Rinascerò, rinascerai- di Pierre De Filippo
È, questo, il titolo simbolo della pandemia di Covid19 con la quale, da oltre un anno, stiamo combattendo. Scritta dal bergamasco Roby Facchinetti, è un inno alla sua città ma, se vogliamo, all’intero Paese. Un auspicio, un auguro, una convinzione.
Il bergamasco, come si sa, è stata una zona duramente colpita dalla pandemia: nei primi mesi, nella primavera dell’anno scorso, tutto noi guardavamo con incredulo stupore e con terrore ciò che accadeva in quelle aree della nostra povera penisola.
Da sempre emblema della ricchezza e del lavoro, si trovavano – per la prima volta – a vivere una condizione così alienante, così stupefacente.
I carri dell’esercito, carichi di bare da portare a cremare altrove, visto che il cimitero di Bergamo era ormai saturo, sono e rimarranno nel nostro immaginario collettivo, dolorosamente indelebili.
Così come indelebili rimarranno le immagini dei tanti, tantissimi operatori sanitari – medici, infermieri, assistenti, barellieri – segnati sul volto e nell’anima da quell’inferno che, quotidianamente, vivevano e col quale dovevano confrontarsi.
Quante volte sono stati loro a tenere la mano di un paziente morente, quante volte hanno portato e riportato messaggi e, sfatando un po’ il detto secondo il quale l’ambasciatore non porterebbe pene, facendosi carico della disperazione e della rabbia di malati e familiari.
Quanti grazie dobbiamo dire a questi professionisti?
Tanti di loro hanno contratto il virus, tanti si sono ammalati, anche gravemente, tanti sono morti. Tanti sono tornati in servizio dalla pensione, dimostrando che, quando vuole, l’Italia è anche questo, non solo pizza, mafia e mandolino.
La candidatura al Premio Nobel per la Pace è un riconoscimento meritato, meritatissimo, una logica conseguenza di azioni straordinarie; si fa presto a dire che, quei professionisti, hanno fatto semplicemente il loro dovere.
Si fa presto, prestissimo.
Ed invece, dovremmo imparare ad apprendere – in un mondo complesso e nel quale pare che l’unica cosa che ci tenga insieme sia, paradossalmente, la solitudine, l’idea di vivere, ciascuno di noi, delle esperienze incomunicabili – l’importanza della solidarietà, dell’aiuto, del dono.
È per loro, è anche per loro che dobbiamo incrementare e migliorare la campagna vaccinale; glielo dobbiamo così come lo dobbiamo ai nostri anziani, i più esposti, i più fragili; sono state le nostre radici, hanno lavorato per una ricostruzione che oggi dobbiamo nuovamente ripetere, con lo stesso impegno, con la stessa tenacia, con la stessa passione.
La politica dovrà chiedersi, quando tutto sarà finito, quando saremo tornati alla normalità, se il nostro Sistema Sanitario Nazionale, che il mondo ci invidia, poteva contare su tutto ciò che gli occorreva, se non era già in sofferenza e dovrà porsi una domanda ben più importante, ben più esistenziale.
Cosa deve garantire lo Stato nel Terzo Millennio?
Io, credo, essenzialmente tre cose, le tre S di cui non possiamo assolutamente fare a meno: Scuola, Sanità e Sicurezza; saranno i perni del mondo di domani, saranno quegli ambiti in cui i fallimenti del mercato sono più probabili e quelli che è più giusto che siano orientati a criteri di solidarietà e non di profitto. Saranno quelli dai quali ripartire.
Rinascerò, Rinascerai. Rinasceremo, tutti insieme.
Perché siamo italiani.