L’arroganza dell’ambientalismo

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di Giuseppe Moesch*

Caterina Maria Romula di Lorenzo de’ Medici, moglie di Enrico II, la Regina madre per antonomasia, avendo generato tre sovrani di Francia (Francesco II, Carlo IX ed Enrico III), giunse a Marsiglia l 23 ottobre 1533 ed il giorno 28 all’età di 14 anni sposò il suo coetaneo secondogenito di Francesco I. Aveva vissuto un’infanzia dura: morta la madre appena dopo la sua nascita ed il padre poco dopo, subì le vicissitudini delle guerre dell’epoca vivendo come ostaggio. Fu allevata in seguito in un convento dove fu finalmente accolta amorevolmente dalle monache; era molto magra bassina, gli occhi sporgenti come tutta la stirpe medicea, e per una malformazione poi corretta, rimasta sterile fino all’età di venticinque anni.

Oltre che per la rilevanza storica nella vita di Francia, è rappresentata dai francesi, come la regina che seppe dare una svolta ai costumi di quel Paese per la sua cultura variegata, nella sua biblioteca erano presenti oltre un migliaio di libri di diversissimi campi, era altresì nota per aver introdotto a corte, un nutrito gruppo di consigliori italiani, di cui si conoscono i nomi, ma tra i quali non figura nessun cuoco, e si tramanda anche in questo caso senza prove, che avesse introdotto molti dei costumi che aveva appreso nelle sue esperienze passate così come norme comportamentali quali cambiare i piatti tra una portata e l’altra, l’uso della forchetta e del tovagliolo.

L’unica notizia certa delle sue avventure a tavola è la partecipazione ad un ricevimento di nozze il 19 giugno 1575, durante il quale rischiò di morire per indigestione causata dall’enorme quantità di torta di fondi di carciofo e rigaglie di gallo che ingurgitò.
Che fosse amante della buona cucina, è cosa abbastanza certa, ma l’idea della sua responsabilità nell’evoluzione della cucina d’oltralpe non risulta certificata in alcun modo.
Se è vero che avesse portato con sé cuochi e pasticcieri, introducendo piatti della tradizione toscana e dolci napoletani e siciliani, oltre al fatto che sulla sua tavola figurassero le pietanze che amava particolarmente tra le quali la zuppa di cipolle, l’anatra al melarancio, e tutte le verdure, diffondendo l’uso di broccoli, asparagi, piselli, pomodori e carciofi, la salsa colla, ovvero la besciamella, imponendo la divisione tra piatti dolci e salati, si dice che dalle sue preferenze sia nata l’abitudine della cucina francese ad usare la soupe à l’oignon, le canard à l’orange, l’omelette, le crêpe, i marrons glacès, la panna montata, la crema frangipane, la crema pasticcera, lo zabaione, la pasta choux, il sorbetto di frutta, il gelato, il macaron e l’alchermes. Forse ce ne siamo dimenticati qualcuno, ma comunque tutti piatti di origine nostrana.

Non sempre però quelle sue preferenze sono state apprezzate; infatti, secondo Diderot, due secoli dopo, la sua presenza corte avrebbe permesso l’ingresso a una “folla di italiani voluttuosi” a suo seguito che introdussero una cucina esageratamente raffinata, descritta addirittura come “un ramo della lussuria”.

Secondo questa tesi, mentre “i sovrani francesi del passato erano riusciti a contenere la corruzione dei gusti, proprio, a partire dall’incoronazione di Enrico II, era dilagata come una marea”.
A distanza di quasi 500 anni la cucina francese viene considerata oggi la più blasonata insieme a quella italiana, cinese, turca e mediorientale in generale, ed anche se personalmente sono fermamente ancorato a quella della mia infanzia di mia nonna e mia madre. Ovviamente non posso dimenticare che quella cucina tradizionale è anche il frutto della presenza dei cuochi inviati in Francia dai Borbone a studiare, quelli che a Napoli chiamarono Monzù, e in Sicilia Monsù, storpiatura del francese Monsieur, che aggiunsero ai piatti tradizionali le varianti intervenute nel frattempo in Francia.

Certamente quella inglese non è certamente annoverata tra quelle preferite nel mondo; se solo mi soffermo sull’idea del porridge, penso di poterlo considerare alla stregua della frittura di cavallette, non tra le mie preferenze; tuttavia sono stati proprio gli inglesi i primi a lamentarsi della cucina presentata dagli organizzatori delle Olimpiadi di Parigi e sono stati i primi a denunciare la povertà di proteine, penuria di carne, e la scarsità delle porzioni elargite agli atleti, che non sono a Parigi per una prova costume, ma che abbisognano di una dieta particolarmente calorica, se solo si pensa agli sforzi che devono compiere non solo i lottatori da 170 kg ma anche le esili ginnaste o tuffatrici che compiono sforzi significativi spendendo grandi energie.

Sappiamo che sono stati reclutati chef stellati per organizzare le mense, ma quello che appare incomprensibile è come venga negato agli atleti di prendere cibo a sufficienza: non più di tre ravioli, non più di un muffin al cioccolato a testa.
Capisco che possa apparire oneroso eccedere sulla quantità di cibo da offrire, ma credo che ritenere che l’organizzazione che Macron ha messo in moto non potesse e dovesse essere condizionata da processi ideologici, come invece appare allestendo alloggi per gli atleti che presentano vistose défaillances dalla mancanza di aria condizionata, ai letti di cartone, ai materassi durissimi che rendono difficile dormire.

