivere sapendo che il figlio è stato ammazzato, è un incubo. Dei peggiori.
Nel processo di appello bis, la Corte d’Assise d’Appello ha condannato Antonio Ciontoli, sottufficiale della Marina Militare, a 14 anni per omicidio volontario con dolo eventuale e la famiglia formata dai figli Martina e Federico Ciontoli e la moglie Maria Pezzillo, a nove anni e quattro mesi per concorso anomalo.
E’ questa la storia di un verdetto ridimensionato in appello, della Cassazione che annulla la sentenza d’appello e ordina un nuovo giudizio. E’ la storia di una madre e di un padre distrutti. E’ una storia fatta di omissione di soccorso. Di 110 minuti tra il colpo d’arma da fuoco esploso e la telefonata per allertare i soccorsi. E’ la storia macabra di tutta una famiglia, i Ciontoli, rei di aver avuto una condotta omissiva nel momento successivo all’esplosione del colpo da arma da fuoco, intenti a recuperare la pistola, riporla in luogo sicuro, eliminare le macchie di sangue con strofinacci, rinvenire il bossolo.
Menzogne, bugie, reticenze di una intera famiglia intenta, mentre il ragazzo moriva dissanguato, soltanto a cercare di inquinare le prove per evitare che il Ciontoli padre perdesse il posto di lavoro. Strano pensare che la stessa Martina, fidanzata di Marco, abbia studiato Infermieristica esercitando la professione di infermiera.
110 sono i minuti tra il colpo e la telefonata per allertare i soccorsi. 110 minuti sono quasi due ore.
Muore così Marco Vannini in una notte di maggio 2015, quella tra il 17 ed il 18. Nell’aria le promesse dell’estate. Ha ventun’anni Marco. Soltanto 21 anni ed uno sguardo pieno di sogni. E’ un bagnino di Cerveteri e si trova a Ladispoli, nella villetta della famiglia della fidanzata. E’ qui che viene raggiunto da un colpo di arma da fuoco. E’ qui che viene abbandonato al suo destino senza essere difeso e protetto almeno da colei che diceva di amarlo, la sua fidanzata, Martina.
A sparare, Antonio Ciontoli, il padre della fidanzata. Il ragazzo era nella vasca da bagno, il Ciontoli sarebbe entrato in bagno per prendere due pistole riposte nella scarpiera. Marco, secondo quanto ha affermato il Ciontoli, sarebbe stato interessato alle pistole facendo esplodere un colpo involontariamente che avrebbe ferito lo stesso Ciontoli. Soltanto 40 minuti dopo viene allertato il 118. Il motivo? Un ragazzo ha avuto un malore per uno scherzo. Intanto la fidanzata di Federico Ciontoli ha testimoniato dicendo che dopo il colpo partito, sarebbe stato proprio Antonio Ciontoli a rassicurare tutti di un colpo partito in aria mentre lei stessa aveva udito un tonfo pesante provenire dal bagno dove si sarebbero chiusi a chiave Antonio Ciontoli, la filgia Martina e Marco.
A chiamare il 118 è Federico Ciontoli, il figlio di Antonio.La conversazione viene continuata dalla madre che avverte il 118 che sarebbero stati richiamati se ce ne fosse stato bisogno. A mezzanotte passata nuova chiamata al 118, Ciontoli dice che c’è un ragazzo in una vasca da bagno feritosi con un pettine. L’operatore riferirà di aver sentito lamenti in sottofondo. Al PIT posto di primo intervento, il Ciontoli confesserà di un colpo partito accidentalmente.
Un elisoccorso porterà Vannini al Policlinico Gemelli, atterrando due volte per l’aggravarsi delle condizioni del giovane.
110 sono gli interminabili minuti tra il colpo esploso e la telefonata per allertare i soccorsi.
Muore così Marco Vannini, 21 anni ed uno sguardo pieno di sogni.