L’ora più buia

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di Giuseppe Cacciatore *

Leggo gli articoli di oggi della stampa quotidiana e con poche variazioni i titoli delle prime pagine esprimono una forte preoccupazione sugli ultimi eventi: “La guerra di Putin”, “Il Virus della guerra”, “Kiev non è sola”, “Putin scatena la guerra”. Le cronache poi sono a dir poco agghiaccianti. Lo zar Putin ha ordinato alle sue truppe di oltrepassare il confine e ha disposto il lancio contro l’Ucraina di oltre 300 missili che hanno provocato centinaia di vittime. Qualche giornale ha titolato uno degli articoli con la frase: “Il terrore e il fuoco arrivano dal cielo”. C’è tuttavia in questa espressione un eccesso – come ha opportunamente osservato il giornalista Massimiliano Amato – che “alterna banali contraffazioni della storia a vere e proprie mistificazioni” che diventano ancora più inverosimili quando si paragona Putin e la sua decisione di oltrepassare il confine con l’Ucraina, con l’invasione della Polonia proditoriamente invasa e occupata dalle truppe di Hitler nel settembre del 1939.

Il disegno di Putin è stato richiamato con esemplare chiarezza da Maurizio Molinari, direttore de “La Repubblica”: allontanare la Nato dai propri confini, aggregare le minoranze russofone che vivono nei territori delle ex Repubbliche sovietiche; cancellare l’indipendenza ucraina, consentire alla Russia di riscattarsi dalle aggressioni bolsceviche (sic!), comuniste, naziste, nazionaliste e occidentali subite.

Certo è che non si tratta di una guerra che sta coinvolgendo soltanto l’Ucraina – che lo zar Putin vuole punire per aver scelto nel 1991 con una stragrande maggioranza l’indipendenza dalla Russia – ma tutte le nazioni più o meno confinanti con la Russia. Per ora è toccato all’Ucraina, distruggendo in una sola giornata il suo potenziale difensivo a partire dagli aeroporti per finire con gli arsenali e i centri di comando.

C’è una profonda e vera considerazione di Norma Rangeri direttrice responsabile de “Il manifesto” e con essa chiudiamo: “Non c’è salvezza da questa guerra se non nella pace. Che non è una paradisiaca condizione originaria, ma qualcosa che cerchiamo di immaginare, un ideale. L’unico ideale per cui vale la pena di spendersi, di lottare, di credere. E  quella forza che l’Europa non ha, né militarmente né politicamente perché divisa tra cinismo e impotenza, può trovarla solo nelle sue opinioni pubbliche se saranno in grado di suscitare un’onda pacifista contro una guerra capace solo di nutrire se stessa”.

*Professore Emerito dell’Università Federico II di Napoli
Accademico dei Lincei

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