Cui prodest

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di Giuseppe Moesch*

Il mio amico Maurizio mi ha scritto chiedendomi come mai non avessi commentato le notizie che riempiono le pagine dei giornali, le trasmissioni TV, e tutti i social, sulle vicende del dimissionario Ministro della Cultura trascinato in uno scandalo da una signora di Pompei, che non avrebbe più ricevuto un ruolo istituzionale promessole dal Ministro stesso…

La risposta è semplice si tratta di una storia banale, una pochade con un copione trito recitato milioni di volte da oltre duemila anni; cambiano solo gli attori, mediamente di basso profilo, che raramente suscitano vero interesse, a meno dei grandi interpreti che hanno fatto grande il nostro teatro.

Gli scrittori greci non si sono occupati di questi argomenti, preferendo affrontare temi tragici, magistralmente proposti nelle tragedie che ancora oggi sono rappresentate in quanto sempre vive nelle vicende umane.

Sono invece i romani, con il maestro Plauto, che danno spazio a queste rappresentazioni, sulla scorta delle novelle atellane, farse in lingua Osca nate quindi in Campania, (di cui pare che lo stesso Plauto ne abbia scritto alcune) rappresentate da attori itineranti, poichè  il primo teatro stabile a Roma fu quello costruito da Gneo Pompeo anni dopo.

Erano per lo più improvvisate a meno di un canovaccio, quasi sempre sconce- dalla parola osco deriva il nostro termine osceno,- con tre personaggi, Pappus, lo stupido vecchio vittima predestinata degli altri, Bucco, querulo che continuamente interveniva e parlava, Dossennus, figura di gobbo furbo e approfittatore, a cui si aggiungeva quella di Kikirrus, spesso rappresentato sotto forma di gallo dai cui il nome; tutti recitavano come nel teatro greco con una maschera che tra l’altro aveva anche la funzione di amplificare la voce. La vecchia tradizione è continuata in Italia con la Commedia dell’Arte, fino ai giorni nostri con Pulcinella e gli altri personaggi tra i quali Pappagone di Peppino de Filippo e gli altri esponenti della comicità popolare.

Non credo sia difficile ritrovare analogie con il caso in questione. La figura di Pappus non ha bisogno di ulteriori commenti, mentre in Bucco è riconoscibile l’aspirante Consigliera, in Dossennus gli approfittatori dell’opposizione interna ed esterna al governo, ed infine Kikirrus, quello della stampa e dei social che sguazzano in quella vicenda.

La storia è piena di queste vicende che hanno influito in modo più o meno diretto sulle vicende politiche e senza andare troppo indietro nel tempo basti pensare agli effetti del Bunga-Bunga, sui governi di un passato che ancora inquina i nostri giorni.

In tutti i casi ci sono due costanti rappresentate una, dalla figura di Dossennus, un approfittatore che non avendo altri strumenti per raggiungere il potere, avendo dimostrato incapacità a governare, tende a scaricare su quelli sopravvenuti le responsabilità dei propri fallimenti, invece di una sana autocritica, e quella di Kikirrus che al servizio dei Dossennus di turno, mestano nel torbido aizzando le folle in attesa di una soluzione catartica che possa permettere il ritorno allo status quo ante.

È una farsa che potrebbe trasformarsi in tragedia che sarebbe tremenda per l’intero Paese.

 

*già Professore Ordinario presso l’Università degli Studi di Salerno

 

Immagine tratta dal sito dei Musei Capitolini, Mosaico, intarsio, II secolo d.C.

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