di Giuseppe Moesch*
Devo confessare un mio vecchio vizio, ovvero quello di ascoltare le parole di chi avendo un minimo di ascolto, esprime il proprio pensiero, chiedendo ad altri di seguirlo.
Ovviamente le parole indicano la volontà di raggiungere determinati obiettivi, purché gli stessi siano non solo condivisibili ed ascrivibili a valori comuni alla maggioranza, ma per i quali esistono proposte concrete di soluzione, anche esse condivise, e che possano trovare applicazione una volta giunti al potere.
Il mio vecchio vizio, mi porta a confrontare le diverse posizioni dei partiti, ed oggi dobbiamo analizzare la novità che avanza impetuosa nella cosiddetta sinistra italiana, ovvero quella alchemica miscela che si chiama Campo Largo.
I proponenti sono giunti alla conclusione teoricamente inoppugnabile che unendo piccoli o medi o anche grandi partiti si è più forti e quindi si può combattere e stravincere su avversari che hanno il potere che farebbe piacere avere o meglio riavere noi.
Credo che i grandi pensatori e gli strateghi di tutti il mondo sarebbero stati abbacinati da questa rivelazione che tende a far sventolare i garruli vessilli di nuovo sugli spalti delle roccaforti decadenti e in rovina.
Sembrerebbe che l’enunciato possa piacere ma non solo, sembra entusiasmare tutti gli appassionati di slogan e di musiche aggreganti.
I vessilli multicolore, dal bianco del biancofiore al rosso più o meno adorno di una qualche appendice, a tutti i colori dell’arcobaleno, sventolano allegri nelle adunate organizzate con cestino incluso; sembra fatta, il Campo Largo c’è.
Il mio vecchio vizio mi porta ad analizzare le indicazioni dei leader, ed ecco apparire la prima ombra. Qualcuno chiede, ed ottiene, che non tutti siano legittimati a far parte del gruppone, ed afferma o lui o noi, ed essendo oggi più forte in termini di voti, vince la contesa, nella certezza che quando partita avrà inizio sarà possibile recuperare: è pretattica.
Gli sbandieratori non avvertono il significato del gesto, perché ben altri sono gli slogan in comune.
Istruzione, sanità, odine pubblico e via dicendo sono tutti temi cari alla cosiddetta sinistra, anche se sono certo che lo siano per tutti i cittadini non solo italiani ma di tutte le parti del mondo, il problema è che l’articolazione pratica appare diversa nei diversi Paesi e le proposte dei diversi portatori di idee sono anch’esse molto diverse, e variano per le condizioni esogene e per i vincoli temporali.
Se cerchiamo di analizzare nel merito i vari aspetti scopriamo l’abisso che esiste tra le varie fazioni; usiamo i soldi stanziati per le armi, ma rispettiamo gli impegni internazionali per la difesa comune, viva l’Ucraina che si difende da Mosca, ma no all’uso delle nostre armi per difendersi, sanità tutta pubblica, anche se è stata la Bindi a suo tempo ad inventarsi l’Intra Moenia, no alla costruzione di infrastrutture adeguate, ma anche a tutte le infrastrutture, comprese quelle per la tutela del territorio con il rispetto dell’ambiente e delle specie animali, ma non dell’uomo, anche se esso stesso è membro di quella specie. Si alle auto elettriche anche se questo significa mettere fuorilegge l’intero parco macchine delle persone meno abbienti che non possono sostenere l’onere sulla sostituzione, e lo sappiamo, visto che chiediamo più aiuti per il crescente numero di famiglie in condizione di accertata povertà o sulla soglia di quello status, ritorno progressivo alla visione gentiliana della scuola, e la rinuncia a forme di controllo sulla qualità dell’insegnamento, e sì al lassismo e al malinteso sistema di interazione con le famiglie, scarsa qualità di docenti sottopagati, rifugio di chi non può entrare negli altri settori economici per lo scarso livello di preparazione dei giovani diplomati o laureati.
È inutile allungare l’elenco ma certamente queste contraddizioni non traspaiono dagli slogan, e comunque non sembrano essere compresi dagli sbandieratori; l’unico cemento comune sembra essere quello del potere perduto.
Paradossalmente, bisogna aggiungere che gli attivisti sanno che purtroppo questi fatti sono apparsi d’improvviso e sanno bene che i precedenti detentori del potere non potevano fare nulla. Per tale motivo era possibile finanziare imprese clientelari o film che non passavano in sala, feste paesane e consiglieri d’amministrazione che hanno lasciato languire le imprese da loro gestite, occupando con i trombati i lucrosi scanni dai quali veicolare il consenso, a cominciare dall’informazione sia cartacea che informatica.
Possiamo così oggi assistere ad una vergognosa manipolazione della realtà da parte di giornalisti di parte sulle notizie che arrivano da tutto il mondo.
Bisogna scorrere tra fonti diverse, rispetto a quelle a cui la maggior parte dei cittadini possono accedere, per tentare di capire con una qualche obiettività lo stato dell’arte.
Il montaggio delle scene, l’accento posto solo sugli aspetti emotivi che colpiscono tutti, tralasciando o mettendo in secondo piano la genesi di quei fenomeni sono sotto gli occhi di tutti.
L’ultima notizia relativa all’eliminazione di Nasrallah capo dei terroristi di Hezbollah, in Libano reo di una infinità di attentati in tutto il mondo e principale teorizzatore della cancellazione di Israele, braccio armato dell’Iran insieme ad Hamas e agli Huthi, oltre che dei gruppi armati iracheni di fede scita, raccontata da una giornalista Rai, mostrava le immagini di una donna disperata, che ricordava le nostre donne del Sud, che in presenza di un grave lutto di famiglia, si schiaffeggiava e si strappava i capelli, dicendo: “Meglio ai miei figli e a mia madre che a lui”.
L’immagine era molto forte e dopo veniva mostrato un uomo che ripeteva con parole diverse gli stessi concetti.
Per caso il giorno dopo veniva riproposto lo stesso video, probabilmente non di produzione Rai, che mostrava la stessa donna da una angolazione diversa, nella quale l’interprete di quella sceneggiata appariva con un apparecchio ricetrasmittente alla cintola, segno della sua appartenenza a quella fazione, e subito dopo la reazione oceanica della gente comune in Giordania che esultava per la morte di chi aveva sconvolto il proprio paese, capovolgendo il senso della notizia stessa.
Non è difficile montare un servizio quando si è a servizio.
La Rai è un servizio pubblico, e l’occupazione di quell’importante centro di potere ha portato alla crescita di una potente lobbie interna che ha permesso a quei servi di crescere indisturbati.
La domanda allora è: “Ma qual è il collante di questa emergente componente della politica italiana?”
Ho pensato stupidamente che fosse solo la crisi per la perdita del potere: mi sbagliavo e l’ho finalmente capito oggi quando ho visto sfilare per le strade di Milano dei sinceri uomini di sinistra che difendevano i Palestinesi contro il genocidio di Netanyahu, con slogan contro la senatrice a vita Liliana Segre.
Sono un uomo libero ed ho amici di diversa posizione politica, ma mi sono sentito per la prima volta umiliato nel profondo: colpire una donna che subito sulla propria pelle le conseguenze di quel virus che da oltre duemila anni serpeggia nel mondo e che si chiama antisemitismo mi è sembrato un attacco personale fatto a me stesso.
Ho capito quanto io fossi stupido: l’elemento unificante di tutti quei signori che “allargano i campi” dimenticando gli eroismi dei propri maggiori morti per la libertà è semplicemente l’antisemitismo.
- già professore Ordinario presso l’Università degli Studi di Salerno
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