di Giuseppe Esposito
Sono, quelle riportate nel titolo, parole di Antonio Gramsci, che provò sulla propria pelle la durezza del regime fascista, negli anni Venti e Trenta del secolo scorso. Ma la realtà di oggi sembra voler avvalorare quella considerazione. Infatti, il regime di cui fu vittima Gramsci é quello nato parallelamente in Germania, ossia il Fascismo ed il Nazismo, che tanti danni arrecarono all’Europa ed al mondo intero, affondarono le radici negli accordi di pace di Compiegne, alla fine della Prima Guerra Mondiale.
Quegli accordi siglati evocativamente nel vagone ferroviario di Compiegne vollero umiliare la Germania sconfitta, imponendole risarcimenti per i danni di guerra, talmente onerosi da spingerla in una spaventosa crisi economica. In quella voluta umiliazione germogliò il seme del nazismo ed Hitler ebbe gioco facile a promettere ai tedeschi un riscatto e la creazione di una Grande Germania.
Quanto all’Italia, il Fascismo di Mussolini si nutrì del mito della vittoria dimezzata, in un paese stremato dallo sforzo bellico sostenuto.
Oggi, mutatis mutandis, ci troviamo di nuovo in una situazione simile. Quanto accaduto dopo Compiegne pare si sia replicato a partire dagli anni Novanta, a ridosso cioè del collasso dell’Unione Sovietica. Alla fine del socialismo reale la Russia e tutti gli ex paesi del patto di Varsavia, furono precipitati in una profondissima depressione. Ma mentre gli altri paesi furono aiutati dagli Usa a stabilizzare la moneta con la sospensione delle scadenze del debito, con l’alleggerimento degli oneri del debito nel lungo periodo e da prestiti di emergenza, per la Russia di Gorbaciov e poi di Eltsin, essi si rifiutarono di fornire gli stessi aiuti. Gli americani decisero che l’avversario, la potenza che aveva loro tenuto testa durate il lungo periodo della guerra fredda, doveva essere annientata.
Il vecchio schema del primo dopoguerra si è dunque ripetuto. L’orgoglio russo è stato messo a dura prova e si sono gettati i semi del revanscismo russo e dell’affermazione di Putin, che come Hitler in Germania, a i suoi tempi, ha promesso ai russi la rinascita dell’antica potenza.
Questa è anche l’opinione di Jeffrey Sachs, direttore dello Earth Institute della Columbia University, membro anche dell’Accademia Pontificia, dove è stato nominato da Papa Francesco nel 2021.
Quel Papa Francesco che, quasi isolato tra il grigio conformismo dei miseri guerrafondai in cui i nostri rappresentanti politici si sono trasformati, ha osato proclamare la correità degli Stati Uniti nello scoppio della guerra russo-ucraina, ricordando che per anni essi hanno spinto la NATO ad abbaiare sulla porta della casa Russia. Una realtà, questa, da cui non si può prescindere, se davvero si vuole giungere ad una composizione dello scontro in atto.
Quanto a Sachs, che conosce bene la Russia per essere stato consigliere del Cremlino tra il1990 e il 1993, prima cioè dell’avvento di Putin, risponde in un’intervista al Corriere della Sera al quesito sollevato, sullo stesso giornale, in un articolo del 23 aprile. Il quesito riguardava gli eventuali errori commessi dall’Occidente nei confronti della Russia a partire dal 1990, cioè dal crollo del muro di Berlino, al collasso della Unione Sovietica e durante la tremenda crisi economica in cui si era avvitato il paese.
Da questo primo quesito discende un secondo interrogativo, cioè se sia giusto imporre alla Russia sanzioni sempre più dure. Risoluzione voluta dagli USA es a cui l’UE si è supinamente accodata.
Il pensiero di Sachs in proposito è espresso con queste parole:
“Accanto alle sanzioni abbiamo bisogno di una via diplomatica, negoziare la pace è possibile sulla base dell’indipendenza dell’Ucraina, escludendo la sua adesione alla NATO.”
Gli americani, secondo Sachs, stanno commettendo un errore che potrebbe rivelarsi esiziale e cioè pensare che la NATO possa sconfiggere la Russia, trascurando il fatto che Putin controlla migliaia di testate nucleari. Un atteggiamento così ottuso sembra essere oramai tipico dell’arrogante e miope politica americana. Un sentimento di cupio dissolvi sembra aver preso possesso degli americani che mostrano di essere disposti a combattere, o meglio a lasciare che si combatta fino all’ultimo ucraino.
Non sarebbe meglio cercare la pace, invece di distruggere l’Ucraina, nel tentativo di annientare Putin?
Si sente ripetere fino alla nausea che è Putin a non volere la pace ed a voler perseguire la guerra totale all’Ucraina. Ma, secondo Sachs, sono gli americani ad essere più riluttanti ad una pace negoziata.
