Diritto modificato

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di Giuseppe Moesch*

Se avessi conseguito la laurea in Francia intorno al 1780 mi sarei ritrovato, qualche anno dopo, a dover fare i conti con un sistema di riferimento che, a seguito delle note vicende del 1789, era profondamente cambiato, anche con l’ausilio del meccanismo che porta immeritatamente il nome del medico Joseph-Ignace Guillotin, a cui fu affidata la cattedra di anatomia, patologia e fisiologia all’Università di Parigi.

In effetti un cambiamento di regime porta a profonde modificazioni nel sistema giuridico che, obtorto collo, dovrà adeguarsi al nuovo sistema politico.
Ho studiato diritto costituzionale negli anni sessanta, e molte sono state le modifiche dell’ordinamento giuridico, compreso il titolo V della Costituzione, oltre ai vari codici, ma ritengo che alcuni capisaldi vigano ancora oggi, e tra questi il ruolo, la funzione o in parole povere diritti e doveri degli stessi.

Ricordo che mi sembrava particolarmente efficace e condividibile il principio della divisione dei poteri legislativo, esecutivo e giudicante e per quanto riguarda quest’ultimo punto, l’indipendenza della magistratura era per me da considerarsi alla stregua di un dogma.

Gli anni del boom economico e la crescita del benessere hanno spinto molti furbi e furbetti a tentare l’assalto alla diligenza infilandosi tra le pieghe della legge e la Magistratura ha tentato di intervenire, quando ha potuto o quando è voluta, in alcuni casi con manifestazioni ambigue (ricordiamo la definizione di –porto delle nebbie- data ad alcune procure e tribunali).

Gli anni ’80 sono stati caratterizzati da una preoccupante crescita di situazioni a dir poco imbarazzanti, con lo scoramento dei cittadini onesti che assistevano impotenti all’evolversi di quelle situazioni, indignazione che coinvolse anche una frangia della magistratura che pensò di surrogare la politica per le sue mancanze, utilizzarono metodi in alcuni casi poco ortodossi.

Da allora è stato un crescendo di ingerenze o di interpretazione della legge, in particolare da parte di magistrati etichettati politicamente, che hanno portato a far credere ad alcuni di essere depositari di un potere salvifico, e di potersi sostituire agli altri poteri.

Il mai risolto problema della separazione delle carriere, il disinvolto passaggio tra la funzione giudicante e quella politica, che in taluni casi si è manifestata con sentenze annullate perché fondate su teoremi del tipo “non poteva non sapere”, esplosi in alcuni casi in maniera eclatante come ad esempio per Enzo Tortora, con conseguenze disastrosa per la vita privata, sociale e politica dei soggetti coinvolti, sono alla base dell’attuale conflitto che si vede strisciare nel Paese.

Le esternazioni sui social, di Magistrati di alto profilo, lasciano interdetti, e non valgono le giustificazione del massimo organo di auto tutela degli stessi per fare accettare le frasi riportate.

Da privati cittadini si possono non condividere le scelte di governo, ma se quelle dichiarazioni vengono dall’alto di uno scranno istituzionalmente rilevante, non nell’esercizio della funzione propria del Magistrato, allora entriamo nel campo delle valutazioni politiche, come la forzatura di sentenze che non corrispondono al sentire dell’intera comunità di cittadini europei, che devono barcamenarsi sul divenire dell’evoluzione dei fenomeni.

Scegliere decisioni applicate in tempi non attuali e in contraddizione con le modificazioni in atto, può apparire come un atto di protervia, molto prossimo alla necessità di appoggiare chi ha perso il consenso popolare.
La critica è fondamentale in una sana democrazia, ma le sedi devono essere quelle che il sistema giuridico che ho studiato molti anni orsono e che credo sia ancora valido, prevedeva e prevede; il resto è propaganda.

Potrebbe anche darsi che il sistema sia stato modificato unilateralmente, senza che noi altri comuni mortali ce ne fossimo accorti, allora dobbiamo temere tutti che non appaia da qualche parte un novello medico anatomo psicanalista a proporci una soluzione meno dolorosa per i condannati.

 

* già Professore Ordinario presso l’Università degli Studi di Salerno

 

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