di Claudia Izzo-
In nome di Lola, mobilitiamoci.
Lola è sinonimo di resilienza come nessun altro e come tutti coloro che hanno una battaglia da combattere.
Lola, per le amiche, è Apollonia D’Arienzo, la ballerina che oppone il ricordo della sua danza alla SLA, da 26 anni inchiodata ad un letto tra tubicini e manopole che le permettono di vivere, di vedere il suo adorato figlio Vittorio e le persone a lei care. Colpita nel corpo ma non nella mente e nello spirito, dalla sua stanza di colore rosa – il colore che ama – nell’appartamento messole a disposizione da sempre dal fratello a Cava de’Tirreni, la cittadina in cui per una vita è stata un’amata insegnante di danza classica, guarda il mondo che la circonda.
Lola comunica attraverso il solo battito delle ciglia che viene decodificato dalle volontarie che le stanno accanto: esse sgranano tutto l’alfabeto fino a trovare la lettera voluta da Lola che muove le ciglia nel sentire quella giusta, con la stessa devozione con cui si sgrana un rosario in chiesa. Assistere a questo rituale è come assistere ad una testimonianza d’amore. Il battito diviene lettera e lettera su lettera, parola.
Lola è una forza della natura a dispetto del suo male: ha raccolto tutta la forza che aveva e, nel corso di questi anni, ha scritto libri di poesie, curato coreografie per spettacoli, fondato un’associazione, sorriso con il suo sguardo color cielo a chi le ha fatto visita. Da sempre anche l’attore Enzo De Caro ha dimostrato solidarietà a Lola, facendole visita, presentando i suoi libri.
Lola aveva iniziato una rubrica su salernonews24 in cui ha raccontato la sua toccante storia. Da qui iniziò uno scambio di sentimenti e di voci. E da qui cominciamo per ricordare a tutti i lettori chi è Lola. https://www.salernonews24.com/la-stanza-rosa/la-stanza-rosa-il-coraggio-di-lola-darienzo/.
Ed eccoci a parlare nuovamente di lei con l’unica vera finalità di aiutare Lola attraverso istituzioni e volontari. Lola può essere ognuno di noi.
Improvvisamente Lola chiede l’eutanasia, notizia delle scorse settimane, caso questo a cui abbiamo dato spazio per approfondire la tematica e starle accanto https://www.salernonews24.com/editoriale/se-senti-il-dolore-sei-vivo-ma-se-senti-il-dolore-degli-altri-sei-umano-il-caso-di-apollonia-darienzo/
“Nessuno, nessuno può arrogarsi di far morire una persona” aveva affermato tempo fa parlando di eutanasia, ma oggi è lei stessa ad averla chiesta contattando l’associazione Luca Coscioni. Per una fine dignitosa. Il motivo? Non la disperazione della situazione che vive e che ha affrontato con tutta se stessa, ma il taglio della Sanità che la fa pesare sui familiari.
Contattata con il solito sistema di battito di ciglia decodificato, le ho chiesto “ma davvero vuoi morire? Tu dimmi che vuoi vivere e noi ci muoviamo…“lei mi ha risposto “Non so se ho le forze, va bene grazie per l’affetto”.
Ed eccoci qui a raccontare la situazione.
Lola da quattro mesi non riceve più l’assegno di assistenza: si fa così difficile reperire personale per l’assistenza che diventa una spesa molto onerosa. Già lo scorso agosto Lola si era rivolta al Ministro della Salute e al Ministero delle disabilità, richiesta d’aiuto caduta nel vuoto. Con il blocco dei fondi viene interpellato dalla famiglia di Lola l’assessore alle Politiche Sociali del Comune di Cava de’ Tirreni, Giovanni Del Vecchio: si tratterebbe di un blocco di fondi ministeriali non ancora trasferiti alla Regione Campania che poi dovrebbe provvedere all’erogazione ai pazienti.
“Da sempre le Amministrazioni comunali sono state sensibili ai bisogni di malati come mia sorella” scrive la sorella di Lola all’Assessore del Comune di Cava. “Assistenza continua h24, personale da formare, e per questo motivo è nata da anni la nostra Associazione, senza farle i “conti della serva” superiamo i 3.500 euro mensili (paghiamo “volontari” per le notti 40 euro e per il resto della giornata 5 euro). Siamo una famiglia moto dignitosa e mia sorella è riuscita sempre ad attirare l’attenzione per le sue battaglie estreme e per le sfide quotidiane…(…)…il nostro intervento non era rivolto all’Amministrazione e nemmeno alla Regione ma alla riduzione dell’assegno di cura (partito da 1500), dall’eliminazione delle ore di cui mia sorella ha usufruito per diverso tempo e risultate poi incompatibili. Oggi trovare persone disponibili che lavorino con queste cifre risulta impossibile. La situazione attuale è però divenuta per lei estremamente grave perché le sono venute meno alcune figure importanti per lei che crea, con chi ha cura del suo corpo, relazioni che finiscono per stancare e, se non supportate da adeguati compensi economici, fanno allontanare queste stesse persone. (…) La morte non può essere impedita, questo è ovvio, ma lasciar morire, giorno dopo giorno, senza il dovuto sostegno un’ammalata di SLA è testimonianza altrettanto ovvia dell’incapacità dello Stato di tutelare di fatto il diritto alla vita, alla salute e alla dignità di ciascun cittadino.”