Infanticidio uno e due

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di Giuseppe Moesch*

A seguito della notizia di alcuni giorni orsono relativa alla macabra scoperta del ritrovamento del corpicino di un bimbo nel giardino di una villetta -a Traversetelo, in provincia di Parma-  dalle allegre pareti gialle, in una buca scavata in precedenza dai cani e ricoperta da poca terra, dalla quale i fedeli amici della famiglia hanno recuperato il cadavere- ho avuto modo di fare un rapido ripasso su tutte le parole, dalle più banali alle più sofisticate, capaci di esprimere i sentimenti dei cronisti e dei commentatori.

La mia prima reazione è stata quella relativa alla ragazza di ventidue anni che ha subito confessato dicendo di aver fatto tutto da sola, anche il seppellimento del corpo di un altro neonato, risalente ad un anno addietro, ritrovato anch’esso sotto la finestra della sua camera, precisando che voleva tenerli vicino a sé.

Ho provato una gran pena per il dramma che la giovane Chiara aveva vissuto e stava vivendo ed ho detto a mia moglie che la prima vittima era proprio lei, mentre tutti si stanno accanendosi ancora oggi proprio su di lei.
Vive in un paesone di meno di diecimila abitanti, economia agricola, industrie legate all’agro alimentare, buona educazione religiosa, famiglia benestante, la villetta, i viaggi importanti all’estero, animatrice, baby sitter, studentessa al secondo anno di Università, il ritratto della perfetta figlia, amica, fidanzata, partecipe della vita social nei limiti della normalità, unanimemente apprezzata nel contesto conservatore e allo stesso tempo progressista: il padre le dice scherzosamente, quando la vede dormire con il fidanzato, che gli piacerebbe essere nonno.

Ebbene questa perfetta figlia dei nostri tempi ha portato a termine due gravidanze nascondendole agli occhi di tutti, a cominciare dall’ingenuo fidanzato che come gli altri non si è accorto di nulla, e per questo ingenuo, anche se intratteneva rapporti intimi con la fidanzata.

La ragazza ha premeditato di portare due volte a termine la gestazione per poi sbarazzarsi dei neonati, ha cercato di sapere come fare per partorire da sola e constatata la morte del piccolo la prima volta, e non avendo chiuso più o meno scientemente il cordone nel secondo caso provocando il dissanguamento del neonato, con lucidità li ha sepolti nel giardino, ripeto, per tenerli vicino.

Giuridicamente l’impianto accusatorio non fa un plissé, salvo verificare eventuali complicità, ma quello che mi spinge a questa mia riflessione è la palese ed apparente contraddizione tra la ragazza come veniva descritta ed i reati contestatili.
La vergogna che nasce dal pudore di poter essere tacciata al dito come la donna che non rispondeva più allo schema che tutti credevano che lei rappresentasse è stato più forte delle leggi morali che ben conosceva, che aveva apprese in chiesa oltre che in famiglia.

La sua capacità di ricercare in internet le soluzioni più disparate, non l’hanno portata a scegliere metodi contraccettivi, né tantomeno metodi di interruzione della gravidanza in tempi utili; voleva salvare la sua maternità in base ai valori che aveva in sé, ma non voleva che si potesse sapere in giro; il paese è piccolo e lei si sarebbe sentita persa, se fosse apparsa una fuori dal contesto.

E per questo che ho provato pena; per una donna inadeguata ai tempi ed ai malintesi valori di una società dalla doppia morale, che per altri si sarebbe risolto con i soliti mezzucci privati accettati ma non esplicitamente da tutti, e il dettato imperativo assoluto della immagine pubblica che doveva assolutamente conservare. Proprio nei paesi agricoli oltre che in città, la funzione della Mammana ha risolto nel tempo i problemi con la soddisfazione generale.

Sono certo che saranno chieste pene esemplari e forse qualcuno chiedere l’infermità mentale, ma non dubito che saranno pochi a chiedersi quali e quante siano le responsabilità che tutti noi abbiamo, come società, nei suoi confronti.
Credo che la scuola sia luogo di preparazione alla vita, e nonostante gli sforzi compiuti negli scorsi decenni, non siamo stati capaci di offrire modelli ai giovani per affrontare la vita.

Il concetto di peccato e di gogna sociale, appaiono ancora più forti del reato di infanticidio, ed il dramma di quella giovane donna inadeguata alla vita ipocrita pesa sulle nostre coscienze.

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