Le intenzioni russe sono chiare. Putin vuole l’Ucraina neutrale e la possibilità di accedere ai suoi mercati ed alle sue risorse. Forse alcune delle mire russe sono inaccettabili, ma quali siano gli obbiettivi americani non è mai stato detto in maniera esplicita. Possiamo solo ipotizzare che essi vogliano l’Ucraina completamente spostata nel campo occidentale dal punto di vista economico, militare e politico. Lo scoppio della guerra è legato proprio a tale concezione circa il futuro ucraino.
A tal proposito, Sachs ricorda che quando, all’inizio del conflitto, Zelenskij si espresse favorevolmente ad una neutralità ucraina, da oltreoceano ebbe come risposta un silenzio di tomba. A quel silenzio è seguito poi il tentativo di convincere gli ucraini che essi possano avere la meglio e sconfiggere Putin. Nessuno che si soffermi a riflettere sul fatto che solo l’idea di poter sconfiggere un paese che dispone di tante testate nucleari è di per sé una follia. Eppure sembra essere proprio questo l’obbiettivo degli americani.
Quanto poi all’idea di processare Putin, per crimini di guerra, davanti ad una corte internazionale, dimostra tutta l’ipocrisia della politica americana ed occidentale. Si trascende sul fatto che se si vuole Putin alla sbarra occorrerebbe mettergli accanto, sul banco degli imputati George W. Bush e Richard Cheney per l’Iraq, Barak Obama ( assurdo Premio Nobel per la pace) per la Siria e la Libia ed infine Joe Biden per aver sequestrato le riserve di valuta estera di Kabula gettando nella fame un paese intero come l’Afghanistan.
Come si vede l’unico obbiettivo da porsi è la pace, poiché nessuno è innocente e questo atteggiamento manicheo che prevale in occidente ed anche nel nostro paese di dividere i contenenti in buoni e cattivi è assolutamente fuori luogo.
Si tenga inoltre presente che siamo nel pieno di una guerra per procura tra due potenze espansioniste quali la Russia e l’America e che, oltre all’Europa, al Giappone ed alla Corea del Sud, accanto agli Stati Uniti non si è schierato alcun altro paese del mondo. Gli altri vedono nella guerra in corso la rappresentazione plastica del comportamento colpevole delle grandi potenze. Comportamento che essi disapprovano.
Invece nei mezzi di informazione prevale il gioco di ricordare come la Russia sia l’aggressore e trascurare le provocazioni subite da parte dell’America.
Si dimentica completamente il fatto che, nel 2021, mentre Putin chiedeva agli USA di negoziare l’adesione dell’Ucraina alla NATO, Biden rifiutò di discutere ed inoltre fece ribadire l’impegno NATO in favore dell’accoglienza dell’Ucraina in seno all’alleanza e continuò a spedire nel paese fiumi di armi ed a coinvolgerlo nelle esercitazioni militari NATO, come se già ne facesse parte a pieno titolo.
Biden è colui che provoca Putin con la presenza americana in Ucraina e poi grida al pericolo, insieme all’Australia, per la sicurezza quando la Cina sigla un accordo con le minuscole isole Salomone, sperdute nel Pacifico a tremila chilometri dalle coste australiane.
Una tale ipocrisia deve essere dismessa. Se si vuole salvare l’Ucraina occorre giungere ad un compromesso al più presto possibile. Un compromesso in base al quale la Russia dovrebbe ritirarsi e la NATO rinunciare a qualsiasi progetto di allargamento ad est, come già promesso a Gorbaciov nel 1990. Promessa disattesa disonorevolmente.
Ma ad un simile compromesso gli USA si oppongono e stanno spingendo l’Ucraina a combattere per difendere le mire e gli interessi della NATO. Atteggiamento criminale che potrebbe portare alla distruzione dell’Ucraina stessa quale nazione.
Per evitare esiti letali occorrerebbe che la stessa UE si sganciasse dagli USA per assumere un suo proprio ruolo sullo scacchiere mondiale. Ruolo che le compete per la sua importanza economica. Occorre abbandonare la parte che la vede gigante economico e nano politico. Occorre che i politici europei si scuotano, prima che sia troppo tardi. Le conseguenze della loro inazione e della loro sudditanza a Washington stanno già intaccando le nostre economie, già disastrate dalla lunga pandemia, non ancora esaurita.
Bisognerebbe lanciare lo stesso grido apparso sulla prima pagine de Il Mattino del 26 novembre 1980, subito dopo il sisma che aveva devastato vaste zone della Campania. Questa volta i danni non sarebbero limitati ad una sola area, ma rischiano di appiccare un incendio al mondo intero. Fate presto!