La libertà applicata al Generale

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di Giuseppe Moesch*

Da giovane studente di economia dovetti affrontare gli insegnamenti dei maggiori di quella scienza e tra questi uno dei padri del liberismo, John Stuart Mill, che nel 1848 pubblicò un libro fondamentale, “Principi di Economia Politica”.

Aveva scritto anche di filosofia e di politica e nel 1859 scrisse un “Saggio sulla Libertà”1 che ancor oggi meriterebbe di essere diffuso nelle scuole, suggerendolo in primo luogo come lettura agli insegnanti con un eventuale testo esplicativo, cioè una guida alla lettura ed alla comprensione del testo, e quindi agli studenti per assimilare quello che faticosamente fu in seguito elaborato ed inserito dai padri costituenti nella Carta fondante della nostra Repubblica.

Tra le sue altre attività fu anche deputato al parlamento inglese ed in quella funzione fu anche il secondo parlamentare inglese a proporre l’introduzione del voto alle donne, esplicitando quei concetti in un altro suo libro, “Sull’asservimento delle donne”. Combatté dunque per l’ introduzione del voto delle donne nella legislazione inglese, così come si batté per l’introduzione del sistema elettorale proporzionale e per la legalizzazione dei sindacati e delle cooperative.

Quando Mazzini, espulso dalla Svizzera, giunse a Londra trovò in Mill un estimatore, condivisero analoghi valori e speranze, che si ritrovano in parte negli scritti di entrambi.
Mi è venuta voglia di riprendere quei due volumi a seguito dell’assurdo dibattito che si svolge ancora oggi intorno ad un libro scritto da un servitore dello Stato, il Generale Vannacci, che da cittadino ha espresso le proprie valutazioni su alcuni temi divisivi sulla base dello scostamento delle proprie opinioni dal “Polically correct”.
Nel suo Saggio sulla Libertà, Mill tracciava subito nelle prime pagine il suo pensiero che svilupperà meglio nel seguito, ma già appare chiaro quello che ha in mente.

Il popolo che esercita il potere non coincide sempre con coloro sui quali quest’ultimo viene esercitato; e l’autogoverno di cui si parla non è il governo di ciascuno su sé stesso, ma quello di tutti gli altri su ciascuno. Inoltre, la volontà del popolo significa, in termini pratici, la volontà della parte di popolo più numerosa o attiva – la maggioranza, o coloro che riescono a farsi accettare come tale; di conseguenza, il popolo può desiderare opprimere una propria parte, e le precauzioni contro ciò sono altrettanto necessarie quanto quelle contro ogni altro abuso di potere. Quindi, la limitazione del potere del governo sugli individui non perde in alcun modo la sua importanza quando i detentori del potere sono regolarmente responsabili verso la comunità, cioè al partito che in essa predomina.

Si comprende facilmente l’affinità tra Mill e Mazzini che nel suo famoso e stracitato libro su “I doveri dell’uomo”, scriveva:

Voi dovete avere libertà in tutto ciò ch’è indispensabile ad alimentare, moralmente e materialmente, la vita. Libertà personale: libertà di locomozione: libertà di credenza religiosa: libertà d’opinioni su tutte le cose: libertà di esprimere colla stampa o in ogni altro modo pacifico il vostro pensiero: libertà di associazione per poterlo fecondare col contatto nel pensiero altrui: libertà di traffico pei suoi prodotti — son tutte cose che nessuno può togliervi, salvo alcune rare eccezioni ch’or non importa il dire, senza grave ingiustizia, senza che sorga in voi il dovere di protestare. Nessuno ha diritto, in nome della Società, d’imprigionarvi o di sottomettervi a restrizioni personali o invigilamento, senza dirvi il perché, senza dirvelo col minore indugio possibile, senza condurvi sollecitamente davanti al potere giudiziario del paese. Nessuno ha diritto d’inceppare con restrizioni di passaporti od altre il vostro trasferirvi di parte in parte della terra che è vostra Patria. Nessuno ha diritto di persecuzione, d’intolleranza, di legislazione esclusiva sulle vostre opinioni religiose: nessuno, fuorché la grande pacifica voce dell’umanità, ha diritto di frapporsi fra Dio e la vostra coscienza. Dio vi ha dato il Pensiero: nessuno ha diritto di vincolarlo o sopprimerne l’espressione, ch’è la comunione dell’anima vostra coll’anima dei vostri fratelli e l’unica via di progresso che abbiamo. La stampa dev’essere illimitatamente libera: i diritti dell’intelletto sono inviolabili, ed ogni censura preventiva è tirannide: la Società può, come tutte le altre colpe, punire soltanto le colpe di stampa, la predicazione del delitto, l’insegnamento dichiaratamente immorale: la punizione in virtù d’un giudizio solenne è conseguenza della responsabilità umana, mentre ogni intervenuto anteriore è negazione della libertà.”

Non entrerò in questa sede nel merito dei temi affrontati dall’alto ufficiale, sia perché ho già espresso le mie posizioni in altre sedi, sia perché quello che più mi preme e mi interesse è affrontare un tema più ampio che è quello della libertà ed in particolare quello della libertà di pensiero, che filosofi e pensatori di tutti i tempi hanno portato avanti ed i cui risultato è oggi alla base della convivenza civile di quasi tutti i paesi del mondo, almeno come enunciazione e non sempre nella sua pratica attuazione.
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Se vogliamo entrare nel dettaglio, possiamo iniziare dall’articolo 21 della nostra Costituzione che recita testualmente:

Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.
Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili.