La foto dell’atleta italiano Ceccon che dorme all’aperto sotto un albero a ridosso di una panchina, ha fatto il giro del mondo e pare che non sia stato il solo, e alcune squadre hanno deciso di trasferirsi in albergo.
Anche i trasporti appaiono disastrosi; certo sono atleti ma dover percorrere lunghi tratti sotto il sole per non inquinare appare quantomeno bizzarro.
Non mi risulta che nei giorni di gran caldo all’Eliseo e negli altri Ministeri sia stata spenta l’aria condizionata o che agli autisti delle auto di servizio sia stato imposto di viaggiare con i finestrini aperti e i condizionatori spenti.
Dulcis in fundo la megalomania degli organizzatori, in attuazione della volontà dell’aspirante Imperatore d’Europa, si è manifestata nella scelta di rendere balneabile la Senna.

Attraversa quattro regioni, tredici dipartimenti, una ventina di chilometri nella capitale; fino alla fine degli anni ’60 del secolo scorso la Senna, come anche il Tevere, era ancora balneabile dopo di che ‘inquinamento e l’incuria hanno preso il sopravvento.
Pompidou tentò di intervenire con scarso successo, ed oggi Macron ha ritentato l’operazione investendo un miliardo e mezzo di euro.
Il problema nasce dal fatto che su un percorso di circa 780 chilometri dalla Borgogna alla Manica, potrebbe sembrare velleitaria la proposta considerando che a monte sono presenti scarichi diretti nel fiume nelle zone rurali e dalle case galleggianti, mentre nella zona di Parigi, gli impianti di trattamento fognari non reggono agli eccessi di acque in caso di condizioni meteo avverse quando la pioggia trascina le acque superficiali verso gli stessi impianti di depurazione, che non reggono l’impatto e, di conseguenza, scaricano direttamente nel fiume.

Si è ritenuto che costruendo un contenitore detto bacino di Austerlitz, si sarebbe potuto stoccare l’eccesso di acqua non trattata e si è così costruita così una vasca di deposito alta circa 30 metri e un diametro di 50, per un volume di circa 46.000 metri cubi.

Ovviamente se dovesse piovere molto la quantità da stoccare sarebbe sicuramente molto maggiore e la vasca insufficiente, vanificando il progetto: è ciò che è accaduto.
Credo non sia difficile cogliere alcune indicazioni da quanto sopra; l’interesse dei governanti alla Macron, passa attraverso un consenso di facciata basato sui social.
Le sacrosante richieste della gente normale, passa attraverso la risoluzione dei problemi, e non della propaganda e della finzione.
Noi tutti desidereremmo vivere in un mondo pulito, rispettosi degli altri, con scelte condivise.

I politici che non offrono l’aria condizionata agli atleti di oggi ed ai futuri utilizzatori di domani di quegli alloggi, vivono e lavorano in strutture che la utilizzano e lo fanno con ipocrita demagogia.
Costringere a nuotare in una fogna atleti che rischiano la loro salute come sembra essere accaduto ai componenti della squadra belga di triathlon, è il tentativo di cercare consenso ed è ipocrita demagogia.
Proporre ed imporre alle Olimpiadi regole di alimentazione sana come strumento educativo è idiota oltre che ipocrita demagogia.

Nell’antica Grecia, a partire dal 776 a.C. si sono tenute 292 edizioni dei Giochi olimpici; nel periodo in cui si tenevano le competizioni erano sospese le guerre gli scontri avvenivano tra atleti che erano anche eroi e campioni delle varie fazioni. Nel nostro tempo accade il contrario e forse, approfittando della distrazione offerta dai giochi, sembra accadere il contrario.

Da quello che sembra un lontano passato, sembra tuttavia che la loro origine nasca da più lontano si pensa ad un periodo intorno al 1500 a.C. con le prime taurocatapsie ovvero volteggi sui tori, che ci ricorda una delle odierne specialità dell’atletica leggera quale il volteggio al cavallo con maniglie, alla lotta, pugilato, corse di quadrighe, in particolare a una di quelle più note come lo scontro tra Pelope e Enomao, padre di Ippodamia di cui il primo era innamorato, che gli sarebbe stata concessa in sposa in caso di vittoria.

Tutto il mondo è paese e già da allora si cercava di aggiungere alla bravura un piccolo aiutino che nei tempi recenti si è identificato con il doping per il quale oggi ci sono controlli strettissimi.
Per vincere Pelope convinse Mirtilo, auriga di Enomao, a sabotare il carro del rivale, e per non permettere all’uomo di rivelare il segreto, lo uccise anche se Ermes lo celebrò trasformandolo nella costellazione dell’Auriga.
A noi resta oggi la Formula Uno, dopo esser passati attraverso le corse con le bighe al Circo Massimo.

Gli eroi, i campioni del passato così come quelli di oggi che offrono le loro fatiche per onorare il confronto tra le potenzialità di tutte le donne e gli uomini della terra, senza distinzioni di sesso, di razza, di confessione e di credo politico, sono stati offesi da un tentativo della politica ideologizzata per affermare con arroganza distinzioni ideologiche che umiliano lo sport ma principalmente l’intera umanità.

 

 

*già Professore Ordinario presso l’Università degli Studi di Salerno

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