di Antonino Papa-
L’affermazione di Trump non è una sorpresa ma la conferma del default di fatto delle cosiddette “democrazie”.
Il lupo perde il pelo ma non il vizio, l’ondata di destra che ha sommerso l’Europa si è estesa fin negli Stati Uniti smentendo ogni più rosea democratica previsione di vittoria schiacciante di Kamala Harris.
Non si è trattato di un colpo di Stato inatteso bensì di una svolta annunciata che i media dell’establishment occidentale hanno cercato di evitare, in ogni modo, attraverso una smodata propaganda mirata soltanto ad irretire gli elettori definendo il Tycoon il male assoluto.
Il virus della “superiorità” delle sinistre democratiche
Il solito virus “tutto italiano” di una certa parte politica di auto-definirsi il bene, la cultura, la democrazia e la verità ha infettato anche i DEM americani, dopo aver fatto vani e virtuali proseliti in Europa, sempre grazie al controllo di media accondiscendenti.
Virus (o vizio) che anche il Presidente De Luca ha rinfacciato alla sua stessa parte politica affermando che tale condotta è la causa delle continue sconfitte delle sinistre democratiche (?), dichiarazioni che vale la pena ascoltare perché rappresentano la chiave per comprendere l’ascesa delle destre (che non sono di certo il “male assoluto”) che potete trovare a questo link: https://www.youtube.com/watch?v=gERHrjDf0QA (Il Fatto Quotidiano)
La perfetta sintesi di De Luca è già sufficiente per attutire il colpo mortale che la vittoria di Trump ha sferrato alle “democrazie” di tutto il pianeta; gli americani hanno inviato un chiaro segnale ed hanno dimostrato che il sistema può essere sconfitto e sovvertito e che un solo uomo dalle idee rivoluzionarie, coerente e concreto, vale più di mille luminari che inondano le masse di parole al solo fine di evitare di perdere il potere.
Due visioni agli antipodi
Durante la interminabile campagna elettorale americana sono venute fuori numerose analogie rispetto a quanto accaduto in Italia, l’inflazionato antiberlusconismo, evidente segno di assenza di idee, è stato applicato alla lettera anche dai democratici USA che, attraverso le parole di Kamala Harris, e dei media a supporto, hanno involontariamente “eletto” Donald Trump quale “Berlusconi D’America” la cui ascesa al potere era da evitare ad ogni costo.
Infatti, la campagna elettorale di Harris si è basata principalmente sull’anti-trumpismo più che sui programmi, tra l’altro già triti è ritriti, basati su quei presupposti imperialisti che hanno caratterizzato la presidenza Biden e che sono stati giustificati come “necessari per riportare la libertà e la democrazia in quei luoghi del mondo in cui il male aveva preso il sopravvento”.
Da qui il sostegno oltre la decenza ad Israele, il fiume di denaro pubblico speso per l’Ucraina, spinta in guerra anziché tentare la via diplomatica, nonostante il debito USA sia arrivato a 32.000 miliardi di dollari; la politica sull’immigrazione ripresa a piè pari dai precedenti provvedimenti di Trump, confermata anche da Biden che da un lato definiva l’avversario un “criminale” e dall’altro adottava gli stessi metodi alla frontiera con il Messico.
Non di minore importanza il disinteresse totale per il tessuto produttivo USA e la difesa delle big companies che hanno sedi produttive fuori dal territorio nazionale, la debolezza in politica estera ed i continui tentativi di “far fuori” Trump facendo risvegliare per ben due volte altrettante donne che avrebbero subito molestie dal Tycoon addirittura 20/30 anni prima…
In parole povere paura della voce del popolo, paura della vera democrazia, ecco quindi la demonizzazione dell’avversario dato per sconfitto già prima di partire.
Trump, invece, non avendo mai dovuto scendere a patti con nessuno, se non con se stesso, non solo è riuscito ad imporre la sua linea all’intero partito repubblicano, che si è compattato intorno a lui, ma anche a scuotere gli americani da quel torpore indotto dall’establishment dem finalizzato a spaventare l’elettorato senza contrapporre alcuna alternativa concreta.
Ed è stata proprio la concretezza dei contenuti nella campagna elettorale dei repubblicani che ha destato negli elettori indecisi, ma anche in molti democratici delusi, un senso di rivalsa sociale ed economica: sicurezza, lotta all’immigrazione illegale, riduzione della pressione fiscale, politica estera mirata a far tornare la pace nel mondo, dialogo con la Russia, sgravi fiscali per le aziende USA che tornano in Madrepatria e, soprattutto, il senso di appartenenza a quella che era una grande Nazione e doveva ritornare ad essere tale in ogni ambito, ecco perché Make America Great Again.
Trump è riuscito a ri-appassionare gli Americani alla politica, a dare una speranza concreta alle classi deboli e a far nascere quel senso di unione che negli States mancava da tempo immemore.
Soprattutto si è esposto come un uomo solo contro il sistema, e ciò è stato l’elemento fondamentale che gli elettori hanno apprezzato maggiormente, soprattutto le classi medio-basse.
Infatti, le vittorie con più ampio margine Trump le ha ottenute nell’America interna e “povera” (sia ben chiaro povera ma non ignorante), contrariamente a Kamala Harris che si è affermata nei grandi centri di business e nelle metropoli abitate da famiglie benestanti e classe imprenditoriale vicina al potere del momento.
Una lezione per le democrazie di facciata
Questa tornata elettorale negli Stati Uniti ha segnato il risveglio delle menti anziché il voto contro qualcuno, la supremazia della ragione nonostante il bombardamento mediatico senza sosta che elevava Trump ad icona del male e nemico della democrazia e della libertà.
Il vento proveniente dall’Europa ha iniziato a soffiare anche oltreoceano e gli americani, prima di andare a votare, si sono posti delle domande le cui risposte le hanno espresse applicando la vera democrazia: il voto secondo coscienza e non contro qualcosa o qualcuno. Chapeau Americans!