In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s’intende revocato e privo d’ogni effetto.

La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.
Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.

Nel 1948, quindi, un anno dopo rispetto a quanto sopra, fu promulgata la “Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo”, che negli articoli dal 18 al 21 sanciscono le libertà fondamentali (libertà di pensiero, di opinione, di fede religiosa e di coscienza, di parola e di associazione pacifica); ed in particolare all’articolo 19 recita:

“Ogni individuo ha il diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere”

Anche nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 ed è entrata in vigore il 3 settembre 1953, al punto 1 dell’articolo 10 recita:

“Ogni individuo ha diritto alla libertà di espressione. Tale diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera.”

Sulla base di quanto sopra e senza pretesa di ergermi ad esegeta delle norme nazionali ed internazionali, credo che il Generale avesse tutto il diritto di esprimere il proprio pensiero in merito a temi forse divisivi sulla base della morale e della politica imperante nel nostro Paese ma non certamente espressione della totalità dei cittadini italiani o viventi nel nostri Paese, e neanche sulla base delle convinzioni morali, etiche e religiose, che in un paese multietnico e multiculturale come il nostro, sono assai variegate.

Ebbene, nonostante queste garanzie di tutti gli organismi più importanti a livello mondiale, oltre alla nostra Costituzione considerata la più bella, da tutti, ma proprio da tutti, anche da quelli che hanno attaccato l’autore con ogni mezzo e con ogni epiteto verbale, al quale forse qualcuno avrebbe anche voluto far seguire azioni di forza, un coro unanime ha chiesto la testa dello sventurato che forte di quelle garanzie ottenute dai popoli con il sangue dei propri martiri, aveva ritenuto di poter dire la sua, giusta o sbagliata che fosse.
Sarebbe stato sufficienti per tutti aver letto i libri e le norme di cui sopra per evitare il polverone alzato.
Non ha violato l’articolo 49 che specifica che Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”

Semplicemente perché non l’ha fatto e quindi non ha violato l’articolo 98.

Qualcuno ha obiettato che l’alto ufficiale non abbia rispettato altri dettati della Carta Costituzionale quali l’articolo 98 che recita: I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione. Se sono membri del Parlamento, non possono conseguire promozioni se non per anzianità. Si possono con legge stabilire limitazioni al diritto d’iscriversi ai partiti politici per i magistrati, i militari di carriera in servizio attivo, i funzionari ed agenti di polizia, i rappresentanti diplomatici e consolari all’estero”

Tantomeno può essere sanzionato perché la fattispecie non rientra nelle norme del Regolamento militare Che all’articolo 1472 recita:

I militari possono liberamente pubblicare loro scritti, tenere pubbliche conferenze e comunque manifestare pubblicamente il proprio pensiero, salvo che si tratti di argomenti a carattere riservato di interesse militare o di servizio per i quali deve essere ottenuta l’autorizzazione. (1) 2. Essi possono, inoltre, trattenere presso di sé, nei luoghi di servizio, qualsiasi libro, giornale o altra pubblicazione periodica. 3. Nei casi previsti dal presente articolo resta fermo il divieto di propaganda politica. (1) Comma così modificato dall’art. 4, comma 1, lett. uuu), D.Lgs. 24 febbraio 2012, n. 20. (Libertà di manifestazione del pensiero)

Ciò conferma che:

I militari possono liberamente pubblicare loro scritti, tenere pubbliche conferenze e comunque manifestare pubblicamente il proprio pensiero, salvo che si tratti di argomenti a carattere riservato di interesse militare o di servizio per i quali deve essere ottenuta l’autorizzazione.”

Appare allora chiaro che tutti gli intervenuti hanno affrontato un tema dal lato sbagliato, ovvero non quello della violazione di norme per le quali l’alto ufficiale sarebbe stato soggetto a sanzioni assai significative, ma si sono espressi in tanti sulla base dell’opportunità politica, ben sapendo che sulla base degli slogan che da tempo gli imbonitori della politica del consenso da quattro soldi, o meglio di quattro voti, vanno diffondendo come un virus nel Paese, si sarebbero subiti scagliati su qualcuno considerato di parte opposta alla propria.

Quindi, per evitare di trovarsi in una condizione di fuori gioco di posizione hanno preferito di essere più realisti del Re.

Questa situazione non è certamente nuova e la storia ha più volte descritto eventi siili che in alcuni casi hanno fatto la storia occidentale.

Si parva licet componere magnis”, dice Virgilio nelle Georgiche. Nella Galilea di più di duemila anni orsono, un tale Ponzio Pilato, governatore romano pro tempore, dovendo decidere, in base alle convenzioni del tempo, a chi concedere la grazia tra i condannati a morte, decise di non decidere per non trovarsi coinvolte in beghe con glia autoctoni sui quali governava, e demando al Sinedrio e a Caifa il loro capo, la decisione il quale da scaltro politico chiese alla piazza di scegliere tra l’assassino Barabba e Gesù, chi salvare.
La storia è troppo nota per continuare.

*già docente ordinario presso l’Università degli Studi di Salerno

 

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