di Pierre De Filippo-
Il dodicesimo giorno di guerra non ci restituisce notizie particolarmente diverse da quelle degli ultimi giorni: ancora bombardamenti, ancora parole al vetriolo da una parte e dall’altra, ancora telefonate bilaterali, ancora dati drammatici da parte dell’ONU, ancora sfollati e ancora negoziazioni. Nulla di nuovo, verrebbe da dire. Anche la guerra sta, nel suo dramma, rifiatando.
E allora, forse è il caso di porsi qualche domanda più esistenziale, più essenziale rispetto alla natura di questo conflitto, alle sue origini, alle sue vere cause e alle sue possibili conseguenze.
Ci sono due fazioni che si scontrano nel mondo in questo momento: quella di chi crede che Putin sia un folle e quella di chi crede che, in realtà, abbia in testa un suo piano prestabilito, lucido e logico. Io, personalmente, rientro nella terza: quella di chi, non sapendo che pensare, sta fermo e aspetta di vedere che succede.
Putin è un pazzo, folle e sanguinario? Certo, questo lo abbiamo capito dai tempi di Aleksandr Litvinenko, l’ex spia russa e poi dissidente uccisa col Polonio probabilmente dal Cremlino o da quelli ancora precedenti dell’assassinio della giornalista Anna Politkovskaja o, guardando a tempi più recenti, al muscolare trattamento riservato ad Andrey Navalnky.
Vladimir Putin è uomo del KGB e tende a dimostrarlo sempre. In questo è lucidissimo, livido, implacabile. Nulla, però, in confronto con quanto sta accadendo in questi giorni: certo sì, nel 2008 aveva invaso la Georgia, nel 2014 s’era impossessato della Crimea ma era diverso, per motivi geopolitici e per motivi militari. Qui – lo ha detto a chiare lettere – vuole prendere possesso di un intero, libero ed indipendente Stato che confina con l’Europa. Una dichiarazione di guerra ad un Occidente che, certamente, non si aspettava di trovare così compatto.
Da questo punto di vista, sta compiendo certamente una follia derivante forse dalla ὕβϱις,– la tracotanza – che inizia ad emergere ad una certa età.
Secondo altri, invece, non ci sarebbe niente di sbagliato o di inceppato nella mente di Vladimir ma un lucidissimo piano strategico: stringere un Patto d’acciaio – sempre perché l’uomo dalla storia ha imparato solo che dalla storia non ha imparato nulla – con Cina, India e chiunque altri ci stia. Mondo democratico contro mondo autocratico e dittatoriale. Mondo libero contro mondo in catene. Mondo che decide in un batter di ciglia d’un tiranno contro mondo che decide lentamente perché “costretto dal costo del diritto”.
Una scelta di campo netta che vede, però, l’emersione di forme miste, di miscellanee, di contaminazioni, come sempre accade in questi casi: le democrature, democrazie muscolari di chi, magari salito al potere democraticamente, poi interpreta il mandato in maniera ruvida, per così dire.
La Russia, Putin lo sa bene, non è una grande potenza; non è una grande potenza economica – ha un Pil inferiore a quello italiano che, proverbialmente, non è che se la passi o se la sia mai passata granché –, non è una potenza commerciale, non è una potenza comunque la si veda. La Cina sì, l’India è una potenza demografica, la Turchia è una potenza strategica, l’Indonesia è una potenza finanziaria. Mettere insieme questo mondo potrebbe essere un modo per fare sistema, per compensarsi.
E poi, sì, c’è sempre il leitmotiv: se la Russia s’accordasse col Messico, che direbbe l’America? Vero, probabilmente storcerebbe il naso ma, oggi, non invaderebbe certo il Messico proibendogli l’accordo. E ma, nel 1962, con Castro…
Nel ’62 c’era il Muro, la Guerra fredda, la Cortina di ferro, Kennedy e Kruscev. C’era un mondo diverso che “prevedeva” determinate cose. Oggi, vivaddio, siamo andati avanti e certi paragoni sono sempre fuori luogo.
Dunque, è un genio o un folle? Forse entrambe, se è vero che in ogni genio c’è un pizzico di follia e che in ogni folle c’è un pizzico di genialità. Adesso, però, fermiamolo, che del resto poi se ne parla.
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