Contagi Covid-19 sui luoghi di lavoro: rischi e perplessità

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18 Maggio 2020 – sembra l’arrivo di una primavera ritardata.- di Denata Ndreca

Tante le perplessità, tante le incertezze, e tanti rischi, ma da qualche parte bisogna pur cominciare, e il rischio fa parte del gioco, fa parte della vita, anzi, la vita sta nel rischio.

Parliamo di questo e della responsabilità legale con l’Avvocato Anna SantiniPillole Legali

“Uno dei principali problemi interpretativi di queste ultime settimane riguarda un tema estremamente delicato per la ripresa dell’economia del nostro Paese, ovvero, la responsabilità di tutti gli imprenditori di ogni dimensione e di ogni settore, ma anche i professionisti, un laboratorio artigiano, un piccolo negozio, rispetto all’eventuale contagio da Coronavirus di un dipendente.

D.L. Cura Italia.

La questione trae origine dalla lettura combinata dell’art. 42 comma 2, del D.L. c.d. Cura Italia 17.3.2020 n. 18 e della circolare INAIL n. 13 del 3 aprile 2020.

L’art. 42, comma 2 dispone: “nei casi accertati di infezione da Coronavirus, il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’INAIL che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell’infortunato…”.

Questa norma equipara i casi di accertata infezione da Covid-19 nell’ambito dei luoghi di lavoro ad ogni altro evento infortunistico ai fini della erogazione delle prestazioni INAIL.

INAIL.

L’Inail ha chiarito che in questa ipotesi si applica il principio generale per cui le malattie infettive godono dello stesso trattamento degli infortuni sul lavoro.

La circolare INAIL n. 13 del 3 aprile nell’assimilare malattie infettive e infortuni, dispone la copertura assicurativa a condizione che la malattia sia stata contratta durante l’attività lavorativa, con la conseguenza di esporre il datore di lavoro a rischi non solo civili ma anche penali nei confronti del dipendente per reati di lesione di cui all’art. 590 Codice penale fino all’omicidio per colpa grave previsto dall’art. 589 del Codice penale.

Rischi evidentemente molto pesanti ed in grado di incidere pesantemente sulle concrete possibilità di ripresa delle attività produttive.

Imprese.

Tale interpretazione ha sollevato le legittime e comprensibili proteste delle imprese. Infatti, i datori di lavoro si trovano onerati dal rispetto del Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto ed il contenimento della diffusione Virus Sars-CoV-2 di cui all’art. 2 comma 6 del D.C.P.M. del 26.4.2020 nonché dalle varie norme regolamentari Regionali e settoriali, in una situazione che non poche volte genera caos e incertezza su quali siano le concrete misure da adottare. E nonostante l’adozione di tutte le cautele prescritte, alla luce della circolare Inail citata, gli imprenditori sembrano comunque rischiare di essere ritenuti responsabili civilmente e penalmente qualora un dipendente si ammali.

Tuttavia, mentre tale presunzione di responsabilità del datore di lavoro sembra essere correttamente configurata per le categorie professionali maggiormente esposte al rischio contagio, quali gli operatori sanitari, per le altre aziende si tradurrebbe in un rischio eccessivo.

La paura espressa dalle imprese è che la malattia possa sfociare in una rivalsa o in un procedimento penale anche se il dipendente si è contagiato nella vita privata e non in ambiente di lavoro con il rischio di trasformare in “privato” un rischio determinato da una situazione di emergenza endogena.

Alla luce delle proteste e delle perplessità del mondo imprenditoriale, ed a ridosso della pubblicazione Decreto Rilancio che ha dato il via alla riapertura di gran parte delle attività produttive, l’INAIL, in una nota diffusa il 15.5.2020, ha rassicurato i datori di lavoro ed ha annunciato la pubblicazione di una nuova circolare che dovrebbe fare chiarezza su questa questione così delicata e di importanza strategica.

Il Ministro del Lavoro Cataldo, da parte sua ha chiarito l’orientamento che dovrebbe essere oggetto della emananda circolare: fondamentale sarà il rispetto, da parte delle aziende e degli imprenditori, dei Protocolli; nessuna responsabilità dunque laddove si siano attenuti a tali linee guida.

Lo stesso Istituto Nazionale per gli Infortuni, attraverso una nota del Direttore Lucibello, ha precisato che l’imprenditore potrà essere perseguito solo laddove venga rigorosamente dimostrato il nesso di causalità tra l’attività professionale e la malattia.

 Pertanto, sarà esentato da responsabilità chi avrà attuato la corretta applicazione dei protocolli di sicurezza concordati tra Governo e parti sociali. L’Istituto ha altresì precisato che “la molteplicità delle modalità di contagio e la mutevolezza delle prescrizioni da adottare sui luoghi di lavoro, oggetto di continuo aggiornamento da parte delle autorità, rendono estremamente difficile la configurabilità della responsabilità civile e penale del datore di lavoro”.

In sostanza, non sarà sufficiente perché scatti la responsabilità dell’imprenditore, che il soggetto che ha contratto l’infezione sia un dipendente, ma sarà necessario che sia accertato concretamente ed in maniera rigorosa che la malattia sia stata contratta in ambito lavorativo a causa del mancato rispetto ed adozione, da parte dell’imprenditore, dei prescritti protocolli di sicurezza.

Il datore di lavoro per andare esente da rischi dovrà, quindi, adottare le indicazioni tecniche fornite per il contenimento del contagio sui luoghi di lavoro apportandovi chiaramente le modifiche necessarie per rendere i protocolli in linea con la propria specifica attività.

Ad ogni buon conto, seppure queste ultime indicazioni sembrano ridimensionare i timori del mondo imprenditoriale, non vi è dubbio che sia quantomeno auspicabile un intervento legislativo che stabilisca la regola per cui la applicazione da parte del datore di lavoro delle misure per il contrasto ed il contenimento della diffusione del Virus Sars-CoV-2 negli ambienti di lavoro, così come elaborate e precisate nei Protocolli di intesa sottoscritti valga ad integrare l’attuazione del generale obbligo di tutela delle condizioni di lavoro di cui all’art. 2087 del Codice civile.

In questo senso si è espresso il Ministro dello Sviluppo Patuanelli che ha invocato l’intervento del Parlamento.

Nei prossimi giorni dovranno essere votati gli emendamenti al Decreto Liquidità: questa potrebbe essere l’occasione per inserire la norma che esclude la responsabilità del datore di lavoro in caso di contagio da Covid-19 del dipendente a patto che l’azienda abbia scrupolosamente rispettato i protocolli di sicurezza.

 

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