di Luigi D’Aniello-
In un’era in cui il rumore dei social può diventare assordante, l’invisibilità diventa un’arte.
In un mondo in cui la cultura del selfie e l’ostentazione dominano le interazioni sociali, il concetto di invisibilità acquista una nuova dimensione.
Mentre molti si affannano a mostrare il proprio stile di vita postando di tutto sui social media, cercando approvazione e visibilità, l’idea di “esserci” senza necessariamente farsi notare, diventa un potere straordinario. Questo perché l’invisibilità non è solo l’assenza di presenza fisica, ma è a mio avviso, principalmente, una forma di libertà.
Non essere costantemente in vista permette di riflettere, di osservare il mondo con occhi diversi e di vivere esperienze autentiche, lontane dalle aspettative altrui. Questo stile di vita si riferisce alla realtà interiore, alla vera essenza di una persona, ai suoi valori, sentimenti e comportamenti autentici e consente di esplorare le relazioni personali senza filtri e senza pressioni esterne; una strategia questa che valorizza la sostanza sopra la forma, che si concentra sull’essere più che sull’apparire, su ciò che realmente conta: esperienze, emozioni e connessioni autentiche con gli altri.
È una scelta deliberata, che invita a riflettere su cosa significa realmente esistere, su quali siano le priorità e su come possiamo ritrovare un equilibrio tra visibilità e autenticità.
In ogni senso, il potere dell’invisibilità ci richiama a una maggiore introspezione e a una rivalutazione del nostro modo di connetterci con la realtà che ci circonda, ricordandoci che non è sempre necessario essere visti per esserci.
In poco parole l’ invisibilità è di chi sta bene con tutti ma non ha bisogno di nessuno.